Cass. pen., sez. II 12-06-2008 (10-06-2008), n. 24072 Dichiarazione o elezione di nuovo domicilio – Comunicazione intervenuta dopo l’inoltro dell’atto all’ufficiale giudiziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza del 2.3.2007, il Tribunale di Napoli dichiarò B. M. responsabile dei reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), artt. 632 e 633 cod. pen. D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 83 e 95, unificati sotto il vincolo della continuazione e – concesse le attenuanti generiche – la condannò alla pena di giorni 20 di reclusione ed Euro 200,00 di multa, pena sospesa, ordine di demolizione.
Avverso tale pronunzia l’imputata propose gravame ma la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 7.1.2008, confermò la decisione di primo grado.
Ad avviso dei giudici di merito l’imputata aveva invaso il suolo altrui praticando, in assenza di permesso, uno scavo e sostituendo una muratura di un box auto, in zona sismica, omettendo di depositare prima dell’inizio dei lavori i progetti.
Ricorre per cassazione l’imputata deducendo:
1. violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la Corte territoriale non avrebbe considerato che ai box sarebbe applicabile la L. n. 122 del 1989 che, all’art. 9, comma 1, prevede che i proprietari di immobili possono realizzare parcheggi anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi, avvalendosi della dichiarazione di inizio attività, così come la d.i.a. è prevista per i posteggi sotterranei dalla L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 60, purchè abbiano natura pertinenziale; pertanto non si sarebbe in presenza del completamento di un’opera abusiva perchè non necessitava di permesso;
2. violazione di legge e vizio di motivazione perchè la sostituzione della parte terminale del box non sarebbe comunque completamento di un’opera abusiva ma un intervento di ordinaria manutenzione, sicchè la consumazione dell’illecito dovrebbe essere retrodatata con conseguente prescrizione del reato;
3. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dei reati di cui agli artt. 632 e 633 cod. pen. in quanto non vi sarebbe lesione all’integrità della proprietà; in ogni caso uno sconfinamento di soli 60 centimetri non avrebbero concretamente leso i beni giuridici protetti dalle norme;
4. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla tardività della querela in quanto una missiva agli atti evidenzierebbe che la querelante era da tempo a conoscenza dei fatti.
Impugnando l’ordinanza 7.1.2008 della Corte d’appello, l’imputata eccepisce la nullità della notifica dell’estratto contumaciale in quanto, prima della notifica aveva eletto domicilio presso il difensore, ma la notifica avvenne al suo domicilio.
Infine chiede la correzione di errore materiale in quanto l’indicazione all’art. 44, lett. C), capo a) sarebbe erronea e dovrebbe intendersi riferita alla lettera B) dello stesso articolo.
Il primo ed il terzo motivo di ricorso sono inammissibili perchè non furono dedotti in appello.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perchè manca in esso ogni correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione.
Il motivo di ricorso è sostanzialmente coincidente con il motivo di appello e non una parola e spesa per confutare le argomentazioni del giudice di appello che ha – con dettagliata motivazione – rigettato tale motivo.
Infatti la Corte territoriale ha spiegato che i lavori non erano di ordinaria manutenzione ma finalizzata a sostituire una parte in terreno con una in calcestruzzo.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, il fatto che nessuna argomentazione sia svolta nel ricorso, in ordine alle valutazioni espresse dal giudice di appello sui vari motivi, determina l’inammissibilità del ricorso.
Si richiamano in proposito le seguenti pronunzie:
– Sez. 4, sent. n. 5191 del 29.3.2000 dep. 3.5.2000 rv 216473: "E’ inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici.
La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità".
– Sez. 1, sent. n. 39598 del 30.9.2004 dep. 11.10.2004 rv 230634: "E’ inammissibile il ricorso per cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità del ricorso".
– Sez. 4, sent. n. 256 del 18.9.1997 dep. 13.1.1998 rv 210157: "E’ inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici.
La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’ari.
591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità".
Il quarto motivo di ricorso è inammissibile perchè manifestamente infondato.
La Corte d’appello ha congruamente giustificato la reiezione del motivo relativo alla tardività della querela sull’assunto che la querelante ha dichiarato che solo nell’aprile – maggio 2003 a seguito della ripresa dei lavori si era recata presso il box della sorella ed aveva osservato i lavori che si stavano effettuando.
Il fatto che anche in precedenza fossero stati effettuati altri lavori e che gli stessi fossero noti alla querelante non incide rispetto ai lavori osservati che sono quelli contestati in imputazione.
Quanto all’impugnazione dell’ordinanza 7.1.2008 della Corte d’appello, ed all’eccepita nullità della notifica dell’estratto contumaciale è sufficiente rilevare che nella specie l’elezione di domicilio è pervenuta all’autorità giudiziaria dopo che la notifica era già stata disposta.
Questa Corte ritiene che In tema di notificazione all’imputato, la dichiarazione o l’elezione di domicilio hanno efficacia dalla data in cui pervengono all’autorità procedente. Pertanto la notifica è legittimamente eseguita al domicilio precedente quando la comunicazione della modifica è intervenuta in data successiva a quella in cui essa è stata disposta, cioè, dopo che l’atto è stato inoltrato all’ufficiale giudiziario. Diversamente l’ufficio dovrebbe rinnovare la notifica ad ogni mutamento del domicilio stesso, anche nel caso di atto già consegnato al notificatore. (V. Cass. Sez. 3 sent. n. 7545 del 10.5.1999 dep. 11.6.1999 rv 214161).
Quanto alla correzione dell’errore materiale richiesta, va rilevato che la contestazione riguarda l’effettuazione di lavori in assenza di permesso in zona vincolata in quanto sismica, come si ricava dalla combinazione dei due capi di imputazione, sicchè la relativa doglianza attiene non ad ipotesi di errore materiale, ma al merito dell’accusa ed avrebbe dovuto essere proposta con l’appello.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Infatti, secondo le Sezioni Unite di questa Corte, "l’inammissibilità del ricorso per cassazione (nella specie, per assoluta genericità delle doglianze) preclude ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare di ufficio, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., l’estinzione del reato per prescrizione, pur maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza di appello, ma non dedotta nè rilevata da quel giudice" (Cass. Sez. Un. Sent. n. 23428 del 22.3.2005 dep. 22.06.2005 rv 231164).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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