T.A.R. Piemonte Torino Sez. I, Sent., 30-06-2011, n. 705 Professori universitari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con decreto rettorale n. 141 del 19 giugno 2008, il Politecnico di Torino ha bandito una procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di professore universitario di ruolo di prima fascia per il settore scientifico disciplinare INGIND / 24 (Principi di Ingegneria Chimica).

2. Alla procedura hanno partecipato 12 concorrenti. All’esito della formulazione dei giudizi individuali e collegiali, la commissione giudicatrice ha individuato, all’unanimità, otto candidati potenzialmente idonei ("idoneabili"), di cui soltanto due (i dottori Guido Stefano e Vanni Marco) giudicati in possesso dei "pieni requisiti…per ricoprire un ruolo di prima fascia"; successivamente, ha proceduto all’individuazione degli "idonei" mediante due votazioni in rapida sequenza, che hanno dato il seguente esito:

– nella votazione per il primo idoneo, il candidato O.R. ha ottenuto 3 voti, il candidato Vanni Marco 2 voti;

– nella votazione per il secondo idoneo, il candidato G.A.ha ottenuto 3 voti, i candidati Guido Stefano e Bandini Serena 1 voto ciascuno.

La commissione giudicatrice ha quindi stilato la relazione riassuntiva comprensiva dei giudizi individuali e collegiali e dell’esito della votazione.

3. Con decreto n. 278 del 26.07.2010, il Rettore ha stabilito di non approvare gli atti concorsuali, avendo riscontrato una "incoerenza tra i giudizi collegiali espressi e l’attribuzione dei voti" (nei termini che saranno qui di seguito diffusamente esposti)ed ha invitato la commissione a riunirsi nuovamente per "superare l’incoerenza riscontrata".

4. La Commissione si è riunita il 27.09.2010; in tale seduta:

– il presidente ha premesso che il superamento dell’incongruenza rilevata dal Rettore avrebbe potuto essere superata, "o procedendo ad una nuova votazione coerente con i giudizi precedentemente espressi, o modificando motivatamente i suddetti giudizi";

– i tre componenti della commissione che avevano votato in favore dei candidati Orrù e G. hanno sostenuto, invece, che i "giudizi collegiali già espressi, peraltro in momenti e riunioni diverse, (erano) serviti solo ad individuare i candidati idoneabili tra tutti i concorrenti, a prescindere dall’enfasi adottata nell’esprimere il giudizio"; che "esaminando la carriera da associato di alcuni candidati, (…), questa non confermava quanto espresso nel giudizio collegiale"; che, quindi, poiché dalle votazioni finali "(erano) risultati idonei due candidati compresi nel gruppo degli otto identificati come idoneabili, non (era) necessario né rivotare né modificare i giudizi già espressi";

– gli altri due commissari hanno manifestato il proprio dissenso rispetto a quanto affermato dai colleghi di maggioranza; hanno confermato i giudizi collegiali già espressi, ribadendo di ritenere l’esito finale della votazione non congruente con i giudizi collegiali e con i criteri di valutazione predeterminati dalla stessa commissione nella prima riunione.

All’esito della seduta, la commissione ha confermato all’unanimità i giudizi collegiali già espressi; ha confermato a maggioranza (di tre su cinque) la precedente votazione; ha proposto come idonei per la valutazione comparativa i dottori O.R. e G. Alberto; ha redatto, infine, il relativo verbale, dando atto che il medesimo "non modifica (va) nessuno dei precedenti".

5. Con decreto n. 406 del 25.10.2010, il Rettore ha stabilito di non approvare gli atti del concorso e di procedere alla nomina di una nuova commissione giudicatrice per rinnovare lo svolgimento del medesimo concorso. Ha osservato, in particolare, che l’incoerenza tra i giudizi collegiali e la votazione finale rilevata con il precedente suo decreto n. 278/2010, non era stata superata dalla commissione, dal momento che:

– l’affermazione dei commissari di maggioranza, secondo cui l’esame della carriera di alcuni candidati aveva evidenziato la non congruenza della stessa con quanto espresso nei giudizi collegiali, avrebbe dovuto indurre la commissione "a ripristinare la coerenza tra voti e giudizi" riformulando i giudizi per renderli congrui con la votazione;

– al contrario, i giudizi erano stati confermati all’unanimità, di modo che la votazione finale, approvata a maggioranza, "non (era) logicamente coerente con i giudizi collegiali che ne costituiscono il presupposto".

