Cons. Stato Sez. VI, Sent., 04-07-2011, n. 3971

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La B. Popolare di Parabita e Aradeo (successivamente B. P. P.) stipulava un contratto di finanziamento ex lege 25 luglio 1952, n. 949, con la "Impresa Artigiana A. G.", sita in Soleto (Lecce), Via Madonna del Carmine.

La B., in relazione a tale contratto, aveva chiesto all’Artigiancassa, in data 2 marzo 1982, l’ammissione al contributo nel pagamento degli interessi, inviando, tra l’altra documentazione, sia il certificato di iscrizione all’Albo delle imprese artigiane della ditta in questione, per l’attività di "confezioni di vestiario", sia la dichiarazione dell’impresa che il prestito (60 milioni di lire) sarebbe stato "utilizzato per il pagamento della spesa documentata e destinato alla costruzione di laboratorio artigiano". L’impresa si era altresì impegnata a "mantenere la destinazione dichiarata…. per tutta la durata del prestito". Il contributo veniva pertanto concesso.

1.1 Successivamente, a seguito di una visita ispettiva dell’Artigiancassa effettuata il 16 aprile 1992, risultò "che il laboratorio oggetto del finanziamento era al piano terra chiuso e non funzionante, mentre il piano interrato viene adibito a palestra".

Prima di assumere le proprie determinazioni, l’Artigiancassa chiese alla B. Popolare chiarimenti. Dai documenti trasmessi dalla B. risultò che l’impresa A. G., esercente "confezioni vestiario", con sede in Soleto nell’immobile finanziato, aveva cessato l’attività in data 11 novembre 1983. Risultava, peraltro, che in tale sede la ditta si fosse insediata solo il 3 gennaio 1983.

Da altro certificato, emergeva che l’impresa artigiana A. G., esercente "stireria e confezioni", con sede in Carpignano Salentino (ossia diversa attività, in altro immobile, posto in diverso comune) si fosse iscritta all’Albo in data 5 novembre 1984 ed avesse cessato la propria attività il 30 dicembre 1991.

Veniva altresì acquisita documentazione dalla quale risultava che l’associazione "Idea Gym", del cui consiglio direttivo facevano parte A. G., A. Raffaella ed A. Sergio, avesse sede in Soleto, nello stabile dell’impresa originariamente finanziata.

Ciò considerato, l’Artigiancassa, con delibera del Comitato Tecnico regionale della Puglia, adottata il 5 ottobre 1994, decideva di revocare le agevolazioni creditizie concesse, a far data "dall’11 novembre 1983, data di distrazione dei beni finanziati".

2. Contro tale decisione ricorreva al Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia l’Attanasi, allegando documentazione probatoria, tesa a contrastare principalmente le risultanze della visita ispettiva del 16 aprile 1992.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia adito confermava in primo luogo la propria giurisdizione, rispondendo ad una eccezione sollevata dall’Artigiancassa (eccezione successivamente non dedotta in appello).

Respingeva poi il ricorso nel merito, con sentenza n. 4156 del 5 novembre 2005, ritenendo in primo luogo che la società ricorrente non avesse provato alcuna delle affermazioni su cui è fondato il ricorso stesso, con particolare riferimento a quelle connesse alla contestata cancellazione dall’Albo delle imprese artigiane della ditta stessa, a far data dall’11 novembre 1983.

Riteneva poi il Tribunale che, pur considerando l’affermazione del ricorrente secondo la quale l’attività sarebbe comunque successivamente proseguita nei locali in questione il vincolo di scopo cui era finalizzato il finanziamento agevolato, doveva permanere per tutta la durata del mutuo (ossia per dieci anni).

In base all’articolo 2, commi 1 e 2, del d.m. 15 aprile 1975, ricordava il giudice di primo grado, il finanziamento pubblico ottenuto dall’impresa artigiana ex lege n. 949 del 1952, deve essere destinato all’utilizzo dichiarato per tutta la durata del prestito. Cosa non avvenuta nel caso di specie.

Veniva anche sottolineata la circostanza che, in parte degli originari locali della ditta, si fosse successivamente installata una palestra e che l’attività della ditta in questione risultava trasferita e ripresa in altra sede.

