Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-02-2011) 24-06-2011, n. 25314

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 18 giugno 2010 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato l’istanza di differimento dell’esecuzione della pena per ragioni di salute, anche nelle forme della detenzione domiciliare, proposta da B.R., condannato con sentenza del 22 aprile 2003 della Corte d’appello di Roma, esecutiva il 11 ottobre 2007, alla pena di anni sei di reclusione per violenza sessuale continuata.

Il Tribunale argomentava la decisione rilevando che:

– con propria ordinanza del 31 luglio 2008 era stata concessa all’istante, per lo stesso titolo, la detenzione domiciliare ad tempus, ai sensi del combinato disposto dall’art. 147 c.p., n. 2 e art. 47-ter, comma 1-ter, Ord. Pen., per le sue – all’epoca – precarie condizioni di salute;

– tale misura era scaduta e la richiesta di differimento provvisorio della pena presentata dal condannato era stata rigettata dal Magistrato di sorveglianza per le sue "discrete" condizioni di salute;

– dalle relazioni sanitarie del (OMISSIS) emergeva che la situazione clinica dell’istante era "sostanzialmente migliorata", rispetto a quella descritta nella relazione sanitaria del (OMISSIS), e le sue condizioni generali erano compatibili con il regime carcerario;

– i trattamenti sanitari potevano essere eseguiti adeguatamente presso l’istituto di restrizione dotato di centro clinico o attraverso gli strumenti di cui all’art. 11 Ord. Pen. in costanza di regime detentivo ordinario.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, B.R., che ne chiede l’annullamento sulla base di due motivi.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia carenza assoluta di motivazione dell’ordinanza impugnata ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), deducendo la diversità della sua situazione cardiaca rispetto a quanto ritenuto dal Tribunale, evidenziata dal consulente di parte, dott. S., sulla scorta dagli accertamenti diagnostici effettuati, consigliati "a definizione diagnostica" dallo stesso cardiologo dell’Istituto di reclusione di (OMISSIS), e lamentando il diniego immotivato della richiesta di perizia, sollecitata in udienza, in relazione all’evidenziato grave rischio cardiovascolare.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione all’art. 47-ter, comma 1-ter, Ord. Pen., e art. 147 cod. pen., sul rilievo dell’omessa valutazione da parte del Tribunale del suo grave stato di salute, rappresentato dalla grave cardiopatia ischemica e ipertensiva diagnosticata, tale da esporlo al rischio di patologie cerebrovascolari e cardiache potenzialmente letali e imprevedibili.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, concludendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2. Questa Corte ha più volte affermato che, mentre la detenzione domiciliare, al pari delle altre misure alternative alla detenzione, ha come finalità la rieducazione e il reinserimento sociale del condannato, il rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica, ai sensi dell’art. 147 c.p., n. 2, mira a evitare che l’esecuzione della pena avvenga in contrasto con il diritto alla salute e il senso di umanità, costituzionalmente garantiti, supponendo che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave, cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare altre rilevanti conseguenze dannose e, comunque, da esigere cure e trattamenti tali da non potere essere praticati in regime di detenzione intramuraria, neppure mediante ricovero in ospedali civili o altri luoghi esterni di cura ai sensi della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 11 (Sez. 1, n. 5715 del 19/10/1999, dep. 15/11/1999, Di Girolamo, Rv. 214419; Sez. 1, n. 6952 del 07/12/1999, dep. 14/02/2000, Saraco, Rv. 215203; Sez. 1, n. 656 del 28/01/2000, dep. dep. 06/03/2000, Ranieri, Rv. 215494; Sez. 1, n. 25691 del 20/05/2004, dep. 08/06/2004, Trjkovic, Rv. 228144; Sez. 1, n. 45758 del 14/11/2007, dep. 06/12/2007, De Witt, Rv. 238140; Sez. 1, n. 28555 del 18/06/2008, dep. 10/07/2008, Graziano, Rv. 240602; Sez. 1, n. 26806 del 27/05/2008, dep. 03/07/2008, Nunnari, Rv. 240867; Sez. 1, n. 27313 del 24/06/2008, dep. 04/07/2008, Commisso, Rv. 240877;

Sez. 1, n. 22373 del 08/05/2009, dep. 28/05/2009, Aquino, Rv.

244132).

Pertanto, a fronte di una richiesta di rinvio dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica, il giudice deve valutare se le condizioni di salute del condannato siano o meno compatibili con le finalità rieducative della pena e con le possibilità concrete di reinserimento sociale conseguenti alla rieducazione. Qualora, all’esito di tale valutazione, tenuto conto della natura dell’infermità e di un’eventuale prognosi infausta quoad vitam a breve scadenza, l’espiazione di una pena appaia contraria al senso di umanità per le eccessive sofferenze da essa derivanti, ovvero appaia priva di significato rieducativi in conseguenza dell’impossibilità di proiettare in un futuro gli effetti della sanzione sul condannato, deve trovare applicazione l’istituto del differimento previsto dal codice penale.

Se, invece, le condizioni di salute, pur particolarmente gravi, non presentino le suddette caratteristiche di sofferenza o di prognosi infausta, e richiedano i contatti con i presidi sanitari territoriali indicati dall’art. 47-ter, comma 1, lett. c), Ord. Pen., può essere disposta la detenzione domiciliare ai sensi della citata disposizione.

3. Alla stregua di questi principi, condivisi dal Collegio, nel caso in esame l’ordinanza impugnata è esente dai vizi denunciati.

Il Tribunale, infatti, con motivazione puntuale, argomentata ed esauriente, fondata su un complesso di elementi di fatto, in quanto tali insindacabili in sede di legittimità, tra loro logicamente correlati e fondati sulle risultanze delle relazioni sanitarie del (OMISSIS), in rapporto a quelle della relazione sanitaria del (OMISSIS), ha evidenziato la compatibilita delle condizioni generali del B. con il regime carcerario, e ha illustrato le ragioni per le quali i trattamenti sanitari, dei quali lo stesso ha bisogno, possono essere eseguiti adeguatamente presso l’istituto di restrizione, dotato di attrezzato centro clinico, o attraverso gli strumenti di cui all’art. 11 Ord. Pen., in costanza di regime detentivo ordinario, coerentemente argomentando in merito alla insussistenza dei presupposti per il differimento dell’esecuzione della pena e per la concedibilità della detenzione domiciliare ad tempus.

Il ricorrente non solo ha opposto censure di fatto invitando questa Corte a una inammissibile rilettura delle risultanze delle relazioni sanitarie già condotta in sede di merito, ma, nel dedurre il contrasto della situazione di salute ritenuta dal Tribunale con quella accertata dal suo consulente di parte, non ha assolto l’onere di specifica rappresentazione e allegazione dell’atto indicato come incompatibile rispetto alla motivazione impugnata.

Infondata è anche la censura di omessa motivazione del diniego della perizia sollecitata dalla difesa nel corso dell’udienza.

La completezza del ragionamento probatorio e la sua congruità ai dati probatori acquisiti dimostrano, infatti, la ragionevolezza, incensurabile in questa sede, della implicita valutazione di completezza dell’indagine, contraria a ulteriori accertamenti.

4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

Al rigetto del ricorso segue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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