Ha concluso dichiarando "l’irregolarità formale degli atti" e la necessità di procedere alla nomina di una nuova commissione, avendo la precedente esaurito la sua funzione.

6. Con ricorso ritualmente proposto, i dottori O.R. e G. Alberto hanno impugnato i predetti decreti rettorali nn. 406 del 25.10.2010 e 278 del 26.07.2010 e ne hanno invocato l’annullamento, previa sospensione, sulla base di due motivi:

I) "Eccesso di potere per errore nei presupposti, travisamento dei fatti. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. 241/90. Motivazione errata e insufficiente".

Con tale motivo si sostiene che da un raffronto comparativo dei giudizi collegiali dei vari candidati non emergerebbe affatto l’"incoerenza" lamentata nei decreti del rettore. Sulla scorta del "quadro sintetico di raffronto" redatto dai commissari di maggioranza in sede di riesame, si esamina, in particolare, il giudizio collegiale del candidato Orrù e lo si raffronta con quello conseguito dai candidati Vanni, Bandini e Guido, pervenendo alla conclusione che il primo sarebbe "di gran lunga migliore degli altri". Si esamina quindi il giudizio collegiale conseguito dal candidato G. e si perviene ad analoghe conclusioni. Si afferma che nel valutare la corrispondenza logica tra giudizi collegiali e votazione finale non bisogna aver riguardo alle singole espressioni usate, che talora possono essere adoperate con una certa enfasi terminologica, bensì al giudizio di insieme che caratterizza il valore complessivo che la commissione intende attribuire ad un determinato candidato: giudizio d’insieme sintetizzato dal voto finale, espressivo del complesso giudizio tecnico discrezionale elaborato dalla commissione, non necessitante di ulteriori spiegazioni e chiarimenti. E’ al voto finale, quindi, che deve farsi esclusivo riferimento, salvo il caso in cui sia riscontrabile una macroscopica contraddizione del voto con il giudizio collegiale, ma non sarebbe questo il caso.

II) "Violazione e falsa applicazione art. 5 d.p.r. 117/2000. Incompetenza. Sviamento di potere".

Si sostiene che il Rettore avrebbe esorbitato dalle proprie competenze, dal momento che l’art. 5 del d.p.r. 117/2000 attribuisce al Rettore funzioni di controllo sulle procedure concorsuali limitate alla verifica estrinseca della mera "regolarità degli atti"; tale funzione non può invece estendersi anche al controllo della "legittimità" degli atti concorsuali o addirittura alla "correttezza" delle valutazioni di merito formulate dalla commissione giudicatrice. Si sostiene, inoltre, che il Rettore avrebbe usato in modo sviato il potere attribuitogli dalla legge, al fine di indirizzare l’esito del concorso verso taluni candidati, precisamente quello "locale". Infine, si sostiene che tali profili di illegittimità rischierebbero di ripercuotersi anche sull’operato della nuova commissione giudicatrice, la quale, prima ancora di iniziare ad operare, sarebbe già "condizionata ed indirizzata nelle sue conclusioni dai giudizi e dalle volontà espressi dal rettore… a favore del candidato locale".

7. Si è costituito il Politecnico di Torino, con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, resistendo al gravame con articolate difese.

8. Alla camera di consiglio del 27.01.2011, su istanza del difensore di parte ricorrente, la trattazione dell’istanza cautelare è stata riunita al merito.

9. Nelle more, con decreto n. 54 del 14.02.2011, pubblicato sulla G.U. n. 20 del 11.03.2011, il Rettore ha nominato la nuova commissione giudicatrice nell’ambito della medesima procedura concorsuale già bandita con il decreto rettorale n. 141/2008.

10. Quest’ultimo provvedimento, unitamente agli altri atti ad esso connesso indicati in epigrafe, è stato impugnato dai ricorrenti in parte qua (limitatamente alla nomina del membro interno) con due motivi aggiunti ritualmente proposti:

I) "Incompetenza degli organi che hanno designato e nominato il prof. Sicardi quale "membro designato"della nuova commissione. Violazione e falsa applicazione art. 1 co. 4 d.m. 180/2008".

