T.A.R. Piemonte Torino Sez. I, Sent., 30-06-2011, n. 708 Legittimità o illegittimità dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1) La Società ricorrente, attiva nel settore delle comunicazioni elettroniche, realizza infrastrutture costituite da condotti predisposti per l’installazione di fibre ottiche, provvedendo normalmente ad interrarli lungo il reticolo stradale urbano.

Sulla base di regolari provvedimenti autorizzativi, essa ha installato le proprie infrastrutture lungo le strade del Comune di Torino, versato i canoni dovuti per l’occupazione del suolo pubblico e ripristinato, al termine degli interventi, le aree pubbliche manomesse.

2) Con tre distinte note emesse nel 2009, il Comune di Torino ha chiesto (o ordinato) che la Società ricorrente provvedesse al pagamento delle somme dovute a titolo di "tariffazione ed ammende" in relazione ai descritti interventi di manomissione del suolo pubblico.

Più precisamente:

a) con nota del 16 novembre 2009, è stato chiesto il pagamento della somma complessiva di Euro 70.616,48, corrispondente all’ammontare dei lavori contabilizzati dal sesto bimestre del 2002 al secondo bimestre del 2009;

b) con nota del 18 novembre 2009, è stato trasmesso il "deconto" dei lavori contabilizzati nel quinto bimestre di tale anno e chiesto di provvedere al pagamento della somma di Euro 1.766,81 dovuta a titolo di "degrado delle pavimentazioni manomesse";

c) con nota del 28 dicembre 2009, infine, il Comune ha chiesto, per la medesima causale, il pagamento della somma di Euro 9.034,58, con riferimento ai lavori contabilizzati nel sesto bimestre del 2009.

3) Il Comune di Torino ha preteso il pagamento di tali importi sulla base delle previsioni regolamentari locali che disciplinano l’esecuzione degli interventi di manomissione e di ripristino dei sedimi stradali da parte dei soggetti erogatori di pubblici servizi.

Detti regolamenti prevedono, tra l’altro, il pagamento di somme a compenso del degrado provocato dagli interventi di che trattasi.

Più precisamente:

a) il primo regolamento comunale in materia è stato approvato con deliberazione consiliare del 13 dicembre 1999.

L’art. 2, lett. g), del regolamento, stabiliva: "Poiché le fondazioni e le pavimentazioni stradali subiscono un degrado a seguito di tagli provocati dalle manomissioni, verrà applicato un compenso da corrispondere alla Città con le tariffe e le modalità previste al successivo capo 4".

Gli artt. 10 e 11, contenuti nel capo 4, disciplinavano il sistema tariffario per gli interventi di manomissione del suolo, basato sulla zona dell’intervento e il tipo di pavimentazione.

L’art. 14 prevedeva specifiche sanzioni pecuniarie per l’inosservanza delle disposizioni regolamentari.

b) Con deliberazione consiliare del 4 dicembre 2000, sono state modificate alcune disposizioni del regolamento, anche relative al sistema di tariffazione degli interventi.

c) Con deliberazione di giunta del 16 marzo 2004, sono state adeguate, mediante incremento, le tariffe previste dal regolamento.

d) Con deliberazione consiliare del 12 ottobre 2009, infine, è stato approvato il nuovo regolamento comunale in materia e abrogato il precedente.

Il nuovo regolamento riproduce, nelle parti di specifico interesse, la disciplina previgente.

4) Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, la Società interessata impugna le menzionate previsioni regolamentari e le richieste di pagamento che ne hanno fatto applicazione, deducendo i seguenti motivi di gravame:

I) Con riferimento agli artt. 10 e 11 del Regolamento del 13 dicembre 1999 e all’art. 11 del Regolamento del 13 ottobre 2009: violazione dell’art. 23 della Costituzione. Violazione del comma 1 dell’art. 93 del d.lgs. n. 259 del 2003.

II) Con riferimento agli artt. 10 e 11 del Regolamento del 13 dicembre 1999 e all’art. 11 del Regolamento del 13 ottobre 2009: violazione dell’art. 93, comma 2, del d.lgs. n. 259 del 2003. Eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica e dall’interesse pubblico.

