CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE – SENTENZA 24 novembre 2009, n.24701 SUPERFICIE E SERVITU’

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Motivi della decisione

1.1 – Con il primo motivo di censura si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 ce. per avere il giudice d’appello interpretato il contratto oggetto di causa soltanto in base al tenore letterale, e non anche secondo il tenore complessivo dell’atto, dal quale risultava chiaramente la volontà delle parti di impedire che il fabbricato costruendo sul fondo del G. potesse elevarsi oltre il limite del gradino del portone del M., il che equivaleva ad imporre a carico del futuro fabbricato ed a favore del palazzo M. una servitù altius non tollendì. L’espressione valorizzata dalla Corte di merito, e cioè che i muri del facendo fabbricato non dovevano farsi così esili che facciano sorgere pericolo per ogni fabbrica o peso superiore, era, secondo la ricorrente, assolutamente marginale ed eventuale rispetto al significato delle altre espressioni usate dalle parti, dalle quali si desumeva chiaramente il fine pratico perseguito, che era quello di scongiurare il pericolo che il G., già titolare di una concessione ad aedificandum sul fondo contiguo, soprelevasse oltre il limite del gradino, limitando cosi la visuale fino ad allora goduta dal M..

2 – Col secondo motivo si denunciano violazione e falsa applicazione degli arti. 1366 e 1367 ce. per non avere il giudice d’appello considerato, nell’interpretare il contratto, che se le parti avevano proceduto alla "vendita dell’aria" soprastante il futuro fabbricato G., erroneamente qualificata nella sentenza come diritto di superficie, e quindi se l’intenzione era soltanto quella di consentire al M. di edificare sul detto fabbricato, non avrebbe avuto alcun senso prevedere che il futuro fabbricato G. non poteva superare l’altezza del gradino del palazzo M..

3 – Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1368 c.c. per non avere il giudice d’appello tenuto conto, nell’interpretare il contratto, del contesto storico – giuridico in cui il contratto si collocava. Sotto il vigore del vecchio codice, infatti, i cosiddetti contratti di "vendita d’aria" costituivano una tipologia contrattuale diffusa a cui si faceva ricorso al fine di evitare che la sopraelevazione di fabbricati da parte degli acquirenti, possessori o comunque proprietari di terreni generalmente sottostanti ad altri avvenisse in danno dei proprietari, dei possessori e, più in generale, di chi aveva in godimento i fondi soprastanti. Anche se l’attuale giurisprudenza è concorde nel ritenere che siffatti contratti non danno luogo ad una proprietà fondiaria, bensì a un diritto reale su cosa altrui qualificabile come un diritto di superficie, la Corte d’appello non poteva esimersi, nell’interpretare il contratto, dal ricontestualizzare l’atto al fine di individuare quell’assetto di interessi che attraverso di esso le parti avevano inteso realizzare.

4 – Col quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art.1322, 2°comma, c.c. per non avere il giudice d’appello salvaguardato, nell’interpretare il contratto, l’autonomia negoziale che le parti avevano inteso esprimere nel dar vita al contratto in questione.

5 – Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 952 e 1027 e segg. c.c. per avere la Corte d’appello ritenuto, sulla base della premessa che non era possibile la costituzione sullo stesso fondo contemporaneamente di un diritto di superficie e di un diritto di servitù altìus non tollendi, che, con il contratto del 1881, le parti avevano inteso costituire un diritto di superficie e non un diritto di servitù. Non ha considerato la Corte di merito che il codice civile del 1865, sotto il cui vigore era stato stipulato il contratto, non prevedeva il diritto di superficie e, quindi, se un unico diritto le parti avessero inteso costituire, questo non poteva che essere un diritto di servitù, costituito al fine di salvaguardare la veduta del fabbricato M..

6 – Con il sesto motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo per avere la Corte di merito posto a base della decisione un isolato precedente giurisprudenziale, facendone da questo derivare l’interpretazione del contratto, che invece avrebbe dovuto compiere anzitutto prendendo in esame il contratto ed il suo contenuto accertando qual’era stato lo scopo che le parti avevano inteso perseguire.

II – I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente perché strettamente connessi, meritano accoglimento entro i limiti di seguito esposti.

