Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-02-2011) 27-06-2011, n. 25604 Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-02-2011) 27-06-2011, n. 25604

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A.- P.A. ricorre tramite difensore di fiducia, ed ai soli effetti civili, avverso la sentenza del 29 settembre 2009, con cui la Corte di Appello di Napoli aveva confermato l’assoluzione pronunciata in primo grado dal Tribunale di Torre Annunziata nei confronti di R.F., imputato di falso aggravato continuato in suo danno, secondo l’ipotesi di accusa da lui consumato nella qualità di direttore della Banca di Credito Popolare di (OMISSIS), con l’allestire un falso contratto di conto corrente sottoscritto con firma apocrifa a nome della cliente, stessa firma che risultava apposta anche sullo specimen ed in calce all’atto di accettazione delle condizioni del contratto, così rigettando oltre che il suo appello anche quello del Procuratore Generale.

La corte territoriale, avendo ritenuto che il Procuratore Generale avesse rinunciato all’appello, ha limitato la delibazione alle sole doglianze della parte civile, giungendo alla conclusione, con il giudice di primo grado, che autore del falso poteva ritenersi fosse stato altro funzionario della banca, e cioè tale D. P. tra l’altro genero della signora P..

Questi, addetto all’Ufficio borsino della banca, secondo la corte territoriale aveva effettuato operazioni imprudenti a nome della suocera, cui aveva in tal modo cagionato una perdita di oltre L. 800 milioni.

Ritengono perciò i giudici del merito che solo lui aveva interesse a falsificare il conto corrente dove le operazioni finanziarie venivano "appoggiate", sia perchè in tal modo poteva ripianare le perdite senza che la suocera se ne accorgesse, sia perchè la firma falsa avrebbe reso arduo da parte della banca il recupero delle somme corrispondenti ad eventuali perdite. Deduce la ricorrente la nullità della sentenza:

1) per l’omesso esame dei motivi di impugnazione prospettati dal P.G., che non aveva rinunciato al gravame, come aveva erroneamente ritenuto la corte territoriale, essendosi limitato a chiedere il rigetto dell’appello;

2) per contraddittorietà della motivazione, perchè una volta che le firme erano state riscontrate come false, il R. avrebbe avuto l’obbligo di dare una giustificazione ragionevole di detto fatto, nè poteva ritenersi, come ha opinato la corte territoriale, che pretendere ciò avrebbe comportato l’inversione dell’onere della prova in ordine all’ipotesi di accusa, che incombe all’accusa, mentre l’imputato non ha l’onere di dimostrare la propria innocenza;

3) Erronea valutazione dei fatti con travisamento della prova, atteso che era stato prodotto altro contratto di conto corrente con firma autentica di essa ricorrente, che presentava palesi segni di contraffazione intesi a far risultare il documento come costitutivo del rapporto bancario oggetto del contratto falso; tale tentativo dimostrava come l’interesse al falso non fosse del D. ma della banca, e cioè del suo direttore, che in tal modo avrebbe potuto prelevare quanto serviva dal conto "regolarizzato" senza correre il rischio di incontrare eccezioni;

4) Mancata assunzione di prova decisiva;

5) Omessa rinnovazione parziale del dibattimento per l’acquisizione di documentazione, dettagliatamente indicata nell’atto di impugnazione, estremamente rilevante in ordine alla verifica dell’ipotesi di accusa;

6) Omessa declaratoria della falsità della documentazione che pure era stata espressamente ritenuta falsa. b.- Il ricorso è fondato sotto tutti i profili dedotti, ma i primi due motivi sono dirimenti, dovendo ritenersi gli altri assorbiti.

Non è infatti dubbio che il Procuratore Generale non aveva affatto rinunciato all’appello, come la corte territoriale ha erroneamente ritenuto, essendosi limitato a chiedere la conferma della sentenza di primo grado, e tale richiesta non poteva costituire rinuncia all’impugnazione, avendo l’organo dell’accusa concluso nel merito (Sez. 5, n. 43363 del 5 ottobre 2005- Rv 232454; Sez. 3, n. 1591 del 29 ottobre 2009-Rv 245754).

La corte territoriale aveva pertanto l’obbligo di prendere in esame l’appello del Procuratore Generale, e tale compito spetterà al giudice del rinvio limitatamente agli effetti civili, non essendo stato proposto ricorso dalla Pubblica Accusa.

Ulteriore errore di diritto è stato commesso dalla corte territoriale quando ha opinato che l’imputato non era tenuto a giustificare il falso, che era pacifico, nè a darne spiegazione di sorta, perchè a suo avviso ciò avrebbe comportato l’inversione dell’onere della prova, che incombeva al Pubblico Ministero.

L’assunto è palesemente infondato.

Infatti risulta dalla stessa sentenza impugnata come la firma della signora P. fosse inconfutabilmente falsa, e di tale fatto certo ed oggettivo il R., direttore della banca, aveva l’obbligo di dare una spiegazione ragionevole atteso che del falso era chiamato a rispondere per la sua qualità.

Naturalmente ulteriore e grave errore è stato compiuto dalla corte territoriale nell’omettere qualsivoglia statuizione in ordine al falso, ritenuto come pacifico, che andava dichiarato, con conseguente cancellazione della sottoscrizione apocrifa.

Gli altri motivi sono da ritenersi assorbiti, atteso che la sentenza impugnata va annullata agli effetti civile, e deve demandarsi al giudice del rinvio la delibazione di ogni questione dedotta sia dalla parte civile che dalla Pubblica Accusa.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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