Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-02-2011) 24-06-2011, n. 25315Giudice dell’esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 30 marzo 2010 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo, decidendo quale giudice dell’esecuzione, ha revocato nei confronti di S.V., in accoglimento della richiesta del Pubblico Ministero presso lo stesso Tribunale, il beneficio del condono allo stesso concesso, con ordinanza del Tribunale di Palermo del 10 luglio 2008, nella misura di anni tre di reclusione ed Euro 2.390,69 di multa, per essere intervenuta, dopo detta ordinanza, in data 27 novembre 2007 sentenza di condanna definitiva il 24 gennaio 2009, per fatti commessi il 10 maggio 2007.

Con la medesima ordinanza è stata rigettata l’istanza avanzata da S.V., volta a ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato tra le seguenti sentenze:

– sentenza del 27 novembre 2007 del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Palermo, confermata in appello il 30 settembre 2008 e definitiva il 24 gennaio 2009, riguardante il reato di rapina aggravata in concorso, di cui all’art. 110 c.p., art. 628 c.p., commi 1 e 3, n. 1, commesso a (OMISSIS);

– sentenza del 24 febbraio 2009 del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Verona, definitiva il 14 aprile 2009, riguardante i reati di rapina aggravata in concorso, di cui all’art. 110 c.p., art. 628 c.p., commi 1 e 3, n. 1, commessi a (OMISSIS):

– sentenza del 9 ottobre 2008 del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Palermo, riguardante i reati di rapina aggravata in concorso ed evasione aggravata dal nesso teleologia), di cui all’art. 110 c.p., art. 628 c.p., commi 1 e 3, n. 1, e art. 385 c.p., art. 61 c.p., n. 2, commessi a (OMISSIS).

1.1. Il Giudice dava atto del deposito da parte della difesa della certificazione del SERT, "relativa alla idoneità a programma terapeutico-riabilitativo alternativo allo stato di detenzione", e giustificava il rigetto della richiesta, rilevando l’insussistenza di un rapporto giuridico di continuazione per essere state consumate le condotte, aventi come unico elemento ispiratore la fattispecie di rapina, in luoghi diversi del territorio nazionale, ritenendo l’omessa produzione da parte dell’istante della sentenza del 24 febbraio 2009 del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Verona ostativa alla valutazione della richiesta e osservando che non risultavano commessi da parte dell’istante reati a causa dello stato di tossicodipendenza.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, con il ministero del suo difensore, S.V., che ne chiede l’annullamento, limitatamente al capo relativo alla mancata applicazione della disciplina della continuazione, deducendo, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), violazione di legge, in relazione all’art. 81 cpv. cod. pen., e art. 671 cod. proc. pen., e vizio di motivazione.

Il ricorrente, in particolare, rileva che il giudice del merito, nell’applicare la disciplina del reato continuato in executivis, ha l’obbligo di procedere d’ufficio all’acquisizione delle copie delle sentenze non allegate dall’istante, e che lo stato di tossicodipendenza per unificare i reati per continuazione, ai sensi dell’art. 671 c.p.p., comma 1, ultimo periodo aggiunto dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, che ha convertito con modificazioni il D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, suppone la commissione di più reati in relazione a tale stato e non di reati esclusivamente inerenti lo spaccio di sostanze stupefacenti.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Giudice dell’esecuzione per nuovo esame.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

2. A norma dell’art. 671 cod. proc. pen. il giudice dell’esecuzione può applicare in executivis l’istituto della continuazione nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili, pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, e rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati secondo i criteri dettati dall’art. 81 cod. pen..

Tale possibilità in sede esecutiva ha, tuttavia, carattere sussidiario e suppletivo rispetto all’applicazione nella competente sede di cognizione, stante il carattere meno completo dell’accertamento e la presenza dei limiti imposti dall’art. 671 cod. proc. pen. e dagli artt. 187 e 188 disp. att. cod. proc. pen., e perchè suppone che l’applicazione della disciplina del reato continuato non sia stata esclusa dal giudice della cognizione (tra le altre, Sez. 6, n. 225 del 13/01/2000, dep. 08/05/2000, P.G. in proc. Mastrangelo e altri, Rv. 216142; Sez. 2, n. 44310 del 04/11/2005, dep. 05/12/2005, Soma, Rv. 232855; Sez. 1, n. 13158 del 10/02/2010, dep. 08/04/2010, Fimiani, Rv. 246664).

2.1. In tema di reato continuato, tra gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso, non identificabile con un generico programma delinquenziale o con un’abitualità criminosa, non possono non essere apprezzati la distanza cronologica tra i fatti, le modalità della condotta, la tipologia dei reati, il bene protetto, l’omogeneità delle violazioni, la causale, le condizioni di tempo e di luogo. Anche attraverso la constatazione di alcuni soltanto di detti indici – purchè siano pregnanti e idonei a essere privilegiati in direzione del riconoscimento o del diniego del vincolo in questione – il giudice deve accertare se sussista o meno la preordinazione di fondo che unifica le singole violazioni (tra le altre, Sez. 1, n. 1587 del 01/03/2000, dep. 20/04/2000, D’Onofrio, Rv. 215937; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, dep. 02/12/2008, Lombardo, Rv. 242098; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, dep. 23/12/2009, Notaro, Rv. 245833; Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, dep. 07/04/2010, Bonasera, Rv. 246838).

Questa Corte ha da tempo anche precisato che "non possono trascurarsi in sede esecutiva i criteri di applicazione dell’art. 81 cod. pen. che risultano adottati, nell’ambito di ciascun processo di cognizione, riguardo alla pluralità di reati oggetto delle singole sentenze di condanna", in quanto "l’intenzione del legislatore è appunto quella di porre rimedio, con l’art. 671 cod. proc. pen., a eventuali lacune e carenze del giudizio di cognizione estendendo alla fase esecutiva la possibilità di realizzare quella stessa unificazione che, verosimilmente, sarebbe stata disposta con un’unica sentenza di condanna, se questa avesse investito tutti i reati commessi dal soggetto interessato" (Sez. 1, n. 1737 del 12/04/1991, dep. 14/05/1991, Zanatta, Rv. 187579), e che "il giudice dell’esecuzione non può prescindere dal riconoscimento della continuazione operato dal giudice della cognizione con riguardo ad altri episodi analoghi, giudicati separatamente o con un’unica sentenza, e può escludere l’esistenza del vincolo in questione solo previa dimostrazione dell’esistenza di specifiche e significative circostanze che ragionevolmente facciano ritenere gli ulteriori fatti, oggetto della richiesta presentata ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., non riconducibili al disegno criminoso delineato in sede di cognizione" (Sez. 1, n. 11240 del 06/12/2000, dep. 21/03/2001, Bersani, Rv. 218523).

2.2. Ai fini dell’applicazione della disciplina del reato continuato ex art. 671 cod. proc. pen., la "cognizione" del giudice dell’esecuzione dei dati sostanziali di possibile collegamento tra i vari reati va eseguita in base al contenuto decisorio delle sentenze di condanna, conseguite alle azioni o omissioni che si assumono essere "in continuazione", e poste a raffronto per ogni utile valutazione (tra le altre, Sez. 5, n. 18586 del 04/03/2004, dep. 22/04/2004, D’Aria, Rv. 229826; Sez. 5, n. 9180 del 29/01/2007, dep. 02/03/2007, Aloisio e altri, Rv. 236261; Sez. 1, n. 14188 del 30/03/2010, dep. 14/04/2010, Russo, Rv. 246840).

Della produzione di dette sentenze, che devono essere indicate dal condannato, non è tuttavia onerato quest’ultimo.

L’art. 666 c.p.p., comma 5, nel disciplinare in via generale l’attività probatoria in sede esecutiva, conferma, infatti, l’insussistenza, in tema di esecuzione, di un onere probatorio a carico del soggetto che invochi un provvedimento giurisdizionale favorevole, incombendo, invece allo stesso un onere di allegazione, e cioè il dovere di prospettare e indicare al giudice i fatti sui quali la sua richiesta si basa, e all’autorità giudiziaria il compito di procedere ai relativi accertamenti con l’acquisizione di documenti e informazioni e l’assunzione, ove occorra, di prove nel contraddittorio delle parti, e alla successiva valutazione sull’esistenza delle condizioni (Sez. 1, n. 34987 del 22/09/2010, dep. 28/09/2010, Di Sabatino, Rv. 248276; Sez. 5, n. 4692 del 14/11/2000, dep. 18/12/2000, Sciuto M., Rv. 219253).

