T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 01-07-2011, n. 5804

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con l’impugnativa in esame, le ricorrenti hanno impugnato, per l’annullamento, gli atti con cui AGEA ha comunicato il calcolo del prelievo supplementare dalle stesse dovuto per l’annata lattiera 2008/2009.

Al riguardo, le ricorrenti hanno proposto i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione della legge n. 241 del 1990, in particolare degli articoli 1, 7 e 8, per mancata comunicazione di avvio del procedimento e per violazione del principio di trasparenza ed economicità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost.; eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti, contraddittorietà, carenza di motivazione e di istruttoria.

L’AGEA, prima dell’invio degli atti impugnati, non ha comunicato l’avvio del procedimento, impedendo alle interessate di poter interloquire con l’amministrazione.

2) Violazione e falsa applicazione della legge n. 241 del 1990 nel procedimento accertativo del quantitativo di riferimento individuale (QRI) e del prelievo supplementare, in particolare eccesso di potere per violazione del principio di trasparenza ed economicità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost., per erronea valutazione dei fatti, contraddittorietà, carenza di motivazione e di istruttoria.

Le comunicazioni impugnate sono, altresì, illegittime perché non hanno seguito la procedura di cui alla legge n. 33 del 2009 che impone ad AGEA di accertare previamente la debenza del prelievo. AGEA, al contrario, ha demandato tale compito agli allevatori, dopo aver inviato le intimazioni di pagamento di che trattasi.

Non è dato, poi, comprendere quali sono i dati dai quali AGEA ha desunto i prelievi dovuti, non potendosi ritenere che gli stessi siano affidati a meri criteri matematici, e quindi inopinabili.

A ciò si aggiunga che è stata istituita una Commissione di indagine sul tenore di materia grassa che potrebbe inficiare la correttezza dei calcoli effettuati da AGEA;

3) Illegittimità comunitaria derivata degli articoli 2, 5, 9 e 10 della legge 119 del 2003 e dell’articolo 3, comma 1, del D.M. 31 luglio 2003, per violazione e falsa applicazione dei Reg. CE n. 3950/1992 e 536/1993, dei Reg. CE nn. 1265/1999 e 1392/2001, nn. 749/01 e 603/01 e nn. 1788/2003 e 595/2004; violazione dei principi comunitari di irretroattività dell’azione amministrativa, di legittimo affidamento e di certezza del diritto; eccesso di potere per insufficiente ed inadeguata istruttoria, disparità di trattamento, illogicità ed ingiustizia manifesta.

Le QRI assegnate ai singoli produttori non sono mai state corrette e, in molte occasioni, sono state congelate in sede giudiziale.

Altresì, proprio per la difficoltà di quantificazione, le QRI sono state oggetto di assegnazione retroattiva, in violazione dei principi di legittimo affidamento e di certezza del diritto, di derivazione comunitaria.

Ciò è stato reiterato nel tempo e anche l’assegnazione dell’annata lattiera 2008/2009 è stata il frutto della reiterazione di un dato storico.

Altresì non vi è mai stato un reale e capillare controllo delle produzioni aziendali sia al fine di verificare le effettive capacità aziendali, sia per accertare l’entità della produzione nazionale di latte;

4) Violazione del diritto comunitario e dei Reg. CE nn. 3950/1992, 1392/2001, 1788/2003 e 595/2004 e dei principi statuiti dalla CGCE.

La legge n. 119 del 2003 avrebbe dovuto essere disapplicata per violazione dei principi comunitari e dei regolamenti emanati in materia anche perché non sussiste l’obbligo per i primi acquirenti di procedere alla trattenuta nei confronti dei produttori.

Altresì, il pagamento del prelievo sarebbe da ritenersi dovuto solo se sia stato sforato il quantitativo globale dell’intera Comunità, previa compensazione tra le produzioni dei singoli Stati membri.

In caso contrario, i regolamenti comunitari si porrebbero in contrasto con i principi del Trattati UE in materia di politica agricola comune.

Si è costituita AGEA per resistere al ricorso.

Con l’ordinanza n. 1042/2010, sono stati disposti incombenti istruttori, adempiuti da AGEA con la produzione dell’ottobre 2010.

