Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-06-2011) 28-06-2011, n. 25741

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Trento, sezione distaccata di Tione di Trento, con sentenza in data 22/10/2010, confermava la sentenza del giudice di pace di Tione di Trento in data 5/11/2008, che dichiarava P. M. colpevole il reato di danneggiamento per aver provocato a C.V. uno strappo sulla manica della pelliccia che indossava e condannato, concesse le attenuanti generiche, alla pena di Euro 400 di multa, dichiarando la pena estinta per indulto.

Proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato deducendo i seguenti motivi:

a) mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui è stata ritenuta attendibile la parte offesa, nonostante elementi documentali indicavano la sua calunniosa querela-denuncia;

b) violazione di legge da non avere la Corte dichiarato la prescrizione del reato.

Il difensore della parte civile C.V., con memoria depositata in data 23.5.2011, rilevava l’inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

In ordine logico va esaminata, preliminarmente, l’eccezione di prescrizione che è infondata. Si deve osservare che nella presente fattispecie, decisa con sentenza del 5/11/2008, si applicano – ex L. 5 dicembre 2005, n. 251, art. 10, comma 3, modificato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 393 del 23/11/2006 – le nuove regole sulla prescrizione. Il termine prescrizionale, per il reato di danneggiamento è di anni sette, mesi sei (anni sei + 1/4 % per l’interruzione) a cui devono aggiungersi le seguenti cause di sospensione, imputabili al difensore: dal 21-3-2007 al 18-7-2007, dal 18.7.2007, al 19.12.2007 e dal 16-7-2008 al 17.9.2008 (complessivamente m. 10, gg 29).

Il reato risulta commesso in data (OMISSIS) e la prescrizione matura, quindi, in data 4.7.2011.

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. E’ indiscusso nella giurisprudenza di questa Corte che a base del libero convincimento del giudice possono essere poste le dichiarazioni della parte offesa (Cass., sez. 3, 5 marzo 1993, Russo, m. 193862; Cass., sez. 4, 26 giugno 1990, Falduto, m. 185349) che, pur se non può essere equiparata a quella del testimone estraneo, può tuttavia essere anche da sola assunta come fonte di prova, ove venga sottoposta a un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva (Cass., sez. 1, 28 febbraio 1992, Simbula, m. 189916;

Cass., sez. 6, 20 gennaio 1994, Mazzaglia, m. 198250; Cass., sez. 2, 26 aprile 1994, Gesualdo, m. 198323; Cass., sez. 6, 30 novembre 1994, Numelter, m. 201251; Cass., sez. 3, 20 settembre 1995, Azingoli, m.

203155), non richiedendo necessariamente neppure riscontri esterni, quando non sussistano situazioni che inducano a dubitare della sua attendibilità (Cass., sez. 6, 13 gennaio 1994, Patan, m. 197386, Cass., sez. 4, 29 gennaio 1997, Benatti, m. 206985, Cass., sez. 6, 24 febbraio 1997, Orsini, m. 208912, Cass., sez. 6, 24 febbraio 1997, Orsini, m. 208913, Cass., sez. 2, 13 maggio 1997, Di Candia, m.

208229, Cass., sez. 1,11 luglio 1997, Bello, m. 208581, Cass., sez. 3, 26 novembre 1997, Caggiula, m. 209404). A tali dichiarazioni, invero, non si applicano le regole di cui all’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, che riguardano le propalazioni dei coimputati del medesimo reato o di imputati in procedimenti connessi o di persone imputate di un reato collegato e che presuppongono l’esistenza di altri elementi di prova unitamente ai quali le dichiarazioni devono essere valutate per verificarne l’attendibilità.

Nel caso di specie i Giudici di merito, come già evidenziato, hanno sottoposto ad attento controllo le dichiarazioni della vittima, valutate nel contesto delle emergenze processuali, segnatamente evidenziando le caratteristiche peculiari di precisione, coerenza ed uniformità delle dichiarazioni accusatorie ed estendendo il vaglio anche ad altri elementi, quali il riscontro esterno costituito dal referto medico in data 5.2.2003 e le dichiarazioni del brigadiere G.V. e di M.E.M. che hanno confermato la lacerazione della pelliccia.

Con valutazione logica, incensurabile in sede di legittimità, la Corte territoriale ha evidenziato l’inattendibilità dei testi B. G. e l’irrilevanza dei testi C.F. e M.I., non presenti al momento dello svolgimento dei fatti.

L’utilizzazione della fonte di prova è stata, quindi, condotta dai Giudici del merito nella corretta osservanza delle regole di giudizio che disciplinano la valutazione della testimonianza delle persone offese dal reato e con adeguata motivazione, che si sottrae a censura in questa sede.

E’ appena il caso di aggiungere che l’esattezza delle suddette valutazioni, non può formare oggetto di contestazione in questa sede, essendo notoriamente preclusi alla Corte di legittimità l’esame degli elementi fattuali e l’apprezzamento fattone dal giudice del merito al fine di pervenire al proprio convincimento. In conclusione si tratta di reiterazione delle difese di merito ampiamente e compiutamente disattese dai giudici di secondo grado, oltre che censura in punto di fatto della sentenza impugnata, inerendo esclusivamente alla valutazione degli elementi di prova ed alla scelta delle ragioni ritenute idonee a giustificare la decisione, cioè ad attività che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto, come nel caso in esame, da adeguata e congrua motivazione esente da vizi logico-giuridici.

Dalla ritenuta attendibilità dell’accusa discende, quindi, l’esatta affermazione della sussistenza del contestato reato, i cui elementi costitutivi sono stati tratti dalle dichiarazioni della parte offesa.

Gli argomenti proposti dal ricorrente costituiscono, in realtà, solo un diverso modo di valutazione dei fatti, ma il controllo demandato alla Corte di cassazione, è solo di legittimità e non può certo estendersi ad una valutazione di merito.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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