Si sostiene l’illegittimità della nomina del componente interno della commissione, avvenuta in forza di decreto rettorale su delibera di designazione del Dipartimento di Scienza dei Materiali ed Ingegneria Chimica. Si sostiene che detta nomina sarebbe dovuta avvenire su designazione della "Facoltà" di Ingegneria, non del "Dipartimento". Si deduce la violazione del riparto di competenze stabilito dall’art. 1 comma 4 del D.M. 180/2008.

II) "Illegittimità in via derivata".

Si deduce l’illegittimità derivata del decreto rettorale di nomina della nuova commissione per l’illegittimità degli atti ad esso presupposti impugnati con il ricorso principale.

11. In prossimità dell’udienza di merito, entrambe le parti costituite hanno depositato nuove memorie.

12. In data 21.04.2011 si è costituito il controinteressato dr. Guido Stefano, contestando con diffuse argomentazioni il fondamento del ricorso e dei motivi aggiunti ed invocandone il rigetto.

13. Memorie di replica sono state depositate dalla parte ricorrente e dal controinteressato.

14. All’udienza pubblica del 26 maggio 2011, sentiti gli avv.ti Merusi per la parte ricorrente e l’avv. Gallo per il controinteressato, il collegio ha trattenuto la causa per la decisione.

Motivi della decisione

La tesi di fondo da cui muovono i ricorrenti è che il Rettore non avrebbe approvato gli atti del concorso per favorire il candidato locale (dr. Vanni Marco), rimasto soccombente nella procedura appena espletata.

La tesi è stata esposta, con intento palesemente suggestivo, già nella parte narrativa del ricorso, per essere poi più compiutamente formulata nel secondo motivo di gravame.

L’esame degli atti di causa consente, peraltro, di collocare la vicenda in un contesto affatto diverso.

E’ opportuno osservare che entrambi i ricorrenti, risultati vincitori del concorso qui in esame, provengono dalle medesime facoltà dei commissari che hanno votato in loro favore: il dr. Roberto Orrù è professore associato presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Cagliari, la stessa facoltà da cui proviene il commissario prof. Cao Giacomo (il quale, secondo un’affermazione della difesa del controinteressato non smentita dalla parte ricorrente, sarebbe anche coautore con l’Orrù di tutte le pubblicazioni che questi ha presentato nella procedura); analogamente, il dr. G. Alberto è professore associato presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università dell’Aquila, la stessa facoltà da cui provengono i commissari prof. Maria Cantarella e Gabriele Di Giacomo (uno dei quali, sempre secondo un’affermazione della difesa del controinteressato non smentita dalla parte ricorrente, sarebbe anche coautore con il G. di quasi tutte le pubblicazioni da questi presentate nel concorso).

Tale circostanza – di per sé giuridicamente neutra – se non autorizza a ritenere che gli esiti del concorso siano stati falsati dai peculiari rapporti intercorrenti tra i candidati vincitori e i tre commissari di maggioranza, consente però quantomeno di inquadrare la vicenda concorsuale nella sua giusta cornice, potendosi contrapporre alla denuncia di favoritismo formulata dai ricorrenti nei confronti del Rettore, l’analogo e speculare sospetto formulato dalla difesa del controinteressato nei confronti dei commissari di maggioranza e che ha costituito, peraltro, fonte di polemiche e di attriti in seno alla stessa commissione giudicatrice, come è possibile evincere dai relativi verbali (cfr. relazione definitiva, pag. 6).

Tali considerazioni inducono il collegio a ritenere opportuno che l’indagine demandata a questo giudice si attenga ai soli motivi di ricorso e alle ragioni giuridiche ad essi sottese, prescindendo del tutto, invece, dallo sfondo suggestivo in cui i ricorrenti hanno preteso di inquadrarli ma che, a ben guardare, si presta ad una lettura ambivalente.

1. Tanto premesso, rileva il collegio che il primo motivo del ricorso principale è infondato.

1.1 Va osservato che la procedura concorsuale per la copertura di posti di professore universitario di ruolo si compone di due fasi: una prima nella quale i commissari formulano i propri giudizi individuali; una seconda alla quale si perviene al termine della discussione collegiale e che si conclude con la formulazione a maggioranza di un giudizio complessivo finale sulla personalità scientifica del candidato.

