Cons. Stato Sez. III, Sent., 04-07-2011, n. 4003 Farmacia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La dott.ssa S. M., iscritta all’albo dei farmacisti della Provincia di Teramo, ha prestato servizio sin dal 1° luglio 1985 presso la sede farmaceutica n. 1 del Comune di Atri, classificata come "rurale" dal provvedimento del Medico provinciale pubblicato sul FAL n. 43 del 1967.

A distanza di anni, con atto di ricognizione del 12 marzo 2004 della Giunta regionale dell’Abruzzo, detta farmacia è stata classificata come "urbana", in rettifica alla precedente classificazione, ritenuta erronea, del 1967.

2. La farmacista ha impugnato tale atto, esponendo di avere interesse a che la farmacia sia classificata tuttora "rurale". Nel merito, ha dedotto l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili.

Il Tar ha respinto l’impugnazione, ritenendo invece verificato il requisito di "urbanità" della sede farmaceutica in contestazione rtitenendo altresì che l’originaria classificazione come "rurale" fosse frutto di un errore materiale nel quale sarebbe a suo tempo incorsa l’Amministrazione; e così si giustificherebbe la recente rettifica.

3. Con il presente appello, la dott.ssa M. ha censurato la sentenza riproponendo le censure già dedotte in primo grado lamentando, in sintesi:

il difetto di istruttoria nel quale sarebbe incorsa la Regione, per non avere adeguatamente dimostrato il fatto che la popolazione del Comune di Atri sia sempre stata, a far data dal 1967, superiore a cinquemila abitanti;

il difetto di motivazione, al cospetto di un provvedimento di secondo grado che come tale presupporrebbe l’esatta indicazione dei motivi di interesse pubblico che lo giustificano, tenuto conto dell’affidamento ingenerato;

la disparità di trattamento, nel confronto con altre sedi farmaceutiche per le quali non si sarebbe provveduto ad analoga ricognizione;

– l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento nei confronti dell’odierna appellante;

la violazione degli artt. 104 del r.d. 1265/1934, 1 della l. 221/1968, e 1 e 2 della l. 475/1968 circa i presupposti che debbono ricorrere affinché una farmacia possa considerarsi urbana o rurale.

Nessuno si è costituito per la Regione.

In vista della discussione la ricorrente ha presentato memoria riassuntiva e, all’udienza pubblica del 10 giugno 2011, la causa è passata in decisione.

4. Osserva preliminarmente il Collegio come non sia revocabile in dubbio l’interesse all’impugnazione della ricorrente che, dalla classificazione della farmacia come urbana anziché rurale, riceve un pregiudizio, quanto meno, ai fini della partecipazione ai concorsi per l’assegnazione delle sedi farmaceutiche vacanti, non potendo far valere la maggiorazione del punteggio pari al 40% di cui all’art. 9 della l. 221/1968.

5. Per tale ragione, avendo già la ricorrente presentato domanda per diversi concorsi ed essendo tale circostanza ben nota all’Amministrazione, è ragionevole ritenere che, nel peculiare caso di specie, l’avvio del procedimento di "rettifica" dovesse esserle comunicato, a norma dell’art. 7 della l. 241/1990.

Tale inosservanza, dedotta in giudizio, deve tuttavia essere valutata pur sempre alla luce della natura del procedimento in esame.

Reputa infatti il Collegio che il potere esercitato dalla Regione abbia carattere vincolato e natura essenzialmente dichiarativa, in quanto volto a riconoscere la sussistenza dei diversi presupposti oggettivi indicati dal legislatore affinché una determinata farmacia riceva la classificazione di urbana o rurale.

Ai sensi dell’art. 1 legge n. 221 del 1968, le farmacie sono infatti classificate:

– urbane, se situate in comuni o centri abitati con popolazione superiore a 5.000 abitanti;

– rurali, se ubicate in comuni, frazioni o centri abitati inferiori a 5.000 abitanti.

Dove appare evidente come la ratio sottesa alla istituzione delle farmacie rurali, ed alla previsione delle provvidenze ad esse concesse, sia quella di compensare i disagi e le scomodità connessi all’impianto ed al mantenimento di un esercizio farmaceutico in località poco popolate e perciò, presumibilmente, isolate dai flussi di comunicazione e disagiate quanto alla fruizione dei servizi facenti capo a strutture urbane vere e proprie.

Ciò posto, la circostanza che la norma menzioni, per le farmacie rurali, oltre che il comune anche le frazioni e i centri abitati, ha indotto a ritenere che anche farmacie ubicate in comuni con popolazione complessiva superiore a 5.000 abitanti possano essere rurali. La questione si è posta, in concreto, allorquando il comune, con più di 5.000 abitanti complessivi, si articoli in più centri abitati o frazioni, tutti o taluno dei quali con meno di 5.000 abitanti.

In tal caso, ai fini della classificazione della farmacia, non può che farsi ricorso ai criteri generali che presiedono alla istituzione delle farmacie. In base alla normativa vigente ogni comune ha la sua pianta organica, che deve indicare il numero delle farmacie e la sede farmaceutica, con la zona a ciascuna assegnata. Il criterio fondamentale per la determinazione del numero delle farmacie da istituire è quello della popolazione di cui all’art. 1 della già citata legge n. 475/1968; a tale criterio può derogarsi quando lo richiedano particolari esigenze dell’assistenza farmaceutica locale anche in rapporto alle condizioni topografiche o di viabilità con l’osservanza, in aggiunta o sostituzione del criterio della popolazione di un limite di distanza (c.d. criterio topografico di cui all’art. 104 terzo comma del T.U. leggi sanitarie n. 1265/ 1934, nel testo sostituito dall’art. 2 della legge n. 362/1991).

6. Tanto ricordato in linea generale, venendo ora al caso in esame reputa il Collegio che, sulla base dei dati disponibili e di quanto è ragionevole da essi inferire in ordine alla popolazione residente (v., in particolare, il foglio degli annunzi legali del 1964), la farmacia in questione doveva ritenersi come urbana sin dal 1968, a nulla rilevando in senso contrario la circostanza che, per omissione ed incuria della stessa Amministrazione regionale, non si sia mai proceduto ad aggiornarne la classificazione in un arco temporale di quasi quaranta anni.

Sul punto quindi, ad onta delle censure dedotte dall’appellante, a conferma invece di quanto già accertato dal Giudice di primo grado, risulta che l’atto impugnato sia stato adottato all’esito di un’istruttoria tendenzialmente completa (che ha avuto ad oggetto anche altre sedi farmaceutiche della Provincia di Teramo), tenuto conto del tempo trascorso, essendo dimostrato che la popolazione residente in Atri è stata costantemente superiore ai 5.000 abitanti, che la farmacia n. 1 per cui è causa è sempre stata collocata in pieno centro cittadino, che nel passato non sono mai emerse condizioni topografiche o di viabilità tali da giustificare alcuna deroga al criterio della popolazione.

7. Una volta riconosciuta la natura vincolata dell’atto, i cui effetti discendono direttamente dalle norme di legge e non sarebbero potuti essere di segno diverso, l’assimilazione della "rettifica" in oggetto alla categoria dei provvedimenti di autotutela, al fine di inferirne più elevati standard motivazionali al lume dell’art. 21 nonies della l. 241/1990, appare revocabile in dubbio.

La rettifica, o regolarizzazione, non riguarda, infatti, provvedimenti viziati ma atti irregolari, consistendo nell’eliminazione dell’errore non invalidante in cui è incorsa l’Amministrazione. Tale possibilità deve ritenersi consentita, tanto più dopo l’introduzione della disciplina di cui all’art. 21 octies, comma 2, della l. 241/1990, in considerazione delle istanze antiformalistiche che tale novità legislativa è sembrata assecondare.

8. Dopodiché, sulla base delle premesse appena evidenziate, gli effetti della rettifica sono naturalmente retroattivi.

9. Ne consegue l’infondatezza dell’appello, a fronte di un atto di rettifica immune dai vizi dedotti.

10. Resta impregiudicata, non facendo parte della materia del contendere in questa sede, la questione di un eventuale risarcimento del danno; danno ravvisabile, in ipotesi, non già per il fatto che la farmacia sia ora classificata "urbana" (si tratta invero, come già detto, di una classificazione corrispondente ad una realtà oggettiva) quanto per il fatto che essa sia stata per lungo tempo classificata erroneamente come "rurale" – dato e non concesso che da tale errore possa essere derivato un danno risarcibile, peraltro in presenza di una situazione di fatto nella quale sembra problematico ipotizzare giustificati affidamenti.

11. Non vi è luogo a provvedere sulle spese, non essendovi stata costituzione di controparti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2011 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Lignani, Presidente

Salvatore Cacace, Consigliere

Vittorio Stelo, Consigliere

Angelica Dell’Utri, Consigliere

Hadrian Simonetti, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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