T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 01-07-2011, n. 5802 Commercio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso, notificato il 16 marzo 2010 e depositato il successivo 18 marzo, l’interessato, quale locatore dell’Azienda preposta alla vendita di generi non alimentari (anche calzature) nei locali in Roma Via Napoleone III nn. 66/68 (Rione Esquilino) a favore della Cheng Xin Srl, ha impugnato gli atti meglio specificati in epigrafe perché lesivi del proprio interesse connesso alla legittima continuazione dell’esercizio dell’attività di vendita di calzature così come risulta consentito per effetto della comunicazione di inizio attività (CIA) presentata in data 21.3.2000.

Al riguardo, il medesimo ha prospettato come motivi di impugnazione la violazione di legge e l’eccesso di potere sotto svariati aspetti sintomatici.

A seguito dell’accoglimento della prima domanda cautelare (ord. n. 1804/2010) da parte di questa Sezione, con cui si chiedeva al Comune di Roma un riesame delle vicenda in contestazione, il dirigente della UOASportello Unico Attività Produttive del Municipio Roma Centro Storico ha riesaminato la determinazione dirigenziale n. 2254 del 17.12.2009 confermando, però, comunque la cessazione dell’attività di vendita del genere merceologico non alimentare delle calzature.

Per l’annullamento di tale ultima determinazione è stato inoltrato apposito atto contenente motivi aggiunti, notificato il 26 novembre 2010 e depositato il successivo 30 novembre, prospettando in sostanza le stesse doglianze contenute nel ricorso principale.

Si è costituito in giudizio il Comune di Roma, il quale ha eccepito l’infondatezza delle doglianze di parte ricorrente, facendo leva sul dato concreto delle delibere del Consiglio Comunale che vietavano – sin dal 2005 – i nuovi esercizi di vendita di prodotti merceologici delle calzature nel Rione Esquilino.

Nelle Camere di Consiglio, rispettivamente del 26 aprile 2010 e del 14 gennaio 2011, con le ordinanze nn. 1804/10 e 196/11 questo Tribunale ha accolto le due distinte domande di sospensione degli effetti dei rispettivi provvedimenti impugnati.

All’udienza del 18 maggio 2011 la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

Preliminarmente occorre precisare che l’oggetto del gravame, nonostante la proposizione dei motivi aggiunti, è sempre lo stesso provvedimento di diniego o, comunque, l’ordine di cessazione dell’attività di vendita, nell’ambito del settore non alimentare, del genere merceologico delle "calzature", che è stato riadottato per effetto dell’ordinanza con cui questa Sezione che ha richiesto all’Amministrazione resistente il riesame della vicenda in contestazione con la proposizione del ricorso principale.

Partendo dalla ricostruzione storica, normativa e deliberativa compiuta dalla difesa del Comune di Roma si desumono alcuni dati essenziali ai fini della risoluzione della questione sottoposta all’esame di questo Collegio.

In data 21 marzo 2000 il sig. H.Y. ha comunicato al competente Ufficio del Comune di Roma l’inizio dell’attività di vendita dei generi di "abbigliamento ed accessori di abbigliamento" nei locali di Via Napoleone II nn. 66/68.

Sopraggiunta la stipula di un contratto di locazione d’azienda, il legale rappresentante della Società Cheng Xin Srl ha comunicato il 4.2.2009 il proprio sub ingresso per effetto del predetto contratto di locazione.

In tale contesto, si è ritenuto che, sin dalla prima dichiarazione, il genere merceologico delle "calzature" non fosse contenuto nell’implicata autorizzazione poiché non prevista dalla normativa regolamentare di settore, stabilita appunto dal Comune di Roma per il Quartiere Esquilino. Sulla base di tale assunto l’Amministrazione ha ritenuto che l’attività commerciale effettivamente iniziata nell’anno 2000 fosse quella di cui alla comunicazione e che la vendita di calzature fosse stata aggiunta di recente quando la stessa, per effetto della delibera del C.C. n. 10/2009, era in realtà vietata nella zona del Quartiere Esquilino.

Come giustamente rilevato dalla parte ricorrente nel primo motivo di gravame, già l’articolo 5 del D.Lgs. n. 114 del 1998 – che ha distinto l’attività commerciale in due soli settori merceologici: "alimentare" e "non alimentare" – ha comportato il superamento delle 14 tabelle merceologiche previste dalla precedente disciplina di cui alla legge n. 426 del 1971,.

Tale innovazione normativa è stata ribadita anche dall’art. 3 del D.L. n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006, laddove sono state vietate le limitazioni quantitative all’assortimento merceologico offerto negli esercizi commerciali, fatta salva la distinzione tra settore alimentare e non alimentare.

Siccome al momento della prima CIA, in data 21 marzo 2000, da parte del sig. H.Y., nella vendita di generi non alimentari non era consentito fare alcuna limitazione di carattere quantitativo indiscriminato, non poteva che intendersi, diversamente dall’interpretazione enunciata dal Comune di Roma, che quella stessa dichiarazione fosse comunque riferita a tutte le tipologie di vendita comunque rientranti nel genere non alimentare, quindi anche alle calzature.

Da ciò consegue che, comunque, al momento dell’adozione delle distinte delibere del Consiglio Comunale di Roma che hanno avuto, su piani diversi di applicazione delle norme regionali di settore, il compito di disciplinare in maniera più dettagliata l’apertura di nuove attività commerciali nel Quartiere Esquilino, l’esercizio commerciale del ricorrente, essendo riferito al solo dato significativo di genere "non alimentare", non poteva che intendersi, come in realtà è stato e salva diversa prova contraria prodotta dall’Amministrazione procedente, riferita anche alla vendita delle "calzature".

Il divieto contenuto nella delibera n. 10 del 2009, seppure già desumibile dalla deliberazione del Consiglio Comunale n. 33 del 2005, non poteva che riferirsi, anche in virtù del dato letterale delle stesse deliberazioni, all’apertura di nuovi esercizi commerciali e non a quelli già esistenti.

Gli argomenti esposti dalla difesa del ricorrente sia nel ricorso principale che nell’atto contenente motivi aggiunti devono pertanto essere ritenuti fondati, a nulla rilevando ogni altra censura riferita alla stessa delibera consiliare n. 10 del 2009, per l’evidente errore interpretativo ed applicativo compiuto dal Dirigente responsabile.

Per tutte le ragioni espresse, il Collegio accoglie il ricorso e, conseguentemente, annulla i provvedimenti con cui si impone la cessazione della vendita delle "calzature" nei locali siti in Via Napoleone III n. 66/68 perché viziati da violazione di legge ed eccesso di potere per errore nei presupposti.

Le spese seguono, come di norma, la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati nei termini di cui in motivazione.

Condanna il Comune di Roma al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi Euro 2.000,00 (duemila/00) a favore del ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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