Corte Costituzionale sentenza n. 254 SENTENZA 23 – 31 ottobre 2013

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli articoli 53,
comma 1, lettera b), e 64, commi 1 e 2, del decreto-legge 22 giugno
2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito,
con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012,
n. 134, promosso dalla Regione Veneto con ricorso consegnato per la
notificazione in data 9 ottobre 2012, depositato in cancelleria il 16
ottobre 2012 ed iscritto al n. 146 del registro ricorsi 2012.
Visto l’atto di costituzione di Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 24 settembre 2013 il Giudice
relatore Paolo Maria Napolitano;
uditi gli avvocati Luca Antonini e Luigi Manzi per la Regione
Veneto e l’avvocato dello Stato Enrico de Giovanni per il Presidente
del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso consegnato per la notificazione in data 9 ottobre
2012, la Regione Veneto, in persona del Presidente della Giunta
regionale, ha promosso questione di legittimita’ costituzionale di
diverse disposizioni facenti parte del decreto-legge 22 giugno 2012,
n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con
modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012,
n. 134, deducendone il contrasto con numerosi parametri
costituzionali.
1.1.- Fra le disposizioni oggetto di censura e’ l’articolo 53,
comma 1, lettera b), del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012, con il quale sono state
apportate delle modifiche all’art. 4 del decreto-legge 13 agosto
2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione
finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148, che, a
sua volta, era intervenuto dettando la nuova disciplina del servizi
pubblici locali, precedentemente contenuta nell’art. 23-bis del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo
sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita’, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6
agosto 2008, n. 133, disposizione quest’ultima oggetto di referendum
abrogativo svoltosi nel giugno 2011, i cui effetti sono stati
formalizzati con il decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio
2011, n. 113 (Abrogazione, a seguito di referendum popolare,
dell’articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, e successive
modificazioni, nel testo risultante a seguito della sentenza della
Corte costituzionale n. 325 del 2010, in materia di modalita’ di
affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza
economica).
Prosegue la Regione ricorrente rammentando che il legislatore,
con l’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011, aveva, in sostanza,
reintrodotto la medesima disciplina oggetto della abrogazione
referendaria, tanto che, impugnata la disposizione in tal modo
sopravvenuta da varie Regioni, la Corte costituzionale, con sentenza
n. 199 del 2012, ne ha dichiarato la illegittimita’ costituzionale,
ritenendo la norma, riproduttiva di una disciplina normativa abrogata
per volonta’ popolare, in contrasto con l’art. 75 della Costituzione.
Aggiunge, a questo punto, la Regione ricorrente che con la
disposizione legislativa ora denunziata sono state, tra l’altro,
apportate numerose modifiche al ricordato art. 4 del d.l. n. 138 del
2011, le quali – prosegue la parte ricorrente richiamando numerose
precedenti sentenze di questa Corte – ledono la autonomia regionale,
comprimendone le sfere di competenza esclusiva residuale in materia
di servizi pubblici locali e concorrente in materia di coordinamento
della finanza pubblica.
Peraltro, prosegue la ricorrente, la disposizione censurata,
apportando modifiche all’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011 – a sua
volta, come detto, riproduttivo dell’art. 23-bis del d.l. n. 112 del
2008 – reintrodurrebbe in sostanza una normativa gia’ oggetto di
referendum abrogativo, violando essa stessa l’art. 75 Cost. La
surrettizia reiterazione di una norma dichiarata incostituzionale da
questa Corte con la sentenza n. 199 del 2012, cioe’ il ricordato art.
4 del d.l. n. 138 del 2011, violerebbe peraltro anche l’art.136 Cost.
2.- Oggetto di impugnazione sono, altresi’, i commi 1 e 2
dell’art. 64 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 134 del 2012.
2.1.- Il comma 1 del citato art. 64 prevede l’istituzione, presso
la Presidenza del Consiglio dei ministri, di un fondo – avente una
dotazione per l’anno 2012 fino a 23 milioni di euro – per lo sviluppo
e la capillare diffusione della pratica sportiva, finalizzato alla
realizzazione di nuovi impianti sportivi o alla ristrutturazione di
quelli esistenti.
Il successivo comma 2 prevede, a sua volta, che i criteri per
l’erogazione delle risorse finanziarie del fondo in questione siano
definiti con decreto ministeriale, di natura non regolamentare,
emanato dal Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport,
di concerto con quello dell’economia e delle finanze, sentiti il CONI
e la Conferenza unificata Stato Regioni.
La ricorrente Regione, con riferimento al comma 1 del citato art.
