Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 18-01-2011) 24-06-2011, n. 25364 Detenzione abusiva e omessa denuncia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Gip del Tribunale di Nocera Inferiore, con sentenza 9/1/2008, all’esito del giudizio abbreviato, dichiarava – per quanto qui interessa – S.F., B.G., S.L. e S. L. colpevoli dei reati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni aggravate in danno di alcuni Carabinieri, i primi tre anche della contravvenzione di cui all’art. 697 c.p., i primi due ancora del reato di detenzione illecita e cessione a terzi di cocaina e, ritenuti gli illeciti così come rispettivamente ascritti unificati dal vincolo della continuazione, concesse a tutti gli imputati le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti e alla recidiva come contestate, li condannava a pena ritenuta rispettivamente di giustizia e condizionalmente sospesa per S. L. e Si.Li..

2. A seguito di gravame degli imputati, la Corte d’Appello di Salerno, con sentenza 26/9/2008, riformando in parte la decisione di primo grado, che confermava nel resto, concedeva a S.F. e a B.G., in relazione alla violazione della normativa sugli stupefacenti, la circostanza attenuante del fatto di lieve entità ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5) e riduceva conseguentemente per i predetti la misura della pena.

Il Giudice distrettuale riteneva che la responsabilità degli imputati in ordine ai reati loro rispettivamente addebitati emergeva chiara dalle risultanze processuali: quanto al reato di detenzione e cessione di cocaina, S.F. aveva reso ampia confessione, con contestuale chiamata in correità della B., additata quale custode della sostanza, e tale dato probatorio aveva trovato riscontro nel ripetuto tentativo di quest’ultima, constatato direttamente dai verbalizzanti, di disfarsi in ogni modo della sostanza che custodiva sulla propria persona; i reati di resistenza a pubblico ufficiale e di lesioni aggravate erano provati dalle attendibili e dettagliate testimonianze dei Carabinieri, destinatari, nel mentre svolgevano la loro attività funzionale, degli atti di violenza posti in essere dagli imputati; la contravvenzione di cui all’art 697 c.p. era oggettivamente provata dal rinvenimento del proiettile cal. 38 special in un locale pacificamente nella disponibilità dei primi tre imputati. Riteneva, inoltre, quanto al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, che il modesto dato ponderale e le modalità della condotta per così come evidenziatasi imponevano il riconoscimento dell’attenuante di cui al comma 5 della richiamata norma.

3. Hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati.

Tutti hanno lamentato la violazione della legge penale, con riferimento agli art. 337, 582 e 585 c.p., per essere stati ricostruiti i fatti sulla base del racconto dei militari, senza considerare i rilievi e le riserve avanzate sull’attendibilità dei dichiaranti. La B. ha anche denunciato la violazione di legge, con riferimento al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, non potendosi ritenere il suo concorso nel reato soltanto "perchè alcuni quantitativi di stupefacente erano stati rinvenuti sulla sua persona". 4. I ricorsi sono inammissibili.

La sentenza impugnata fa buon governo della legge penale e riposa su un apparato argomentativo che, in stretta aderenza alle risultanze processuali, apprezzate e valutate in maniera adeguata e logica, da conto, come si evince da quanto innanzi sintetizzato, delle ragioni che giustificano la conclusione alla quale perviene.

I ricorrenti, tradendo la formale enunciazione del motivo di ricorso, censurano sostanzialmente la motivazione della sentenza impugnata non sotto il profilo della contraddittorietà o della manifesta illogicità, ma sotto quello relativo alla valutazione dei fatti, prospettando una diversa e alternativa interpretazione degli stessi sulla base – per altro – di rilievi meramente assertivi e congetturali, operazione questa non consentita in questa sede, considerato che la valutazione in fatto, se immune da vizi logici, deve rimanere prerogativa esclusiva del giudice di merito.

5. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma, che stimasi equa, di Euro 1000 ciascuno.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille, ciascuno in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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