III) Con riferimento all’art. 14 del Regolamento del 13 dicembre 1999 e all’art. 14 del Regolamento del 13 ottobre 2009: violazione degli artt. 1 e 14 della legge n. 689 del 1981.

IV) Con riferimento agli atti applicativi del Regolamento (nota del 16.11.2009 e cd. "deconti"): illegittimità per invalidità derivata. Ulteriore illegittimità per violazione dell’art. 35, comma 4, del d.lgs. n. 259 del 2003.

5) Con ricorso per motivi aggiunti, l’esponente ha impugnato numerosi atti (cd. "avvisi di emissione di ordinativi di incasso") emessi dal Comune di Torino successivamente alla notifica del ricorso introduttivo, sempre con riferimento alla riscossione di somme dovute per gli interventi di manomissione del suolo pubblico realizzati dalla ricorrente (fatto salvo un caso di cui si riferirà in parte motiva).

I motivi aggiunti riproducono le censure di legittimità dedotte con il ricorso introduttivo.

6) Si è costituito in giudizio il Comune di Torino, eccependo l’irricevibilità e l’inammissibilità del ricorso, sotto diversi profili, e contrastandone la fondatezza nel merito.

In prossimità della pubblica udienza, le parti hanno depositato memorie difensive e di replica.

Il ricorso, infine, è stato chiamato all’udienza del 16 giugno 2011 e ritenuto in decisione.

Motivi della decisione

7) Vanno preliminarmente scrutinate le numerose eccezioni di rito proposte dalla difesa comunale.

7.1) Con una prima eccezione, l’Amministrazione resistente sostiene che la mancata impugnazione nel termine decadenziale delle deliberazioni di approvazione e di modifica dei regolamenti renderebbe irricevibile il ricorso.

Le deliberazioni in questione, infatti, costituirebbero atti amministrativi generali, direttamente lesivi e soggetti ad impugnazione immediata, e non regolamenti in senso proprio.

L’eccezione non ha pregio, non potendosi revocare in dubbio che gli articolati approvati dal Consiglio comunale di Torino, contenenti precetti generali e astratti idonei ad innovare l’ordinamento, avessero effettiva natura regolamentare, come del resto risulta dallo stesso nomen attribuitovi dall’amministrazione e dall’inserimento nella raccolta dei regolamenti municipali.

Dette previsioni regolamentari non potevano considerarsi immediatamente lesive in quanto si limitavano, nelle parti di specifico interesse, a definire i presupposti e i contenuti delle obbligazioni a carico dei soggetti interessati al rilascio delle concessioni di scavo ovvero che sarebbero incorsi nella violazione dei precetti regolamentari.

Ne deriva la tempestività del ricorso proposto congiuntamente all’impugnazione degli atti applicativi.

7.2) In subordine, sarebbe comunque tardiva, ad avviso dell’eccepiente, l’impugnazione della deliberazione consiliare 13 ottobre 2009, poiché le richieste di pagamento fatte oggetto di contestazione si riferiscono tutte all’applicazione della previgente disciplina regolamentare.

Il rilievo è infondato in fatto, poiché parte degli interventi cui si riferiscono gli atti applicativi sono stati avviati durante la vigenza del nuovo regolamento: si tratta degli interventi documentati dalle bolle nn. 10 e 11 del 2009, avviati e conclusi nel mese di dicembre del 2009, quindi soggetti (cfr. art. 17, regolamento 2009) all’applicazione della nuova disciplina.

7.3) Il ricorso, prosegue la difesa comunale, sarebbe comunque inammissibile per intervenuta acquiescenza, dal momento che l’odierna ricorrente, non solo non aveva impugnato le concessioni a suo tempo rilasciate (nelle quali si faceva riferimento alle contestate norme sulla tariffazione degli interventi), ma ha anche provveduto a presentare le "bolle" e i "deconti" relativi ai singoli scavi, contenenti tutti i dati necessari per la contabilizzazione dei lavori.

Anche questa eccezione è priva di fondamento e va disattesa, poiché le concessioni rilasciate dal Comune contenevano solo un generico richiamo alle norme regolamentari, senza specifici elementi che consentissero alla richiedente di apprezzarne immediatamente la portata lesiva dei propri interessi.