Il contratto concluso nel lontano 1881 dai rispettivi danti causa delle parti, nella parte che interessa ai fini del presente giudizio, stabiliva che: 1) il costituito F. G. vende, cede ed aliena, da oggi in piena proprietà ed usufrutto all’altro costituito signor M., che accetta, tutta l’aria superiore del fabbricato faciendo nello scavamento di terreno di recente fatto nel punto del di lui orto. Detto futuro fabbricato dovrà tenersi fino al livello del gradino del portone del palazzo M. al quale dovrà essere portato il muro già costruito. La grossezza degli altri muri da fare sarà osservata a regola d’arte ma non però che possano farsi così esili che facciano sorgere pericolo di crollo per ogni fabbrica o peso superiore…. 2) il M. potrà disporre e godere dell’aria acquistata, da oggi e con ogni diritto e ragione senza riserva alcuna.

La Corte d’appello, esaminato il contenuto di tali pattuizioni, ha ritenuto che i contraenti avevano inteso costituire a carico del futuro fabbricato G. soltanto un diritto di superficie a favore del M., e non anche una servitù altìus non tollendi a favore del palazzo di cui il M. era proprietario.

A tale conclusione la Corte di merito è pervenuta partendo dal presupposto, fondato sulla sentenza dì questa Corte n. 948/78 relativa ad un caso analogo, che non è ammissibile la contemporanea costituzione su un unico bene ed a favore del medesimo soggetto di un diritto di superficie e, al tempo stesso, di una servitù altius non tolìendi a causa dell’incompatibilità degli interessi contrapposti che verrebbero a concentrarsi in capo ad un medesimo soggetto. Di conseguenza, nel procedere all’interpretazione della volontà dei contraenti, ha valutato la portata dell’accordo negoziale ponendosi esclusivamente nell’ottica, seguita da quella lontana pronunzia, dell’incompatibilità tra i due diritti, uno dei quali comportava necessariamente l’esclusione dell’altro, giungendo alla conclusione che il diritto costituito dalle parti con l’atto del 1881 era esclusivamente un diritto di superficie, ormai estinto per non uso protrattosi per oltre vent’anni, e non anche una servitù altius non tolìendi a carico del futuro fabbricato G. ed a favore del palazzo di proprietà del M..

Poiché costituisce principio pacifico che, sia per l’attuale codice civile sia per quello abrogato, il diritto reale su uno spazio aereo, separato dalla proprietà del sottostante immobile, non può essere qualificato come proprietà fondiaria, ma come un diritto reale di superficie (ex plurimìs: Cass. 10498/94), la qualificazione data dal giudicante alla "vendita d’aria" conclusa tra il M. ed il G. nel 1881 come negozio costitutivo del detto diritto reale non presta il fianco a censure essendo incontestabile, in base al tenore delle su riportate clausole contrattuali, l’intenzione delle parti di attribuire al M., una volta ultimato il fabbricato G., il diritto, che è proprio del superficiario, di erigere sullo spazio aereo soprastante una costruzione costituente oggetto di proprietà separata da quella altrui. Vanno, perciò, disattesi il secondo ed il quinto motivo di ricorso nella parte in cui si sostiene l’erroneità della suddetta qualificazione in quanto, se un unico diritto doveva ritenersi costituito con quelle clausole, si trattava certamente di un diritto di servitù e non di un diritto di superficie.

Sono, invece, fondate le restanti censure mosse alla sentenza impugnata, tutte riguardanti l’impossibilità, affermata dalla Corte d’appello, dì ritenere costituita, con le medesime clausole contrattuali, anche una servitù altius non tollendi a carico del fabbricato G. ed a favore del palazzo M..

L’interesse che le parti, nell’esercizio dell’autonomia negoziale, mirano a regolare al momento della conclusione del contratto va individuato in relazione non soltanto alla situazione attuale ma anche alle possibili situazioni future.