64, si duole del fatto che sia stato istituito un fondo statale a
destinazione vincolata in un ambito materiale riconducibile alla
competenza regionale concorrente relativa all’«ordinamento sportivo»
ed al «governo del territorio», cosi’ violando l’art. 119 Cost. che,
nel sancire la autonomia finanziaria delle Regioni, non permette allo
Stato di ingerirsi nel finanziamento delle funzioni pubbliche
connesse alle materie rimesse alle competenze normative regionali.
Ricorda, infatti, la Regione Veneto che la previsione di fondi
vincolati diverrebbe, secondo la giurisprudenza costituzionale, uno
strumento di ingerenza dello Stato nell’esercizio delle funzioni
degli enti locali, e di sovrapposizione, relativamente agli indirizzi
economico-finanziari legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti
di propria competenza.
Riguardo al comma 2 dello stesso art. 64 la doglianza della
ricorrente si appunta sul fatto che non sia prevista dalla norma
alcuna forma di intesa con le Regioni, essendo i criteri per la
erogazione delle risorse di cui al fondo in questione dettati con
decreto ministeriale adottato non previa intesa con la Conferenza
Stato Regioni, ma soltanto «sentita» quest’ultima.
In questo modo, ad avviso della ricorrente, sarebbe violato il
principio di leale collaborazione di cui all’art. 120 Cost.
La norma sarebbe, altresi’, in contrasto con l’art. 117, sesto
comma, Cost. in quanto prevederebbe la emanazione da parte dello
Stato di un atto avente, al di la’ della contraria
autoqualificazione, certamente natura regolamentare in una materia
relativa alla competenza legislativa concorrente.
3.- Si e’ costituito in giudizio, rappresentato e difeso dalla
Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei
ministri osservando, riguardo alla impugnazione dell’art. 53, comma
1, lettera b), del d.l. n. 83 del 2012, che deve ritenersi cessata la
materia del contendere in quanto la Corte costituzionale, con
sentenza n. 199 del 2012, ha gia’ dichiarato la illegittimita’
costituzionale dell’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011 cosi’ come
modificato, da ultimo, per effetto della disposizione ora censurata.
Riguardo alla impugnazione avente ad oggetto i primi due commi
dell’art 64 del d.l. n. 83 del 2012, l’Avvocatura dello Stato ne
deduce la infondatezza. La disposizione, volta a rimediare alle
carenze di infrastrutture sportive soprattutto nelle zone del
meridione d’Italia, sarebbe, infatti, da inquadrare nella previsione
di cui all’art. 119, quinto comma, Cost. che legittima gli interventi
finanziari statali volti a promuovere lo sviluppo economico, la
coesione e la solidarieta’ sociale ed a rimuovere gli squilibri
economici e sociali onde favorire l’effettivo esercizio dei diritti
della persona.
4.- In prossimita’ della data fissata per la discussione del
presente ricorso la Regione Veneto ha depositato una memoria
illustrativa nella quale, con riferimento alla impugnazione dell’art.
53, comma 1, lettera b), del d.l. n. 83 del 2012, ha rilevato che,
essendo stata la disposizione espressamente abrogata per effetto
della entrata in vigore dell’art. 34, comma 24, del decreto-legge 18
ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del
Paese), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della
legge 17 dicembre 2012, n. 221, la questione avrebbe cessato «di
avere rilievo».
Con riferimento, invece, alla impugnazione dell’art. 64, commi 1
e 2, del d.l. n. 83 del 2012, la Regione ricorrente ha insistito
nella richiesta di accoglimento della prospettata questione di
legittimita’ costituzionale.

Considerato in diritto

1.- La Regione Veneto ha promosso questione di legittimita’
costituzionale di diverse disposizioni legislative contenute nel
decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita
del Paese); fra queste, ha, in particolare, censurato gli articoli
53, comma 1, lettera b), e 64, commi 1 e 2.
Riservata ad altra pronunzia la decisione in ordine alla
impugnazione delle restanti disposizioni censurate, e’ ora oggetto di
esame la prospettata questione di legittimita’ costituzionale delle
norme teste’ richiamate.
1.1.- La Regione Veneto contesta la legittimita’ costituzionale
dell’art. 53, comma 1, lettera b), del d.l. n. 83 del 2012 – nella
parte in cui esso introduce delle modifiche nel preesistente art. 4
del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti
per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo) – sotto un
duplice profilo.
1.1.1.- Per un verso, rilevato che la norma censurata e’ andata a
modificare una precedente disposizione legislativa, vale a dire il
ricordato art. 4 del d.l. n. 138 del 2011, dichiarata
costituzionalmente illegittima con sentenza di questa Corte n. 199
del 2012, la Regione ricorrente ritiene che essa violi l’art. 136
Cost., dando nuovo vigore ad una disposizione gia’ cancellata
dall’ordinamento per effetto della ricordata sentenza.