La definitiva formulazione di tale giudizio è dunque riservata all’esame collegiale, nel quale confluiscono, contemperandosi in un apprezzamento unitario, i giudizi singolarmente espressi dai vari membri della commissione, restando riservata alla successiva fase della votazione la sola funzione, necessitata dalla contingenza della limitatezza dei posti messi a concorso, della effettuazione di una scelta comparativa dei vincitori scaturente dal raffronto tra i giudizi formulati collegialmente dalla commissione.

Detta votazione, secondo condivisibili principi giurisprudenziali, per non degenerare nell’arbitrarietà, deve essere "coerente" con i giudizi collegali formulati nel corso della procedura, atteso che proprio nel corso della stessa si valutano il curriculum ed i titoli dei candidati sulla base dei parametri obiettivi predeterminati dalla Commissione stessa (Consiglio Stato, sez. VI, 17 luglio 2008, n. 3606; Consiglio Stato, sez. VI, 18 dicembre 2007, n. 6536; Consiglio Stato, sez. VI, 25 settembre 2006, n. 5608).

L’indagine circa l’esistenza di tale "coerenza" non è impedita dall’elevato tasso di discrezionalità che contraddistingue i giudizi della commissione giudicatrice, dal momento che tale discrezionalità, se per un verso esclude che il giudice possa sindacare il merito degli stessi, non gli impedisce, per altro verso, di verificare l’esistenza di un coerente sviluppo fra le varie fasi del procedimento valutativo, nel senso che la scelta finale della Commissione non appaia in illogica contraddizione con gli elementi globalmente emergenti dalle varie fasi in cui è articolato il procedimento valutativo (T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 09 febbraio 2010, n. 760; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 05 gennaio 2010, n. 47; Consiglio Stato, sez. VI, 25 settembre 2006, n. 5608).

1.2 Nel caso di specie, il Rettore del Politecnico ha ritenuto che la votazione finale espressa (a maggioranza) dalla commissione giudicatrice non fosse coerente con i giudizi collegiali precedentemente formulati (all’unanimità) dalla stessa commissione, e su tale rilievo ha dapprima restituito gli atti alla commissione affinchè superasse l’incongruenza, e poi, dopo aver constatato che la commissione non l’aveva superata, ha deciso di non approvare gli atti della procedura e di nominare una nuova commissione.

Il collegio, esaminati gli atti di causa, ritiene che la decisione del Rettore sia immune dai profili di illegittimità denunciati dai ricorrenti.

1.3 Va rilevato che nel concorso in esame ciascun giudizio collegiale si è concluso con una frase finale (evidenziata in neretto) nella quale la commissione ha condensato il proprio giudizio circa la maggiore o minore meritevolezza del candidato "ad essere considerato ai fini della valutazione comparativa".

Il predetto giudizio è stato formulato con l’utilizzo di espressioni riconducibili a precisi codici valutativi, in grado di per sé di delineare una graduazione delle posizioni di merito e di orientare, in tal modo, la successiva votazione.

In ordine crescente (dal meno al più meritevole), è possibile distinguere le seguenti proposizioni conclusive:

– "Pertanto, comparativamente ad altri, il candidato appare meno prossimo al conseguimento dell’idoneità" (candidata Adrover Alessandra);

– "Nel complesso il candidato non può essere considerato per l’idoneità nella presente valutazione comparativa" (candidato Romano Vittorio);

– "Il candidato, pur meritevole di considerazione per ricoprire un posto di prima fascia, comparativamente ad altri, non raggiunge la piena maturità" (candidato Minale Mario), oppure "…vanta minore esperienza didattica" (candidato Elvassore Nicola);

– "Pertanto, il candidato può essere considerato ai fini della presente valutazione comparativa" (candidati Arato Elisabetta, Brucato Valerio, Calabrò Vincenza, G. Alberto, O.R.);

– "Pertanto, la candidata merita di essere considerata ai fini della presente valutazione comparativa" (candidata Bandini Serena);

– infine, "Ha pertanto i pieni requisiti ai fini della presente valutazione comparativa per ricoprire un ruolo di prima fascia" (candidati Guido Stefano e Vanni Marco).