2.3. Va, i9nfine, osservato che con D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, nella L. 21 febbraio 2006, n. 49, è stato modificato l’art. 671 c.p.p., comma 1, nel senso di attribuire rilievo, ai fini dell’applicazione della disciplina della continuazione, allo stato di tossicodipendenza del soggetto attivo del reato.

Questa Corte ha più volte osservato che detta disposizione, alla luce dei lavori parlamentari e della voluntas legis, è chiaramente diretta ad attenuare le conseguenze penali della condotta sanzionatoria nel caso di tossicodipendenti, sotto il particolare aspetto, per quel che qui rileva, del reato continuato, senza che lo stato di tossicodipendenza sia di per sè elemento esclusivo ai fini della valutazione della unitarietà del disegno criminoso, poichè questo non può consistere nel solo stato di tossicodipendenza che non può di per sè giustificare qualsiasi reato, ma soltanto che tale stato deve essere valutato "fra gli elementi" che incidono sulla applicazione della suddetta disciplina, per cui il suo apprezzamento, pur se collegato a una scelta di vita, oggi può essere preso in esame come collante idoneo a giustificare l’unitarietà del disegno criminoso con riguardo ai reati che siano collegati e dipendenti dallo stato di tossicodipendenza, e sempre che sussistano anche gli altri elementi già individuati dalla giurisprudenza come sintomatici della sussistenza della continuazione (Sez. 4, n. 33011 del 08/07/2008, dep. 07/08/2008, Tarallo, Rv. 241005; Sez. 1, n. 30310 del 29/05/2009, dep. 21/07/2009, Piccirillo, Rv. 244828; Sez. 5, n. 10797 del 23/02/2010, dep. 19/03/2010, Riolfo, Rv. 246373; Sez. 1, n. 33518 del 07/07/2010, dep. 13/09/2010, Trapasso, Rv. 248124; Sez. 1, n. 39287 del 13/10/2010, dep. 05/11/2010, Presta, Rv. 248841).

3. Il Giudice dell’esecuzione non si è adeguato a tali principi, condivisi da questo Collegio.

Il provvedimento impugnato ha, infatti, fatto riferimento a elemento irrilevante per escludere che, alla base dei reati separatamente giudicati, vi fosse un’unica originaria ideazione criminosa, non essendo influente la circostanza che i reati siano stati commessi in luoghi diversi del territorio nazionale, discutendosi non del concorso formale, ma della continuazione, tra i reati.

Nè la mancata produzione della sentenza del G.u.p. del Tribunale di Verona, che si assume indicata dal ricorrente come "base tecnica" del chiesto aumento continuativo, è ostativa alla valutazione della richiesta, attesa la sua acquisibilità d’ufficio da parte del Tribunale, essendone indicati in istanza tutti i riferimenti, ove ritenuto necessario.

Nè, quanto alla valutazione dello stato di tossicodipendenza, rilevante ai fini dell’applicazione della disciplina del reato continuato, è stata svolta un’analisi specifica del suo collegamento con i reati dei quali è stata chiesta la continuazione, sotto il profilo dell’attualità e della permanenza o non interruzione dello stato di tossicodipendenza per l’arco temporale in cui i reati sono stati commessi, unitamente agli altri elementi incidenti sulla applicazione della disciplina del reato continuato.

4. Avuto riguardo a tali emergenze, la disamina condotta astratta e generica, risoltasi nella negazione della ravvisabilità di un unico disegno criminoso, prescindendo dagli adempimenti istruttori e dalla verifica della questione della tossicodipendenza nei termini detti, e dai conseguenti approfondimenti in merito all’autonomia delle singole determinazioni al reato o alla loro riconducibilità a un disegno criminoso unitario, impone l’annullamento – con rinvio – dell’ordinanza impugnata per nuovo esame sul punto alla luce dei rilievi sopra formulati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al diniego della disciplina della continuazione e rinvia per nuovo esame al G.i.p. del Tribunale di Palermo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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