1.1.2.- Per altro verso, prosegue la ricorrente, la medesima
norma, sempre in ragione del fatto che essa ha inciso, modificandolo,
sull’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011, disposizione sostanzialmente
riproduttiva dell’art. 23-bis del decreto-legge 25 gennaio 2008, n.
112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitivita’, la stabilizzazione della finanza
pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n.
133, che, a sua volta, a seguito dell’esito di referendum popolare,
e’ stato abrogato con decreto del Presidente della Repubblica 18
luglio 2011, n. 113 (Abrogazione, a seguito di referendum popolare,
dell’articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, e successive
modificazioni, nel testo risultante a seguito della sentenza della
Corte costituzionale n. 325 del 2010, in materia di modalita’ di
affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza
economica), violerebbe il dettato dell’art. 75 Cost., ripristinando
una disposizione gia’ oggetto di referendum abrogativo.
2.- Ai fini della soluzione della presente questione di
legittimita’ costituzionale svolge una funzione decisiva la
circostanza che, successivamente alla proposizione da parte della
Regione Veneto del presente ricorso, sia intervenuto il legislatore
nazionale il quale, come riscontrato anche dalla ricorrente nella sua
memoria illustrativa depositata in prossimita’ dell’udienza, con
l’art. 34, comma 24, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179
(Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 17 dicembre 2012, n.
221, ha espressamente abrogato la lettera b) dell’art. 53, comma 1,
del d.l. n. 83 del 2012.
Ad oggi, pertanto, al netto dell’evidente anomalia riscontrabile
nell’operato del legislatore statale che, con la disposizione
impugnata, ha novellato una norma gia’ dichiarata costituzionalmente
illegittima con precedente sentenza di questa Corte (al riguardo e’
significativo rilevare che la disposizione ora censurata, nella sua
versione risultante a seguito di modifiche apportate in sede di
conversione in legge del d.l. n. 83 del 2012, e’ stata pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica dell’11 agosto 2012, mentre
la sentenza con la quale e’ stata dichiarata la illegittimita’
costituzionale dell’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011, depositata nella
cancelleria di questa Corte in data 20 luglio 2012, era stata gia’
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica in data 25
luglio 2012), la presente questione di legittimita’ costituzionale,
divenuta, successivamente alla proposizione del ricorso, priva di
oggetto, stante l’abrogazione della norma censurata (della quale,
dato il suo contenuto, puo’ escludersi qualsivoglia forma di
applicazione durante l’effimera vigenza), deve essere dichiarata
inammissibile.
3.- La Regione Veneto contesta, altresi’, la legittimita’
costituzionale dei commi 1 e 2 dell’art. 64 del d.l. n. 83 del 2012,
nella parte in cui, al comma 1, e’ prevista l’istituzione, presso la
Presidenza del Consiglio dei ministri, di un Fondo per lo sviluppo e
la capillare diffusione della pratica sportiva, finalizzato alla
realizzazione di nuovi impianti o alla ristrutturazione di quelli
gia’ esistenti, e, al comma 2, e’ previsto che i criteri per
l’erogazione delle risorse in questione siano definiti attraverso un
decreto, avente dichiarata natura non regolamentare, adottato dal
Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, di concerto
con quello dell’economia e delle finanze, sentiti il CONI e la
Conferenza unificata Stato Regioni.
3.1.- In particolare, secondo la ricorrente, le descritte
disposizioni si pongono in contrasto, la prima, con l’art. 119 Cost.,
essendo inibito allo Stato di prevedere l’istituzione di fondi
vincolati nelle materie di competenza regionale, individuate, nella
specie, in quella del «governo del territorio» e in quella
dell’«ordinamento sportivo», la seconda con gli artt. 117, sesto
comma, e 120 Cost. poiche’ essa prevede la adozione da parte dello
Stato di atti aventi – al di la’ dell’ingannevole autoqualificazione
– contenuto sostanzialmente regolamentare in ambiti materiali rimessi
alla competenza concorrente regionale e viola il principio della
leale collaborazione fra Stato e Regioni, non essendo previsto un
reale coinvolgimento di queste nella definizione dei criteri per la
erogazione delle risorse di cui al fondo in questione.
4.- La questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 64,
comma 1, del d.l. n. 83 del 2012 e’ fondata.
4.1.- Deve, preliminarmente, rilevarsi che questa Corte,
nell’occuparsi in passato della collocazione materiale della
disciplina afferente alla edilizia sportiva ebbe a chiarire, in un
primo tempo – anche anteriormente cioe’ alle «Modifiche al titolo V
della parte seconda della Costituzione» apportate dalla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, – che «la ripartizione delle
competenze sugli impianti e sulle attrezzature e’ […] nel senso
che, mentre lo Stato e’ pienamente legittimato a programmare e a
decidere gli interventi sugli impianti e sulle attrezzature necessari
per l’organizzazione delle attivita’ sportive agonistiche, le regioni
vantano invece la corrispondente competenza in relazione
all’organizzazione delle attivita’ sportive non agonistiche»
(sentenza n. 517 del 1987), precisando, successivamente, che «non e’
dubitabile che la disciplina degli impianti e delle attrezzature
sportive rientri nella materia dell’ordinamento sportivo e che in
merito alla stessa operi il riparto di competenze legislative tra
Stato e Regioni sancito dall’art. 117, terzo comma, della
Costituzione» (sentenza n. 424 del 2004).