Quanto alla presentazione delle "bolle" e dei "deconti", si trattava di adempimenti dovuti nell’ambito di un regolare rapporto di collaborazione con l’Ente pubblico, tali da non configurare un comportamento inconciliabile con la volontà di impugnare gli atti lesivi degli interessi del privato.

7.4) L’eccepiente fa riferimento, quindi, alla scrittura privata del 13 aprile 2006, in atti, con cui il Direttore Amministrazione e Finanza di Planetwork S.p.a. (incorporata in EVia S.p.a., odierna ricorrente, dal 1° gennaio 2009), munito di procura speciale, riconosceva di essere "debitore nei confronti del Comune di Torino della somma di Euro 64.177,57= a titolo di tariffa di degrado e penalità per la manomissione del suolo pubblico", per reversali riferite ad accertamenti relativi agli anni 2002 e 2003.

Con il medesimo atto, il rappresentante di Planetwork si impegnava al pagamento rateizzato della somma complessivamente dovuta al Comune di Torino, con estinzione del debito entro il 31 dicembre 2006.

Tale dichiarazione è certamente incompatibile con la volontà di attivare la tutela giurisdizionale e costituisce, sul piano processuale, comportamento acquiescente che determina l’inammissibilità dell’impugnazione.

Tale diagnosi, peraltro, riguarda i soli debiti maturati prima del riconoscimento e, più precisamente, la somma di Euro 6.418,81 richiesta in pagamento con la nota del 16 novembre 2009, relativa ai lavori contabilizzati nel sesto bimestre 2002.

7.5) La difesa comunale eccepisce, quindi, l’inammissibilità dell’impugnativa delle previsioni regolamentari solamente indicate nell’epigrafe e nelle conclusioni del ricorso, senza che siano stati individuati gli aspetti lesivi di tali disposizioni ovvero sia stata posta una correlazione tra le medesime e i vizi denunciati nel ricorso.

L’eccezione, che assume rilievo concreto solo con riferimento al regolamento del 2009 attualmente in vigore, è meritevole di essere condivisa.

Parte ricorrente impugna, infatti, le seguenti disposizioni regolamentari:

– l’art. 4, che detta norme tecniche per la tenuta dei cantieri e, al secondo comma, configura una serie di inadempienze che danno luogo all’intervento sostitutivo del Comune, con conseguente quantificazione degli oneri secondo le modalità previste dall’art. 15;

– l’art. 10, che disciplina i collaudi e prevede, nel caso di ritardata trasmissione del certificato di regolare esecuzione, l’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 14;

– l’art. 11, che disciplina il sistema tariffario per gli interventi di manomissione;

– l’art. 14, che quantifica l’importo delle sanzioni per l’inosservanza delle disposizioni del regolamento;

– l’art. 15, che disciplina l’intervento sostitutivo del Comune nel caso di inadempienza all’obbligo di ripristino del suolo stradale e determina le modalità per la quantificazione degli oneri a carico del concessionario;

– l’art. 16, che detta norme particolari per le manomissioni ed il ripristino.

Di tali disposizioni, gli artt. 11 e 14 sono effettivamente lesivi degli interessi di parte ricorrente, atteso che la contestazione riguarda il pagamento di somme per il degrado della pavimentazioni manomesse e a titolo di ammende.

Per le altre disposizioni impugnate, invece, non è dato rinvenire alcuna corrispondenza con i contenuti del ricorso e con i vizi ivi denunciati: ne consegue la declaratoria di inammissibilità in parte qua del ricorso e dei motivi aggiunti.

7.6) L’ultima eccezione preliminare, riferita alla pretesa impossibilità di disapplicare il regolamento del 1999, non ha effettivo rilievo, poiché la parte ricorrente ha chiesto, in via alternativa, l’annullamento o la disapplicazione di tale regolamento ed è già stata formulata una diagnosi di tempestività della relativa impugnazione.

Va solamente rilevato come la giurisprudenza consolidatasi a partire da Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35, ammetta, in ossequio al principio di gerarchia delle fonti e anche quando si verte in materia di interessi legittimi, il potere del giudice amministrativo di disapplicare un regolamento non conforme a legge, valutando così direttamente il contrasto tra provvedimento e legge, e di annullare eventualmente il provvedimento a prescindere dall’impugnazione congiunta del regolamento.

