Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 18-01-2011) 24-06-2011, n. 25367

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Corte d’Appello di Roma, con sentenza 23/12/2009, riformando in parte la decisione 3/10/2005 del locale Tribunale, che confermava nel resto, riteneva le già accordate attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti e riduceva la misura della pena influita a M.R. e B.F. in relazione ai reati di resistenza a pubblico ufficiale e di lesioni volontarie aggravate in danno del carabiniere D.V.V., illeciti per i quali era stata affermata la loro colpevolezza.

Il Giudice distrettuale ricostruiva come segue i fatti.

La sera del (OMISSIS), i Carabinieri del N.O. Radiomobile di Roma erano intervenuti nei pressi di una tabaccheria sita nella zona (OMISSIS), dove era stata segnalata una rapina ad opera di tre giovani;

al loro arrivo, constatato che era in corso un litigio che vedeva coinvolti alcuni giovani "sospettati", tra i quali i due imputati, e il titolare della tabaccheria, avevano provveduto a separare i contendenti e invitato gli imputati a seguirli in caserma per gli opportuni accertamenti; a tale invito era seguita la violenta reazione del M., che, spalleggiato dal B., aveva – dapprima – rivolto frasi offensive all’indirizzo dei militari ed era – poi – passato a vie di fatto, spintonando ripetutamente costoro e colpendo il carabiniere D.V., che riportava lesioni;

l’opposizione attiva dei due imputati all’operato dei militari si era protratta, tanto che si era reso necessario l’intervento di altri numerosi carabinieri, per neutralizzare il comportamento violento dei due giovani. La Corte territoriale ravvisava nel comportamento degli imputati, che avevano concretamente ostacolato l’attività funzionale dei carabinieri, gli estremi dei contestati reati ed escludeva l’invocata esimente dell’atto arbitrario, in quanto i militari dell’Arma, in adempimento di un loro preciso dovere, avevano assunto legittime iniziative, finalizzate ai primi accertamenti in ordine alla denunciata rapina (a nulla rileva che gli imputati siano stati, poi, ritenuti estranei a questa), e si erano visti costretti a fare ricorso anche alla forza, per contenere "la furia scomposta del M.". 2. Hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati.

Il M., tramite il proprio difensore, ha lamentato il vizio di motivazione nell’apprezzamento e nella valutazione della prova, sottolineando, in particolare, che la sua reazione verso i carabinieri era stata determinata dal fatto, avvertito come assolutamente ingiusto, di essersi visto sospettato quale autore della denunciata rapina.

Il B., con atto sottoscritto personalmente, ha dedotto: l) vizio di motivazione in ordine al formulato giudizio di colpevolezza, avendo egli tenuto, nella circostanza, un comportamento meramente passivo; 2) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione alle contestate aggravanti, non esplicitate nella loro consistenza fattuale.

3. I ricorsi sono inammissibili.

La sentenza impugnata, facendo buon governo della legge penale, riposa su un apparato argomentativo che, rigorosamente ancorato alle emergenze processuali, da conto, in maniera adeguata e logica, delle ragioni che giustificano la conclusione alla quale perviene.

La doglianza del M. è manifestamente infondata. La reazione del predetto alla doverosa attività funzionale dei Carabinieri non può ritenersi giustificata dal fatto che egli era ben cosciente di essere estraneo alla rapina di cui era sospettato. I militari dell’Arma, avuto riguardo al contesto in cui si erano trovati ad operare, avevano il dovere di procedere agli opportuni accertamenti e il M., sul quale si erano comunque appuntati i sospetti della persona offesa, non era legittimato ad ostacolare, ricorrendo alla violenza verbale e fisica, tali accertamenti.

Le doglianze del B. in ordine al giudizio di responsabilità espresso a suo carico (primo motivo di ricorso) si risolvono in non consentite censure in fatto alla motivazione della sentenza in verifica. La ricostruzione e la valutazione del fatto, se immuni da vizi logici, devono rimanere prerogativa esclusiva del giudice di merito e non può trovare spazio in questa sede un diversa e alternativa interpretazione delle emergenze processuali.

Manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso del B.. Al di là del rilievo che gli effetti delle contestate circostanze aggravanti sono stati vanificati dalla concessione delle circostanze attenuanti generiche, ritenute prevalenti sulle prime, rileva la Corte che non sussiste la denuncia indeterminatezza del capo d’imputazione sul punto e la conseguente incertezza sulle aggravanti. Queste chiaramente si riferiscono al reato di lesioni, aggravate dal nesso teleologico col reato di resistenza e dalla qualità personale del soggetto passivo (pubblico ufficiale).

Impropriamente il ricorrente denuncia l’incompatibilità dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 10 con il reato di resistenza, considerato che detta aggravante, come si è detto, è riferita al reato di lesioni.

4. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma, che stimasi equa, di Euro mille ciascuno.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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