Alla luce di tali precedenti si puo’, pertanto, tranquillamente,
ascrivere la destinazione del fondo in questione – finalizzato non a
favorire l’attivita’ sportiva agonistica ma destinato allo «sviluppo
ed alla capillare diffusione della pratica sportiva a tutte le eta’ e
tra tutti gli strati della popolazione» – all’ambito materiale di
competenza concorrente regionale dell’«ordinamento sportivo» di cui
all’art. 117, terzo comma, Cost.
4.2.- Cio’ premesso, va considerato che, secondo la
giurisprudenza di questa Corte, «l’art. 119 Cost. vieta al
legislatore statale di prevedere, in materie di competenza
legislativa regionale residuale o concorrente, nuovi finanziamenti a
destinazione vincolata, anche a favore di soggetti privati. Tali
misure, infatti, possono divenire strumenti indiretti, ma pervasivi,
di ingerenza dello Stato nell’esercizio delle funzioni delle Regioni
e degli enti locali, nonche’ di sovrapposizione di politiche e di
indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle
Regioni negli ambiti materiali di propria competenza» (sentenza n.
168 del 2008, nonche’, in termini sostanzialmente coincidenti, ex
plurimis, sentenze n. 50 del 2008, n. 201 del 2007 e n. 118 del
2006). Cio’, in particolare, quando la finalizzazione e’, come in
questo caso, specifica e puntuale.
4.3.- Ne’ puo’ valere quale argomento idoneo a far ritenere
inapplicabile al caso di specie il ricordato radicato orientamento
giurisprudenziale l’affermazione della difesa erariale secondo la
quale l’intervento finanziario previsto dalla norma censurata sarebbe
da attribuire al novero di quelli previsti dall’art. 119, quinto
comma, Cost., secondo il quale e’ consentita allo Stato la
destinazione di risorse aggiuntive agli enti locali per
l’effettuazione di interventi speciali volti, fra l’altro, alla
rimozione degli esistenti squilibri economici e sociali.
Infatti la circostanza, allegata dalla difesa dello Stato,
secondo la quale il fondo previsto dalla normativa censurata avrebbe
la funzione di strumento di riequilibrio di situazioni altrimenti
svantaggiate, in quanto destinato a rimediare alle carenze di
infrastrutture sportive riscontrabili soprattutto nelle zone del
meridione d’Italia, non trova nel testo dell’art. 64 del d.l. n. 83
del 2012, secondo una esegesi normativa svolta in base agli ordinari
canoni ermeneutici, alcun effettivo riscontro.
Cio’, in particolare, tenuto conto del dato, emergente dalla
analisi testuale della disposizione censurata, che in essa non vi e’
alcun indice da cui desumere l’esistenza sia di uno specifico ambito
territoriale di localizzazione dell’intervento, sia di particolari
categorie svantaggiate destinatarie di esso, essendo, anzi, prevista
la attribuzione delle risorse in favore di una ampia e
tendenzialmente indifferenziata platea di soggetti beneficiari.
5.- L’evidente subordinazione del disposto del comma 2 dell’art.
64 del d.l. n. 83 del 2012 alla perdurante vigenza del contenuto
normativo del precedente comma 1 fa si’ che, accolta la questione di
legittimita’ costituzionale concernente il comma 1, debba – anche
prescindendo dalle specifiche censure fatte valere dalla ricorrente
Regione – essere estesa la dichiarazione di illegittimita’
costituzionale anche al successivo comma 2, in quanto, trattandosi di
disposizione destinata ad operare esclusivamente in funzione della
precedente, venuta meno questa, non trova giustificazione la sua
permanenza nell’ordinamento.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separata pronuncia ogni decisione sulle ulteriori
questioni di legittimita’ costituzionale aventi ad oggetto altre
disposizioni del decreto-legge oggetto di impugnazione;
1) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 64,
commi 1 e 2, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti
per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dall’art.
1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134;
2) dichiara inammissibile la questione di legittimita’
costituzionale dell’articolo 53, comma 1, lettera b), del medesimo
d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dall’art. 1,
comma 1, della legge n. 134 del 2012, promossa, in riferimento agli
articoli 75 e 136 della Costituzione, dalla Regione Veneto con il
ricorso in epigrafe.

Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 ottobre 2013.

F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 31 ottobre 2013.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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