Ponendosi in tale prospettiva, e considerata la diversa disciplina che il diritto di superficie e il diritto di servitù trovano nell’ordinamento, in specie sotto il profilo degli effetti rispettivamente prodotti per ciascuno di essi dal decorso del tempo – il primo è destinato ad estinguersi per non uso protrattosi per vent’anni, mentre per la servitù il periodo di prescrizione inizia a decorrere solo con un atto contrario all’esercizio della servitù proveniente dal proprietario del fondo servente – non può escludersi sul piano astratto la possibilità che le parti del contratto, intendendo privilegiare nel tempo la posizione di una sola di esse, impongano all’altra una duplice limitazione del diritto di proprietà, i cui effetti sono destinati a prodursi anche in futuro in dipendenza delle possibili situazioni che andranno a verificarsi. In quest’ottica, la contemporanea costituzione, a carico del medesimo immobile e tra gli stessi soggetti, sia di un diritto di superficie sia di una servitù altìus non tollendi risponde allo scopo di assicurare ad uno solo di essi una posizione di privilegio perdurante nel tempo, in quanto consente al superficiario la scelta di edificare sullo spazio aereo oppure di mantenere la visuale sull’altrui fabbricato anche dopo l’estinzione per non uso del diritto di superficie.

Se esaminata nella proiezione futura, la concentrazione in capo al medesimo soggetto di entrambi i diritti non determina incompatibilità tra interessi contrapposti, ma, rendendo possibile l’esercizio dell’uno in caso di mancato esercizio dell’altro, rappresenta lo strumento che consente di realizzare lo scopo avuto di mira dai contraenti.

Né sono ravvisabili profili di incompatibilità derivanti da eventuali successivi mutamenti nella titolarità di entrambi i diritti, o di uno soltanto di essi in conseguenza di possibili trasferimenti a terzi, ove si consideri che, nel primo caso, il terzo subentra nella medesima posizione del dante causa, e, nel secondo caso, la cessione al terzo di uno soltanto dei due diritti comporta l’implicita rinunzia del cedente al diritto residuo.

In conclusione, alla luce del principio dell’autonomia negoziale, deve ritenersi consentita la possibilità della contemporanea costituzione, a carico dello stesso immobile e tra le stesse parti, sia di un diritto di superficie avente ad oggetto lo spazio aereo soprastante l’immobile, sia di un diritto di servitù altius non tollendi, restando compito del giudice di merito, nel ricercare la comune intenzione dei contraenti, accertare se la volontà delle parti sia stata quella di assicurare, con tale assetto negoziale, una posizione di privilegio ad una parte rispetto all’altra, concrentantesi nella facoltà di scegliere tra l’edificazione oppure nel mantenimento della visuale anche dopo che il diritto di superficie sia estinto per non uso.

L’indagine va compiuta con particolare cura in presenza di un contratto di "vendita d’aria" stipulato sotto il vigore del codice civile previgente, che non prevedeva tra i diritti reali in re aliena il diritto di superficie. In tal caso, infatti, deve accertarsi se, in relazione al complessivo accordo riguardante l’immobile oggetto della ‘Vendita d’aria", le parti intesero riferirsi soltanto alla cessione a fini edificatori dello spazio aereo soprastante l’immobile oppure porre a carico dì questo ulteriori limitazione del diritto di proprietà.

Nel caso di specie l’indagine compiuta dalla Corte di merito non appare esaustiva, in quanto l’interpretazione delle citate clausole contrattuali, condotta esclusivamente sul presupposto erroneo dell’impossibilità di costituire contestualmente, tra le stesse parti e sul medesimo immobile, entrambi i diritti in discussione, è stata da tale presupposto inevitabilmente condizionala. Ed infatti le considerazioni svolte a tale riguardo nella sentenza impugnata, certamente idonee a giustificare, sotto il profilo sia letterale che logico, la conclusione raggiunta dal giudicante in ordine alla costituzione del diritto di superficie, non sono decisive invece per escludere — soprattutto con riferimento all’imposizione a carico del costruendo fabbricato G. del limite insuperabile di altezza rappresentato dal gradino del portone di palazzo M. – la contemporanea costituzione a carico di tale costruzione anche di una servitù altius non tollendi

Pertanto, confermata la sentenza nella parte riguardante l’affermata costituzione del diritto di superficie e l’estinzione dello stesso per non uso, ed accogliendo il ricorso nel resto, la sentenza va cassata con rinvio al giudice a quo, il quale, riesaminato il contenuto delle clausole contrattuali in discussione, stabilirà se le parli intesero costituire sul fabbricato G. anche una servitù altius non tollendi a favore dell’edificio di proprietà M. ed a carico del sottostante fabbricato G..

Il giudice di rinvio procederà anche a liquidare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Catanzaro in altra composizione .

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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