In sostanza, si va dalla posizione meno favorevole di chi "appare meno prossimo al conseguimento dell’idoneità" o comunque "non può essere considerato" ai fini della valutazione comparativa, a quella di chi, "pur meritevole di considerazione…, comparativamente ad altri vanta minore esperienza" o "non raggiunge la piena maturità"; si perviene, poi, alla fascia intermedia di chi "può essere considerato" o "merita di essere considerato" ai fini della valutazione comparativa, per pervenire, infine, alla fascia più elevata di chi "ha…i pieni requisiti…per ricoprire un ruolo di prima fascia".

In quest’ultima fascia sono risultati collocati soltanto i professori Guido Stefano (professore associato presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Napoli Federico II) e Vanni Marco (professore associato presso la I Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Torino).

Sarebbe stato lecito (e doveroso) attendersi che la commissione, in ossequio al principio sopra richiamato di necessaria "coerenza" tra giudizi collegiali e votazione finale, confermasse la posizione preminente conseguita nei giudizi collegiali dai candidati Guido e Vanni rispetto a tutti gli altri. E invece, all’esito della votazione finale, sono risultati vincitori i candidati O.R. e G. Alberto, sebbene a seguito dei giudizi collegiali essi fossero risultati collocati nella fascia intermedia di chi "può essere considerato" ai fini della valutazione comparativa, laddove i candidati Guido e Vanni si erano visti riconoscere "i pieni requisiti".

E’ questa l’"incoerenza" rilevata dal Rettore, e che obiettivamente emerge in modo evidente.

1.4. D’altra parte, la preminenza dei candidati Guido e Vanni rispetto ad entrambi i ricorrenti non si evince solo dalle frasi finali dei rispettivi giudizi collegiali, ma dall’intera formulazione dei giudizi stessi, di cui le predette proposizioni conclusive costituiscono la logica e coerente conseguenza.

In particolare, fatta eccezione per la quantità e la qualità della produzione scientifica, che sembra sostanzialmente equiparabile in tutti i candidati qui a confronto, la preminenza dei candidati Guido e Vanni si è affermata in modo particolare in relazione ai profili dell’ autonomia e dell’originalità della produzione scientifica dei predetti candidati, con specifico riferimento alla capacità dimostrata dai medesimi di aprire nuovi filoni di ricerca.

E’ opportuno riportare alcuni estratti dei giudizi collegiali:

a) quanto al criterio di valutazione dell’"apporto individuale del candidato, analiticamente determinato nei lavori in collaborazione":

– candidato Guido Stefano, non idoneo: "…il contributo del candidato…è rilevante. L’autonomia è significativa";

– candidato Vanni Marco, non idoneo: " (le pubblicazioni)…evidenziano il contributo molto importante dello stesso. Significativa è l’autonomia del candidato…";

– candidato O.R., idoneo: "(le pubblicazioni sono) svolte con ampia collaborazione; esse non consentono di per sé di mettere in evidenza il contributo e l’autonomia del candidato, che risultano dal giudizio del commissario coautore";

– candidato G. Alberto, idoneo: "(le pubblicazioni sono) svolte in ampia collaborazione, generalmente interdisciplinare, e da esse si possono evincere il contributo del candidato ed il grado di autonomia raggiunto";

b) quanto al criterio della "rilevanza scientifica delle pubblicazioni, loro collocazione editoriale e loro diffusione all’interno della comunità scientifica":

– candidato Guido Stefano, non idoneo: "Apprezzabile la capacità del candidato di estendere a settori non tradizionali competenze specifiche dell’ingegneria chimica, che si riflette anche nella non tradizionale collocazione editoriale di alcune pubblicazioni";

– candidato Vanni Marco, non idoneo: "Significativa è…la capacità dimostrata del candidato di aprire nuovi filoni di ricerca. La presenza di lavori individuali con elevato numero di citazioni dimostra la sua piena maturità e l’apprezzamento riscontrato nella comunità scientifica, anche nei filoni da lui avviati";

– candidato O.R., idoneo: nulla di specifico sul punto;

– candidato G. Alberto, idoneo: nulla di specifico sul punto.

