Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 15-06-2011) 28-06-2011, n. 25707 Impugnazioni

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Svolgimento del processo

P.B. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Bologna (che ha dichiarato inammissibile l’istanza di riesame avverso l’ordinanza 25 febbraio 2010 del G.I.P. del Tribunale di Bologna di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere per i reati di cui agli artt. 110 e 629 c.p., art. 628 c.p., comma 3, L. n. 203 del 1991, art. 7), deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

Con decreto del Procuratore Distrettuale Antimafia di Bologna in data 16-17 febbraio 2011, veniva disposto il fermo di P.B.; con ordinanza 25 febbraio 2011, il G.I.P. presso il Tribunale di Rimini dopo avere disposto la convalida del fermo ed applicato la misura della custodia cautelare in carcere, in conformità alla richiesta del P.M., dichiarava la propria incompetenza funzionale.

Avverso l’ordinanza del G.I.P. proponeva riesame il difensore, eccependo l’intervenuta inefficacia della misura per essere stato omesso un valido interrogatorio dell’indagato nel termine di cui all’art. 294 c.p.p., deducendo la mancanza delle condizioni di applicabilità della misura e la mancanza di esigenze cautelari, nonchè riservando ulteriori motivi.

Sulla richiesta di riesame presentata in data 7.03.2011 il Tribunale decideva con l’ordinanza – oggi impugnata – di inammissibilità resa, de plano, senza fissare udienza.

Il Tribunale, rilevato che il P., il 7 marzo 2011, con dichiarazione resa in carcere, aveva personalmente presentato l’istanza di riesame e che il giorno 15 marzo 2011 il G.I.P. del Tribunale di Bologna, in veste di G.I.P, distrettuale, ha poi "confermativamente" provveduto ex art. 27 c.p.p. (essendo stata l’autorità giudiziaria bolognese investita per essersi il G.I.P. riminese spogliato in suo favore della competenza contestualmente al provvedimento qui impugnato), con ordinanza in corso di notifica alla parte, ha – per ciò – ritenuto l’inammissibilità del gravame per carenza di interesse, avuto riguardo alla circostanza che, per l’autonomia dell’ordinanza, successivamente emessa ex art. 27 c.p.p., l’eventuale accoglimento della impugnazione (relativa all’interinale ed ormai superato provvedimento del primo giudice, dichiaratosi incompetente) non varrebbe a travolgerla.

Motivi della decisione

1.) i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un unico motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge per violazione delle norme di cui all’art. 178, lett. c, art. 179, comma 1 in relazione all’art. 309 c.p.p., n. 6.

Sostiene il ricorrente che, anche se il provvedimento di custodia cautelare disposto dal giudice per le indagini preliminari il quale, contestualmente, si dichiari incompetente, viene, a tutti gli effetti, sostituito dall’ordinanza pronunciata dal giudice competente, entro i venti giorni previsti dall’art. 27 c.p.p., persisterebbe comunque un rilevante interesse dell’indagato all’impugnazione del primo provvedimento coercitivo, nonostante l’eventuale emissione del secondo che sia stato adottato nel termine di venti giorni ex art. 27 c.p.p., anche sotto il profilo dell’utilità, conseguibile con l’accertamento dei presupposti per l’ottenimento della riparazione per l’ingiusta detenzione (si cita in proposito: Cassazione penale, sez. 6^, 27/05/2008, n. 25809).

Per il ricorrente, il Tribunale del Riesame di Bologna avrebbe dovuto comunque fissare l’udienza camerale, per consentire all’indagato ed alla difesa di potere eventualmente dedurre e/o specificare, ex art. 309 c.p.p., n. 6, alla luce della successiva ordinanza in data 15 marzo 2011, la persistenza dello specifico interesse al gravame onde ottenere una pronuncia, che attestasse la carenza della gravità indiziaria nella prospettiva di una futura richiesta di riparazione per ingiusta detenzione.

Lamenta dunque la difesa l’illegittimità della ordinanza del Tribunale della Libertà di Bologna in data 16 marzo 2011 ai sensi dell’art. 178, lett. c, art. 179, comma 1, in relazione all’art. 309 c.p.p., n. 6, per essere stata la stessa resa de plano, in assenza di contraddittorio, senza consentire l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’indagato e, dunque, con evidente lesione del diritto di difesa, precludendo all’indagato ed al difensore la possibilità di dedurre nuovi motivi e di specificare a verbale prima dell’inizio della discussione la persistenza ed il permanere dell’interesse al gravame.

Il motivo è inammissibile per genericità. E’ corretta l’affermazione della sussistenza dell’interesse dell’imputato ad impugnare, con richiesta di riesame, l’ordinanza applicativa di una misura cautelare, disposta dal giudice il quale si sia nel contempo dichiarato incompetente, anche quando, entro il termine di cui all’art. 27 cod. proc. pen., il giudice competente abbia emesso altra analoga ordinanza, atteso che l’eventuale annullamento della prima ordinanza, del tutto autonoma rispetto alla seconda, potrebbe presentare utilità ai fini di una eventuale futura richiesta di riparazione per ingiusta detenzione.

Osserva peraltro il Collegio che tale interesse non può affatto presumersi, ma deve essere dedotto dall’indagato in termini positivi ed univoci (Cass. pen. sez. 3, 25201/2008 Rv. 240388), soprattutto mediante l’indicazione degli elementi, di novità o diversità, rilevanti agli effetti dell’applicazione dell’art. 314 cod. proc. pen., e non rinvenibili nell’ordinanza successivamente emessa dal giudice competente.

Di tali indicazioni risulta priva l’impugnazione, con conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto.

All’inammissibilità del ricorso stesso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro 1000,00 (mille). Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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