Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 24-02-2011) 27-06-2011, n. 25651 Responsabilità penale

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Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Messina, con sentenza in data 15.10.2010, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Messina il 13.11.2007, dichiarava non doversi procedere nei confronti degli imputati C.A., Ca.An. e D.M. A. in relazione al capo B) della rubrica, per intervenuta prescrizione; conseguentemente rideterminava la pena inflitta e confermava nel resto. Confermava anche le statuizioni civili.

Gli imputati C.A., Ca.An. e D.M. A. hanno proposto ricorso per cassazione per ottenere l’annullamento del provvedimento appena sopra menzionato.

All’udienza pubblica del 24/2/2011 i ricorsi sono stati decisi con il compimento degli incombenti imposti dal codice di rito.

Motivi della decisione

La Corte territoriale ha ritenuto che, pure considerato il periodo di sospensione dei termini di prescrizione causato dai rinvii del dibattimento di primo e secondo grado determinati da interessi delle parti, pari a mesi sedici, risulta maturato il termine prescrizionale di cui alla contravvenzione sub B); e che, di converso, detto termine non risulta perfezionato in relazione al delitto di lesioni colpose gravissime, di cui al capo A).

Con riguardo alla dinamica del sinistro la Corte di Appello evidenziava che le deposizioni rese dalla parte offesa L.G. S. e dagli Ispettori del lavoro, avevano consentito di accertare che l’incidente si era verificato a causa dell’impiego di un particolare mezzo di sollevamento di un palo da innalzare, costituito da una imbracatura singola. In relazione alla posizione dei singoli imputati, la Corte territoriale considerava che D. M.A. rivestiva la qualità di amministratore unico della Pro.co.m s.r.l. aggiudicataria dei lavori per la manutenzione delle linee elettriche dell’Enel s.p.a., e che C.A. rivestiva la qualità di presidente della Cooperativa Stella a r.l. Riferiva la Corte di Appello che la Pro.co.m srl e la Cooperativa Stella avevano stipulato un contratto di locazione di mezzi d’opera; in forza di tale contratto, c.d. di nolo a freddo, la Cooperativa Stella concedeva in locazione i mezzi e le attrezzature necessarie alle esigenze della Pro.co.m, comprese in quelle le esigenze connesse all’appalto di manutenzione di linee elettriche. La Corte territoriale evidenziava che nel contratto la Pro.co.m. si impegnava a far condurre i mezzi da personale munito di patente adeguata.

A fronte di tale situazione formale, la Corte di Appello sottolineava che l’espletata istruttoria aveva consentito di accertare che la Cooperativa Stella non si era limitata a consegnare i mezzi, ma aveva collaborato ai lavori del cantiere, con operai alle proprie dipendenze. Tra quegli operai dipendenti della cooperativa Stella, si doveva considerare l’operaio L.G., che aveva subito le lesioni in occasione e a causa dell’infortunio per il quale è processo.

Il Collegio di appello osservava, in particolare, che era emerso che, in via di fatto, il ruolo di direttore dei lavori era stato assunto da Ca.An., il quale, presente in cantiere, impartiva direttive agli operai; e rilevava che il ruolo di garante per la sicurezza sul lavoro gravava su C.A., quale datore di lavoro e su Ca.An. quale direttore dei lavori. La Corte territoriale rilevava che alla luce delle modalità delle condotte verificate attraverso il compendio probatorio assunto, la cooperativa Stella non si limitava a noleggiare i mezzi, ma li utilizzava per l’esecuzione dei lavori con la propria forza lavorativa posta sotto la direzione di Ca.An.. Secondo l’accertamento di appello la gestione della manodopera della cooperativa Stella era improntata alla improvvisazione senza alcuna programmazione di sicurezza tanto che proprio l’operaio L.G. si era comprate le scarpe antinfortunistiche di propria iniziativa ed era stato normalmente utilizzato sia per la guida dei camions che come operaio, secondo il bisogno e secondo le determinazioni specifiche di Ca.An.. La Corte di Appello accertava che i C. avevano programmato di impiegare dipendenti della Cooperativa nel cantiere di cui si tratta.

La Corte di Appello osservava poi che la responsabilità di C.A. e Ca.An. non esonerava da pari responsabilità il legale rappresentante della Pro.co.m s.r.l.;

rilevava che doveva ritenersi che l’attività svolta dalla Cooperativa Stella fosse, in concreto, sussumibile nella fattispecie del subappalto, per alcune delle tipologie dei lavori appaltati, stipulato dalla Pro.co.m, pur in assenza di autorizzazione da parte del committente Enel. Rilevava la Corte territoriale che risultava accertata la presenza in cantiere di operai della appaltatrice subcommittente Pro.co.m; e che l’illiceità del contratto di subappalto, la non affidabilità dell’impresa subappaltatrice e l’ingerenza del subcommittente nello svolgimento del lavoro, erano circostanze che non consentivano di ritenere che fosse intervenuto il trasferimento al subappaltatore degli obblighi di garanzia. La Corte territoriale considerava infine, con riguardo alla posizione di C.A., che la mancanza di data certa in merito alla predisposizione del piano di sicurezza, e la mancata esibizione della delega in esso contenuta all’Ispettore del lavoro, non consentivano di ritenere provata la anteriorità dello stesso rispetto all’incidente.

Il ricorso per cassazione proposto da Ca.An. e C.A., rileva con il primo motivo l’erronea applicazione della legge penale in materia di prescrizione. Osservano gli esponenti che, tenuto pure conto del periodo di sospensione pari a complessivi mesi 10 e giorni 18 (tale durata complessiva riguarda ovviamente le sole sospensioni di primo grado) il termine prescrizionale relativo al reato di cui al capo A) risulterebbe maturato in data 8.7.2010, e quindi prima della pronuncia della sentenza impugnata, intervenuta il 15.10.2010.

Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la contraddittorietà e la illogicità della motivazione della sentenza impugnata; assumono che la Corte territoriale abbia apoditticamente affermato che tra le due ditte sussisteva un contratto di subappalto e non di nolo a freddo e che la presenza in cantiere del L.G. fosse continuativa.

Il ricorso proposto da D.M.A., rileva a sua volta l’erronea applicazione della legge penale in materia di prescrizione, assumendo che il termine prescrizionale relativo al reato di cui al capo A) sia maturato in data 8.7.2010, tenuto conto dei tempi di sospensione del corso della prescrizione determinati dai differimenti di udienza. Con il secondo motivo il ricorso D.M. rileva che la Corte di Appello ha fondato il proprio convincimento esclusivamente sulla dichiarazione della parte offesa, costituita parte civile, non considerando che la stessa era portatrice di interesse nel procedimento. Infine, la parte deduce la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla qualificazione del contratto intercorso tra la ditte quale subappalto; e rileva che la Corte territoriale ha ignorato l’esistenza di una delega ad altro soggetto quale preposto alla sicurezza.

La questione sollevata da tutti i ricorrenti in ordine alla avvenuta consumazione del termine di prescrizione per il reato ritenuto dalla Corte di Appello deve essere esaminata perchè la complessiva tessitura delle diverse censure impone di ritenere costituito un valido supporto impugnatorio e dunque impone di delibare la questione della eventuale estinzione del reato per il quale è processo.