8) Può procedersi, a questo punto, allo scrutinio delle censure di legittimità dedotte da parte ricorrente.

Con il primo motivo del ricorso introduttivo, l’esponente denuncia la violazione dell’art. 23 della Costituzione in quanto le disposizioni regolamentari del Comune di Torino che impongono ai concessionari la corresponsione di somme per il degrado del suolo stradale (in aggiunta al canone per l’occupazione del suolo pubblico e alle spese di risistemazione a carico del concessionario) darebbero vita a veri e propri interventi ablatori, in assenza della copertura legislativa richiesta dalla previsione costituzionale.

La censura è fondata, poiché il precetto contenuto nell’art. 23 della Costituzione comporta che le prestazioni patrimoniali imposte dagli enti pubblici (non importa se di natura tributaria o meno) debbano essere previamente contemplate in una fonte legislativa di rango primario, mancante nel caso di specie.

La giurisprudenza amministrativa formatasi con precipuo riferimento alla materia degli scavi per la realizzazione di impianti di telecomunicazione, d’altronde, ha costantemente affermato la necessità di una disposizione primaria che legittimi l’imposizione di prestazioni patrimoniali ai soggetti obbligati (cfr., fra le ultime, Cons. Stato, sez. V, 26 maggio 2010, n. 3362).

Ne consegue l’illegittimità delle impugnate previsioni regolamentari che prevedono un’imposizione patrimoniale in relazione al presunto degrado del suolo pubblico cagionato dagli interventi di posa di cavidotti.

Non vi è dubbio, peraltro, che tali previsioni configurino vere e proprie prestazioni patrimoniali imposte, e non semplici rimborsi o indennizzi da corrispondersi per il ripristino del suolo stradale manomesso, in quanto (come rileva l’esponente con il secondo motivo di ricorso) la stessa previsione di un meccanismo ex ante di rimborso delle spese ne rende evidente la natura, non potendosi quantificare il costo effettivo degli interventi di ripristino in via presuntiva, ma solo a posteriori,.

Ne deriva la declaratoria di illegittimità dei precetti regolamentari che prevedono il potere del Comune di imporre le prestazioni patrimoniali in questione nonché degli atti che ne hanno fatto applicazione nel caso concreto.

9) L’art. 93, comma 1, del d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 ("Le pubbliche amministrazioni, le regioni, le province ed i comuni non possono imporre, per l’impianto di reti o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri o canoni che non siano stabiliti per legge"), ha reso esplicito, nella specifica materia, il divieto posto a livello generale dall’art. 23 della Costituzione.

L’art. 11 del regolamento approvato dal Comune di Torino nel 2009, quando detta previsione legislativa era già in vigore, viola apertamente tale divieto in quanto, come già precisato, non prevede un meccanismo di rimborso delle spese per la risistemazione del suolo stradale, ma un vero e proprio canone ex ante a carattere tariffario.

La questione è già stata esaminata dalla Sezione con la sentenza n. 2362 del 8 maggio 2010, ove si è affermato il principio "per il quale il tassativo disposto dell’art. 93, comma 2, del d.lgs. n. 259/2003 esclude la legittimità dell’imposizione agli operatori di telecomunicazione per gli interventi di manomissione della sede stradale, di oneri finanziari o reali diversi rispetto alla tassa di occupazione di suolo pubblico e al canone per l’occupazione di suolo o aree pubbliche e, in particolare, di indennizzi per il degrado e il deterioramento dei beni demaniali".

Sulla base di tale principio, la cui validità il Collegio ritiene di dover confermare, la Sezione aveva disposto l’annullamento dell’art. 11, comma 1, ultimo periodo, del più volte citato regolamento comunale del 2009.

La domanda di annullamento proposta nel presente giudizio è più ampia, investendo l’intero art. 11, e merita di trovare accoglimento in quanto ogni parte di tale disposizione contribuisce a disegnare, in violazione dell’art. 93 del d.lgs. n. 259/2003, il sistema tariffario relativo agli oneri per il deterioramento generale della sede stradale.

Vanno annullati, ovviamente, anche gli atti attuativi indicati nel ricorso che a tale sistema tariffario hanno dato puntuale applicazione.