1.5. A questo proposito, la difesa dei ricorrenti ha preteso di comparare con la votazione finale, non i giudizi collegiali approvati all’unanimità dalla commissione, ma "il quadro sintetico di raffronto" predisposto e approvato dai soli commissari di maggioranza in sede di riesame (e contenuto a pag. 3 del verbale n.5), pervenendo alla conclusione che i giudizi collegiali dei propri assistiti sarebbero "di gran lunga i migliori rispetto a tutti gli altri".

Tuttavia, tale documento offre una sintesi del tutto parziale e strumentale dei giudizi collegiali, essendo omesso, in particolare, ogni riferimento ai giudizi formulati dalla commissione sull’"autonomia" e sull’"apporto individuale del candidato" alle pubblicazioni presentate: profili in cui particolarmente rilevanti e profonde sono risultate le differenze tra i candidati e che molto ha pesato nella formulazione del giudizio complessivo collegiale, che difatti si è molto diffuso su tale aspetto.

La predetta scheda è quindi inattendibile perché incompleta e non può servire a confutare quanto espresso con ben maggiore analiticità nei giudizi collegiali.

Peraltro, le deduzioni svolte dai ricorrenti sulla scorta del predetto "quadro sintetico" sono infondate anche nel merito.

Intanto, come ha giustamente osservato la difesa del controinteressato, i ricorrenti hanno ipotizzato una votazione "a coppie" (per cui il candidato Orrù viene confrontato con il candidato Vanni, e poi, in sequenza, con i candidati Bandini e Guido, e così anche per il candidato G.) che nella procedura in esame non è affatto avvenuta, essendo peraltro contraria a consolidati principi giurisprudenziali (Cons. Stato, VI, 29.07.2009, n. 4708; Cons. St., sez. VI, 22 aprile 2004 n. 2364; Cons. St., sez. VI, 29 aprile 2009 n. 2705): la commissione ha, più semplicemente, effettuato una prima votazione con riferimento a tutti i candidati per individuare il primo idoneo, e altrettanto ha fatto, subito dopo, per individuare il secondo idoneo.

Nel merito, non può essere condivisa la tesi dei ricorrenti secondo cui la valutazione dei candidati Orrù e G. sarebbe "la migliore" relativamente ai criteri della quantità e qualità della produzione scientifica e dell’impact factor, dal momento che:

– la quantità è sostanzialmente equivalente ("elevata" quella di Orrù, "consistente" quella di G.; esattamente come quelle, rispettivamente, di Guido e Vanni), e va notato che, comunque, a tutto concedere, resterebbe il fatto che la valutazione di G. (idoneo) è inferiore a quella di Guido (non idoneo);

– la qualità è valutata "ottima" per tutti;

– l’impact factor è menzionato effettivamente solo per Orrù e G. ("buon impact factor"), ma ciò non significa che gli altri due candidati non siano stati valutati sotto tale profilo: è sufficiente la lettura dei giudizi individuali per fugare ogni dubbio sulla valutazione più che positiva conseguita anche dai candidati Guido e Vanni su tale parametro; ad esempio, quanto al candidato Guido: "buon valore di impact factor" (commissario Sarti); "Impact factor di sicuro rilievo internazionale" (commissario Cantarella); "IF…molto elevato…da 2,5 a 3 volte il valore medio dei 12 candidati in esame" (commissario Di Giacomo); quanto al candidato Vanni: "buon valore di impact factor" (commissario Sarti); "impact factor di sicuro rilievo internazionale" (commissario Cantarella); "IF…significativamente superiore al valore medio dei 12 candidati in esame" (commissario Di Giacomo).

A fronte, quindi, di una sostanziale equivalenza dei candidati sotto i profili appena esaminati, si pone un’evidente preminenza dei candidati Guido e Vanni sotto tutti gli altri e, in particolare, sotto quelli della maggiore autonomia e della maggiore originalità della propria attività di ricerca. Una preminenza che la votazione finale ha inspiegabilmente contraddetto ("inspiegabilmente" alla luce, quantomeno, dei criteri rigorosamente giuridici che il collegio si è imposto di seguire ai fini della presente decisione). Né può essere condivisa la pretesa dei ricorrenti di ritenere la votazione in sé dirimente: i principi giurisprudenziali richiamati, in proposito, dalla difesa dei ricorrenti sull’autosufficienza del voto numerico quale espressione sintetica del giudizio tecnico discrezionale della commissione sono inapplicabili ai concorsi universitari, in relazione ai quali la giurisprudenza ha affermato la necessità che vi sia uno sviluppo logico e armonioso tra le fasi procedurali, nel senso che la scelta finale non appaia in illogica contraddizione con gli elementi emergenti dai momenti precedenti, ma sia rivolta a includere fra i vincitori o gli idonei coloro che siano stati indiscutibilmente dichiarati in possesso dei requisiti di maturità. Si richiede, in altri termini, che la preferenza finale non sia manifestamente incoerente con i giudizi che ne sono a presupposto (Consiglio di Stato, sez. VI, 13 maggio 2003, n. 2531).