3. Contro la sentenza, ricorreva in appello il signor A..

Nell’appello il ricorrente, a dimostrare la continuità della propria attività nella originaria sede di Soleto, ricordava come "ai fini IVA", la cessazione non risultasse avvenuta, dando notizia anche di fatture emesse e di fatture di acquisto relative al periodo che va dal 12 novembre 1983 (data di cancellazione dall’Albo delle imprese artigiane) al 6 agosto 1984 (data in cui avveniva una nuova iscrizione all’Albo), indirizzate alla originaria sede.

Ricordava poi che fatture di acquisto relative al periodo 19831990, risultavano indirizzate presso la sede di Soleto; così come presso la stessa sede fossero inoltrate le richieste di pagamento della C.C.I.A.A. relativamente agli anni 19861990.

Questi, ed altri elementi, dimostravano a giudizio del ricorrente il permanere dell’attività nella sede di Soleto.

Nel ricorso veniva altresì criticata l’affermazione del giudice di primo grado, per cui la persistenza dei requisiti per il finanziamento dovesse proseguire senza soluzione di continuità per l’intero periodo di durata del mutuo. La revoca del beneficio avrebbe dovuto eventualmente riguardare solo quella parte del finanziamento in cui non è stato rispettato il vincolo di scopo, in relazione alla mutata destinazione dell’immobile.

4. La causa veniva assunta in decisione presso la VI Sezione del Consiglio di Stato, nella pubblica udienza del 14 giugno 2011.

Il ricorso non può essere accolto.

Non risultano infatti adeguatamente contestati alcuni oggettivi dati di fatto posti a fondamento dell’appellata sentenza del Tribunale amministrativo.

In primo luogo, non può contestarsi la cessazione dell’attività della ditta in esame nella sede di Soleto, a partire dall’11 novembre 1983. Va peraltro ricordato che in tale sede la ditta si era trasferita solo il 3 marzo 1983, risultando il mutuo richiesto il 2 marzo 1982.

Ancora, la rinnovata iscrizione all’Albo in data 5 novembre 1984 risultava, come sopra ricordato, a favore di A. G., ma con diversa attività ed in altro Comune (Carpignano Salentino). Non risulta che di ciò sia stata data comunicazione né alla B., né all’Artigiancassa.

Non è contestata l’apertura di una palestra in parte degli originari locali, in relazione ai quali era stato concesso il contributo bancario per l’esercizio di una attività artigianale di "confezioni vestiario".

Nemmeno sembra sufficiente a testimoniare la ripresa ed il proseguimento dell’attività presso la sede di Soleto, l’indicazione di domiciliazioni amministrative o commerciali presso la sede stessa. Non risultano prodotte dal ricorrente testimonianze o prove di carattere oggettivo, nè risulta che il ricorrente abbia contestato presso le opportune sedi giudiziarie la veridicità degli accertamenti ispettivi, effettuati dall’Artigiancassa, relativi al puntuale stato dei luoghi ed alla loro destinazione in occasione della visita.

Sembra quindi da condividersi l’orientamento del giudice di primo grado sulla mancata osservanza da parte del ricorrente non solo delle dichiarazioni e degli impegni presi con la B. mutuante e da questa comunicati, come sopra ricordato, all’Artigiancassa; ma anche delle disposizioni di cui al d.m. 15 aprile 1975, emesso ex articolo 37 della legge n. 949 del 1952, sui limiti e modalità per la concessione dei contributi.

In base a tale disposizione, i beni oggetto del finanziamento devono essere materialmente inseriti nell’azienda artigiana beneficiaria, completamente realizzati ed utilizzati per l’attività dell’impresa stessa.

Ancora, l’articolo 2 del d.m. da ultimo ricordato, prescrive, come prima richiamato, che "la destinazione dichiarata deve essere mantenuta – materialmente e giuridicamente – per tutta la durata del finanziamento, sotto pena di revoca, totale o parziale, del contributo".

Cosa non avvenuta nel caso di specie.

Non sembra quindi possibile, ad una oggettiva valutazione dei dati di fatto e di diritto sottoposti al Collegio, accogliere il ricorso avanzato.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione VI, respinge l’appello in epigrafe e conferma la sentenza di primo grado.

Condanna la parte soccombente alle spese quantificate in 3.000,00 (tremila/00) euro.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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