10) Con il terzo motivo di ricorso, l’esponente denuncia la violazione dell’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 1981, n. 689 ("Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione"), con riferimento alle somme pretese dal comune a titolo di ammenda e alle previsioni regolamentari che fondavano l’esercizio del potere sanzionatorio esercitato nella fattispecie.

La censura non può essere assorbita dalle precedenti, risultando dalla documentazione in atti (e, in particolare, dalla richiesta di pagamento del 16 novembre 2009) che non tutte le somme sono pretese dal Comune a titolo di canone per il degrado del suolo stradale, ma una parte non determinata di esse è richiesta a titolo di "ammenda".

Anche questa censura si appalesa fondata, non rinvenendosi nella materia de qua una previsione legislativa che, in ossequio al principio di legalità fissato dall’art. 1 della legge n. 689/1981, legittimasse il Comune ad imporre le sanzioni congegnate a livello regolamentare.

Obietta la difesa comunale che non si tratterebbe di vere e proprie sanzioni, ma di semplici "penalità" funzionali a garantire il comportamento diligente dei concessionari.

L’eccezione non ha pregio, dal momento che l’art. 14 del regolamento (significativamente rubricato "sanzioni") qualifica espressamente tali somme come "sanzioni amministrative pecuniarie" e tale qualificazione è perfettamente coerente alla natura di misure che non sono state previste a livello contrattuale, ma imposte con una disposizione di carattere autoritativo.

Va disposto, pertanto, l’annullamento delle disposizioni regolamentari che hanno previsto il potere sanzionatorio in questione nonché degli atti che ne hanno fatto puntuale applicazione nei confronti della ricorrente.

11) Solo per completezza, si rileva ancora la palese fondatezza della censura, dedotta con il quarto e ultimo motivo del ricorso introduttivo, relativa al difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati, essendo gli stessi corredati da formule criptiche che non consentono di individuare il fondamento delle richieste di pagamento né le modalità con cui l’amministrazione ha provveduto alla determinazione delle somme pretese dal privato.

12) Con il ricorso per motivi aggiunti, vengono impugnati ulteriori atti con cui, in parte, viene sollecitato il pagamento di somme già richieste alla ricorrente e, per altra parte, viene richiesto per la prima volta il pagamento di somme precedentemente contabilizzate.

Tali atti sono affetti dagli stessi vizi che inficiano quelli impugnati con il ricorso principale – sia per invalidità derivata dalle disposizioni regolamentari che ne costituiscono il presupposto sia per vizi propri – e risultano meritevoli, perciò, di annullamento.

Fa eccezione l’avviso n. 1774/2010 (docum. 19 ricorrente) che, come eccepito dalla difesa comunale e reso palese dal suo tenore letterale, fa riferimento al verde pubblico ed è estraneo, perciò, alla materia interessata dalla presente impugnazione.

Ne consegue la declaratoria di inammissibilità in parte qua del ricorso per motivi aggiunti.

12) E’ opportuno riepilogare schematicamente le decisioni assunte con la presente pronuncia:

a) il ricorso introduttivo va dichiarato inammissibile nella parte in cui investe la richiesta di pagamento della somma di Euro 6.418,81 formulata con nota del 16 novembre 2009;

b) il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti vanno dichiarati inammissibili nella parte in cui impugnano gli artt. 4, 10, 15 e 16 del regolamento comunale del 2009;

c) il ricorso per motivi aggiunti va dichiarato inammissibile nella parte in cui impugna l’avviso di emissione ordinativo di incasso n. 1774/2010;

d) il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti, per il resto, sono fondati e meritevoli di accoglimento e, per l’effetto, vanno annullate le richieste di pagamento ivi impugnate nonché le disposizioni regolamentari che ne costituivano il presupposto (gli artt. 2, lett. g), 10, 11 e 14 del regolamento comunale del 1999, e successive modifiche e adeguamenti, e gli artt. 11 e 14 del regolamento comunale del 2009).

13) In considerazione della peculiarità della controversia e della soccombenza reciproca, le spese del grado di giudizio vanno integralmente compensate fra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo e sui motivi aggiunti, li dichiara in parte inammissibili e in parte li accoglie, come da motivazione.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 16 giugno 2011 con l’intervento dei magistrati:

Franco Bianchi, Presidente

Richard Goso, Primo Referendario, Estensore

Paola Malanetto, Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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