Alla pubblica udienza del 16 marzo 2011, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

1. Con riferimento al primo motivo e, più in generale, sull’applicabilità al sistema delle c.d. "quote latte", va osservato che la Sezione (per tutte, TAR Lazio, sez. II Ter, 10 maggio 2010, n. 10588 e 15 dicembre 2008, n. 11376) come il Consiglio di Stato (per tutte, sez. VI, 19 marzo 2009, n. 1629 e 8 giugno 2009, n. 3487), sul punto, hanno già avuto occasione di esprimersi ritenendo che, nei procedimenti come quello in esame, non sussiste difetto di motivazione e violazione delle norme sulla partecipazione al procedimento, in quanto la procedura stessa è caratterizzata dall’attribuzione ai produttori di un quantitativo provvisorio, in genere uguale al dato storico dell’anno precedente, che è loro comunicato con possibilità di indicare eventuali nuovi elementi; inoltre, il provvedimento di determinazione finale degli importi dovuti costituisce l’esito di mere operazioni aritmetiche e, comunque, è anche in questo caso comunicato ai produttori e ai primi acquirenti, che possono entro venti giorni inviare ogni documentazione utile per procedere alla modifica dell’importo; da ciò deriva che la partecipazione al procedimento è assicurata e che, anche esercitando il diritto di accesso agli atti, le aziende possono verificare i conteggi, la cui determinazione non richiede una motivazione, trattandosi appunto di un mero calcolo, sulla base di dati comunque contenuti negli atti delle amministrazioni.

Ciò posto, non si hanno motivi per discostarsi da quanto esposto in precedenza e, pertanto, il motivo può essere rigettato.

2. Con il secondo motivo, le ricorrenti lamentano ancora la non correttezza dei dati che hanno portato all’imputazione dei prelievi impugnati.

Ora, in disparte la genericità delle censure proposte già stigmatizzata dalla Sezione (per tutte, la citata sentenza TAR Lazio, Sez. II Ter, 15 dicembre 2008, n. 11376) in casi analoghi (seppure riferite ad annate diverse), non può non osservarsi che le ricorrenti richiamano, per fondare la propria prospettazione, la legge n. 33 del 2009 che non è immediatamente applicabile alla fattispecie in esame, riguardante la richiesta di prelievo supplementare per l’annata lattiera 2008/2009.

La legge n. 33 del 2009 (già esaminata dalla Sezione con una serie di pronunce – per tutte, 16 febbraio 2010, n. 2267 e 17 febbraio 2010, n. 2377) riguarda la procedura di rateizzazione dei prelievi supplementari, liquidi ed esigibili (secondo la definizione del legislatore del 2009, ovvero anche di quelli per i quali risulta pendente una controversia), risultati non corrisposti dagli interessati a partire dall’avvio del sistema delle quote – latte.

La procedura di rateizzazione prevede, tra l’altro, l’iscrizione dei debiti nel Registro nazionale, come in effetti avvenuto, ma tale adempimento non costituisce certo il presupposto per l’imputazione (ordinaria) del prelievo relativo all’annata di che trattasi.

Lo stesso vale con riferimento al richiamo all’istituzione della Commissione di indagine sul tenore di materia grassa che, secondo le ricorrenti, potrebbe inficiare la correttezza dei calcoli effettuati da AGEA.

Anche su tale punto, la Sezione si è già espresso in passato con molte pronunce (per tutte, TAR Lazio, sez. II Ter, 17 febbraio 2010, n. 2373) ritenendo che le risultanze anche retrospettive dell’indagine della Commissione non possono che valere per il futuro in quanto i calcoli sul tenore di materia grassa non si prestano ad essere rielaborati per il passato con riferimento ad ogni singolo produttore.

Il Collegio, anche in questo caso, non ha motivo per discostarsi da quanto già esposto – e finora non smentito – sul punto.

3. Con il terzo motivo, le ricorrenti ripropongono le censure relative all’illegittima attribuzione dei quantitativi individuali di riferimento, perché all’inizio avvenuta retroattivamente e, poi, reiterata basandosi sul dato storico.

Anche su tale punto, il Collegio si limita a richiamare le varie pronunce che hanno affrontato la complessa problematica (per tutte, la citata sentenza TAR Lazio, sez. II Ter, 10 maggio 2010, n. 10588, in questa parte ormai passata in giudicato).