Resta, pertanto, il fatto incontestabile che l’esito della votazione ha contraddetto quello dei giudizi collegiali precedentemente espressi, siccome sintetizzati nella frase finale di ciascuno di essi.

Bene ha fatto il Rettore, quindi, in presenza di tale macroscopica divergenza tra i giudizi collegiali e la votazione finale, a non approvare gli atti concorsuali invitando la commissione a riconvocarsi per superare l’incoerenza riscontrata.

Alla stregua di tali considerazioni, ritiene il collegio che il primo motivo di ricorso debba essere disatteso perché infondato.

2. E’ infondato anche il secondo motivo.

2.1. Secondo consolidati principi giurisprudenziali, condivisi dalla Sezione, il controllo di regolarità del Rettore disciplinato dall’art. 5 del D.P.R. 117/2000 a garanzia del corretto operato delle commissioni preposte alla selezione ha contenuto pregnante, investendo non solo l’osservanza delle regole formali del procedimento, ma anche la completezza e l’adeguatezza dell’istruttoria, l’assenza di contraddittorietà interna, la congruità e la sufficienza della motivazione (Consiglio Stato, sez. VI, 29 febbraio 2008, n. 754). È vero che la norma di cui all’art. 5 d.P.R. n. 117 del 2000 denomina il controllo del rettore come controllo di "regolarità" degli atti, ma tale espressione è utilizzata evidentemente in senso ampio, senza limitazione alcuna ai vizi minori dell’atto amministrativo, giacchè tale limitazione sarebbe incongrua, in assenza di un preciso disposto che ciò preveda, alla luce dei principi generali del diritto amministrativo che consentono anche le sanatorie di atti illegittimi mediante rinnovazione salvo che a ciò ostino specifici motivi che rendano la rinnovazione impossibile. Pertanto, il potere di rinvio del Rettore alla commissione e l’assegnazione di un termine alla stessa per sanare le irregolarità riscontrate può essere esercitato in relazione a qualsiasi illegittimità sanabile mediante la rinnovazione delle attività amministrative, senza limitazione dei vizi sanabili alle mere irregolarità (Consiglio Stato, sez. VI, 02 maggio 2005, n. 2067).

2.2. Nel caso di specie, il Rettore ha dunque esercitato correttamente il potere di controllo di cui al citato art. 5 D.P.R. 117/2000 avendo riscontrato una macroscopica contraddittorietà tra i giudizi collegiali formulati dalla commissione all’unanimità (alla luce dei quali i soli candidati Guido e Vanni si sono visti riconoscere "i pieni requisiti" per ricoprire un ruolo di prima fascia) e la votazione finale, in esito alla quale sono risultati vincitori, a maggioranza, i candidati Orrù e G., pur essendo risultati entrambi collocati, nell’ambito delle valutazioni collegiali, in una fascia di merito palesemente inferiore ai primi due.

Il Rettore ha invitato correttamente la commissione a riconvocarsi per superare la predetta incoerenza. Ciò si sarebbe potuto ottenere, o modificando la votazione finale per renderla coerente con i giudizi collegiali, oppure modificando questi ultimi per renderli coerenti con la votazione finale. E invece la commissione, riconvocatasi, non ha modificato né gli uni né l’altra, confermando all’unanimità i giudizi collegiali e a maggioranza di tre membri su cinque (gli stessi della volta precedente) la votazione finale.

2.3. I commissari di maggioranza hanno motivato la propria espressione di voto sostenendo – con argomentazione nuova – che i precedenti giudizi collegiali non avevano "tenuto in conto che, esaminando la carriera da associato di alcuni candidati (vedasi tabella in Allegato D), questa non confermava quanto espresso nel giudizio collegiale".

Sembra di comprendere (la motivazione è formulata in termini generici e non facilmente intellegibili) che i predetti commissari abbiano ritenuto, in sede di riesame, che i precedenti giudizi collegiali non avessero valutato adeguatamente il curriculum dei candidati, e, in particolare, "la carriera da associati" dei medesimi; sembra di comprendere che, secondo i predetti commissari, se tale elemento fosse stato valutato correttamente sin dal principio, i giudizi collegiali sarebbero stati formulati diversamente, nel senso cioè di evidenziare la preminenza dei candidati Orrù e G..

Senonchè, come giustamente rilevato dal Rettore nell’atto da ultimo impugnato, tale affermazione dei commissari di maggioranza, per un verso ha confermato l’esistenza di un’incongruenza tra i giudizi collegiali e la votazione finale (imputata dagli stessi commissari di maggioranza ad una insufficiente valutazione iniziale del curriculum dei candidati), e per altro verso avrebbe dovuto indurre i predetti commissari a modificare i giudizi espressi in precedenza, in modo tale da far emergere, già in sede di valutazione collegiale, la preminenza dei candidati Orrù e G. e da rendere coerente con tale giudizio la votazione finale.

Al contrario, all’esito della seduta di riesame, i predetti commissari hanno ritenuto (e verbalizzato) che "non (era) necessario né rivotare né modificare i giudizi già espressi".

Appare quindi corretta la valutazione fatta dal Rettore nel decreto n. 406/2010 nella parte in cui egli afferma che "viene così dalla stessa maggioranza della Commissione confermata la non congruenza tra votazione e giudizio" e che, quindi "la stessa avrebbe dovuto in sede di riesame ripristinare la coerenza tra voti e giudizi evidentemente – come da essa affermato -rivedendo i giudizi per renderli congrui con la votazione".

Bene ha fatto il Rettore, anche in questo caso, a non approvare gli atti del concorso e a nominare una nuova commissione per rinnovare lo svolgimento del concorso, non essendo normativamente prevista la possibilità di un ulteriore rinvio alla stessa commissione. Né si può condividere la tesi dei ricorrenti secondo cui la nuova commissione sarebbe già "condizionata e indirizzata nelle sue conclusioni dai giudizi e dalle volontà espressi dal Rettore… a tutela del candidato locale", dal momento che il Rettore non ha formulato alcuna valutazione di merito, tanto meno a favore del candidato locale: l’unico indirizzo che può trarsi dalle motivazioni dei provvedimenti impugnati è che le valutazioni della nuova commissione dovranno essere improntate a rigorosi criteri di logicità e di coerenza interna.

Il secondo motivo di ricorso è quindi infondato e va respinto.

3. Infine, sono infondati anche i motivi aggiunti.

3.1. Il primo motivo aggiunto è infondato dal momento che la designazione del membro interno della nuova commissione è avvenuta in ossequio a quanto previsto dall’art. 7 del bando di concorso (norma non impugnata dai ricorrenti), secondo cui "Le Commissioni giudicatrici sono costituite mediante designazione di un componente da parte degli Organi della Struttura che ha richiesto il Bando".

La norma del bando, quindi, non attribuisce la competenza a designare il membro interno alla "Facoltà", ma agli "Organi della Struttura che ha richiesto il Bando".

Nel caso di specie, la difesa erariale ha dedotto – e l’affermazione non è stata contestata – che il bando è stato richiesto dal "Dipartimento di Scienza dei Materiali e Ingegneria Chimica", che aveva messo a disposizione le risorse necessarie.

Correttamente, pertanto, la designazione del membro interno della nuova commissione è avvenuta ad opera del "Dipartimento", quale "organo della struttura che ha richiesto il bando": così come previsto dalla citata norma generale non impugnata dai ricorrenti.

3.2. Infine, è infondato anche il secondo motivo aggiunto, dal momento che l’ "illegittimità derivata" degli atti impugnati con tale motivo è esclusa dall’accertata legittimità dei decreti rettorali impugnati con il ricorso principale.

4. In conclusione, alla luce di tutte le considerazioni fin qui esposte, il ricorso e i motivi aggiunti sono infondati e vanno respinti.

Sussistono, peraltro, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite attesa la peculiarità e la complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge e compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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