Il conteggio delle sospensioni determinate da rinvii non assunti di ufficio o su richiesta delle parti o dei difensori per impedimento, ma anche per causa di astensioni dalle udienze, consente di individuare sospensioni del termine di prescrizione più ampie di quelle dettagliate nei motivi di censura avuto riguardo ai criteri di misura imposti in materia da Cass. SU Pen 43428/2010. Tale decisione ha chiarito che, per condotte esaurite nel 2002, il termine di prescrizione, in relazione alla data della sentenza di primo grado ex L. n. 251 del 2005, art. 10, comma 3, è quello fissato dalla novella ove più favorevole, (nel caso che ne occupa è identico il tempo di prescrizione secondo la vecchia e la nuova regolazione essendo solo diversa la disciplina delle sospensioni) Per le sospensioni verificatesi fino al giorno 7 dicembre 2005 si calcola l’intera durata dei periodi di sospensione. Dopo l’entrata in vigore della L. 5 dicembre 2005, n. 251 (8 dicembre 2005) i rinvii sopraggiunti devono essere computati nel limite di 60 giorni ciascuno, quando siano determinati da ragioni di impedimento delle parti o dei difensori ( art. 159 c.p., comma 1, n. 3 novellato) ma tale disposto non può essere applicato al di fuori delle ipotesi ivi espressamente previste con riguardo particolare ai rinvii chiesti per adesione dei difensori ad astensioni regolarmente indette dagli organismi legittimati. I conteggi sviluppati con le censure omettono di considerare tale metodo per i rinvii operati in occasione di astensioni dalle udienze e i più precisi conteggi effettuati sulla base delle risultanze dei verbali di udienza di primo e secondo grado portano a conteggiare sospensioni per totali 1 anno, sei mesi e 18 giorni.

Per il delitto di lesioni colpose ex art. 590 c.p., comma 1, 2, 3 e 5, verificatosi il (OMISSIS), come quello che ne occupa, e, tra l’altro, giudicato con sentenza di primo grado del 13/11/2007 è applicabile il termine prescrizionale di anni sei più un quarto stabilito dalla normativa che ha novellato la disciplina della prescrizione con L. 5 dicembre 2005, n. 251. Nel caso concreto la prescrizione si consuma il giorno (OMISSIS) e dunque certamente alla data della pronunzia di appello (15/10/2010) la condanna per la quale fu rigettata l’impugnazione non risultava pronunziata su reato già estinto per prescrizione come invece ha sostenuto la censura di ricorso. In conclusione tutte le censure relative alla ritenuta estinzione del reato addebitato devono essere rigettate.

Deve essere rigettata la censura relativa alla omessa considerazione della efficacia esimente della delega di competenze per la sicurezza e la salute che designava C.A. responsabile per la sicurezza e la esecuzione dei lavori, che secondo il ricorrente D. M. avrebbe dovuto impedire proprio la condanna di esso D. M.. La motivazione impugnata fornisce sul punto esaustiva dimostrazione della dubitabile esistenza di quella delega già al tempo dell’infortunio e della decisiva assunzione di fatto della responsabilità del cantiere ad opera D.M..

Le censure del D.M., secondo il quale, la sentenza si fonderebbe esclusivamente sulle dichiarazioni della parte lesa, inattendibile perchè interessata ad una soluzione del procedimento a lei favorevole, sono infondate nel presupposto perchè la sentenza trova fondamento in una ricca serie di fonti di prova, documentali e dichiarative che rendono incontrastabili gli accertamenti operati e le conclusioni espresse, ma sono anche generiche perchè non delimitano più concreti profili di inattendibilità.

Le censure relative alla contraddittorietà e illogicità della motivazione sono riferite ai risultati della ricostruzione operata dalla Corte di Appello e alle non condivise conclusioni alle quali essa è pervenuta ma non individuano alcuna specifica violazione di regole logiche o vizi dell’argomentare al quale si affida la giustificazione delle statuizioni adottate. Non sono state indicate scelte erronee dei postulati assunti a presupposto del ragionamento, non sono state indicate aporie, discontinuità o contraddizioni del ragionamento sillogistico. In ogni caso indipendentemente dai tipi negoziali variamente allegati dai ricorrenti, la sentenza impugnata ha svolto un compiuto accertamento della realtà organizzativa posta in essere dagli imputati e in quella realtà, al di fuori di ogni rappresentazione meramente cartolare, ha individuato le posizioni di garanzia da ciascuno assunte e la causalità dell’evento ma anche la causalità della colpa che hanno legato gli imputati all’evento lesivo scrutinato.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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