In quella sede, è stata affrontata la problematica dell’assegnazione retroattiva delle QRI e si è sottolineato che tale condotta dell’amministrazione era stata ritenuta dalla Corte di Giustizia della CE non violativa dei principi comunitari.

La Sezione, nel riportarsi integralmente a quanto esposto sul punto nella pronuncia richiamata, ritiene che, in disparte ancora una volta la genericità delle censure (per tutte, cit. TAR Lazio, sez. II Ter, 15 dicembre 2008, n. 11376), la modalità di assegnazione delle quote ai singoli produttori non abbia leso neanche il c.d. principio di derivazione comunitaria della "certezza del diritto" in quanto, come la Corte di Giustizia della CE ha avuto in più occasioni modo di affermare (per tutte, CGCE, Sez. II, 3 settembre 2009 – C 2/08), tale principio (della certezza del diritto) non può ragionevolmente giustificare né comunque essere di ostacolo all’applicazione effettiva delle norme comunitarie poiché ciò dovrebbe essere considerato in contrasto con il principio di effettività.

La censura va, pertanto, respinta.

4. Con il quarto motivo, le ricorrenti, da un lato, lamentano il contrasto con la normativa comunitaria dei criteri di compensazione previsti dalla legge n. 119 del 2003, dall’altro, deducono profili di illegittimità comunitaria degli stessi regolamenti CE in tema di "quote latte" con i principi del Trattato CE (ora TFUE), per la mancata previsione della compensazione tra Stati membri.

4.1 Con riferimento al primo profilo, la Sezione si è espressa in più occasioni (per tutte, la citata sentenza n. 10588/2010, in questa parte riformata dal Consiglio di Stato, sez. VI, n. 2941/2011).

Con la citata sentenza n. 10588/2010, invero, è stata affrontata la questione della compatibilità comunitaria dei criteri di compensazione previsti dall’allora vigente legge n. 43 del 1999.

In quella sede, i criteri di compensazione previsti dall’allora vigente legge n. 43 del 1999 sono stati ritenuti confliggenti con il Reg. CE n. 3950/1992 e uno degli argomenti (normativi) spesi per fondare tale convinzione è stata la successiva normativa comunitaria (in particolare, il Reg. CE n. 1788/2003) che, invece, legittimava il legislatore nazionale a introdurre criteri di compensazione come quelli previsti dalla legge n. 119 del 2003.

Sul punto, il Consiglio di Stato, con la predetta sentenza n. 2941/2011, ha riformato la pronuncia della Sezione che aveva disapplicato la legge n. 43 del 1999 nella parte in cui fissava i criteri di compensazione tra QRI individuali, confermando la compatibilità comunitaria della legislazione nazionale e, di conseguenza, anche quella introdotta dalla successiva legge n. 119 del 2003 (su cui la Sezione si è già espressa, come detto, favorevolmente e che, sul punto, il giudice di appello non ha smentito bensì ha, seppure indirettamente, confermato).

A tale proposito, questa Sezione ha, peraltro, ribadito (cfr TAR Lazio, sez. II Ter, 9 maggio 2011, n. 3991) – proprio in ragione della complessità della questione che ha comportato le suddette oscillazioni interpretative – di condividere le argomentazioni del giudice di appello, anche nell’ottica di garantire una linea interpretativa unitaria a garanzia del principio di certezza del diritto, di derivazione comunitaria.

4.2 Sul secondo punto, appare opportuno rilevare che non è detto che non si arrivi ad assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola ai sensi del comma 1, lett. b) dell’articolo 39 del trattato sul funzionamento dell’unione europea, nel rispetto di quanto previsto dal precedente articolo 38 del medesimo trattato; peraltro, al riguardo, è opportuno richiamare la cd. "teoria atto chiaro" secondo cui il giudice nazionale ha esclusivamente il compito di accertare se la corretta applicazione del diritto comunitario si imponga con un’evidenza tale da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio, e di conseguenza, di decidere di astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto comunitario.

5. In conclusione, il ricorso va respinto.

6. Le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti, trattandosi comunque di questioni complesse.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. Seconda Ter, respinge il ricorso in epigrafe.

Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *