Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-06-2011) 28-06-2011, n. 25736

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Svolgimento del processo

Con sentenza in data 9 marzo 2010, la Corte d’Appello di Bologna, 3A sezione penale, confermava la sentenza del Tribunale in sede, con la quale l’appellante P.D. era stato dichiarato colpevole del delitto di tentata estorsione ( artt. 56 e 629 c.p.) in danno di C.S. (che con minacce aveva tentato di costringere a non presentare la propria offerta nella gara di appalto indetta dal Comune di Monterenzio per l’aggiudicazione del servizio di trasporto scolastico, fatto commesso verso la fine dell'(OMISSIS)) e condannato, riconosciute le attenuanti generiche alla pena di un anno otto mesi di reclusione e Euro duecento di multa nonchè al risarcimento del danno in favore della parte civile, da liquidarsi in separato giudizio, alla rifusione delle spese e al pagamento di provvisionale quantificata in Euro cinquemila.

Dichiarava non doversi procedere nei suoi confronti in ordine al delitto di cui agli artt. 56 e 353 c.p., perchè estinto per prescrizione.

La Corte territoriale, rigettata l’impugnazione dell’ordinanza del Tribunale con la quale era stata respinta la richiesta di ammissione dei nuovo testi a seguito della contestazione in udienza del delitto di cui agli artt. 56 e 353 c.p. al rilievo che tale reato era stato dichiarato estinto per prescrizione nonchè l’impugnazione dell’ordinanza con la quale era stata respinta l’istanza di produzione di documentazione nuova al rilievo che non ne era stata indicata la rilevanza, nel merito riteneva fondata la prova della responsabilità sulla scorta della testimonianza precisa e coerente della persona offesa e del significato minaccioso della frase pronunciata con la quale P. aveva intimato al C. di ritirare la busta contenente l’offerta al ribasso altrimenti gli avrebbe "spaccato le ossa". La circostanza che il ritiro dell’offerta non avrebbe determinato alcun ingiusto profitto perchè dal ritiro dell’offerta al ribasso l’imputato non ne avrebbe tratto alcun vantaggio perchè aveva effettuato una (non consentita) offerta al rialzo era irrilevante perchè, mentre il danno per la parte lesa non può che essere di natura patrimoniale (danno sussistente in connessione alla mancata aggiudicazione dell’appalto), l’ingiusto profitto può avere contenuto anche non patrimoniale (nel caso il risultato, di natura commerciale e quindi indirettamente anche patrimoniale) di far fallire la gara di appalto e quindi di ottenere la proroga del precedente appalto, concesso proprio alla SACA di P.D.. Non sussisteva la denunciata violazione dell’art. 521 c.p.p. perchè il fatto ritenuto in sentenza (minaccia per costringere la persona offesa a ritirare la busta contenente l’offerta) non differiva sostanzialmente da quello contestato (minaccia diretta a costringere la persona offesa a non presentare l’offerta).

Non ricorrevano i presupposti nè per la derubricazione nel meno grave delitto di minaccia nè per l’assorbimento nel delitto di turbata libertà degli incanti. Per quest’ ultimo delitto, per il quale è stata pronunciata sentenza di proscioglimento per prescrizione, non ricorrevano i presupposti per la pronuncia di sentenza di assoluzione ex art. 129 c.p.p.. La sussistenza del reato rendeva evidente la configurabilità del danno subito dalla parte civile, quanto meno sotto il profilo del danno morale ed irrilevante era la circostanza che non fosse stata ancora fornita la prova dei singoli danni e della loro entità.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: – violazione di legge ed in particolare erronea applicazione dell’art. 56 c.p. (con riferimento al requisito dell’idoneità) e art. 629 c.p. nonchè mancanza e illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato, perchè a fronte di un’estorsione, per di più tentata, caratterizzata da singolari peculiarità la Corte era demandata ad un duplice scrutinio di idoneità ex ante della condotta contestata ovvero della frase pronunciata, scrutinio al quale non ha proceduto non essendo stato spiegato per quale motivo l’espressione usata (colorita ed iperbolica) non possa essere interpretata come annuncio di un normale proposito concorrenziale. Illogicamente sovrappone il proposito di effettuare una normale concorrenza, ancorchè agguerrita ma lecita, con una concorrenza illecita e comunque non spiega perchè un’ unica frase, certamente poco urbana ma non in sè gravemente minacciosa (soprattutto percepita come non minacciosa) debba essere interpretata come significativa dell’esistenza di un reato talmente grave come l’estorsione; – violazione di legge ed in particolare inosservanza degli artt. 56, 629, 353 e 15 c.p. perchè le condotte tra le due fattispecie sono perfettamente sovrapponibili con la conseguenza del necessario assorbimento della tentata estorsione nella tentata turbativa della libertà degli incanti, delitto quant’ultimo plurioffensivo, il bene protetto non essendo solo la libertà di partecipare alle gare nei pubblici incanti, ma anche la libertà di chi vi partecipa di influenzarne l’esito.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo è infondato, perchè la sentenza ha spiegato le ragioni per le quali l’espressione usata "se non ritiri l’offerta ti spacco le ossa" ha significato inequivocabilmente minaccioso, teso a coartare l’altrui volontà. 2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.

Va ribadito che "i delitti di estorsione e di turbata libertà degli incanti possono concorrere formalmente, perchè quello di estorsione si connota per la coartazione dell’altrui volontà con lo specifico fine del conseguimento di un ingiusto profitto con altrui danno patrimoniale, quello di turbata libertà degli incanti si caratterizza per il dolo generico, per la coscienza e volontà di impedire, turbare la gara o allontanare gli offerenti, e per essere reato di pericolo che si consuma al momento in cui la gara è impedita o turbata senza che occorra la produzione di un danno o il conseguimento di un profitto". (Cass. Sez. 2, 13-31.3.2008 n. 13505).

Non sfugge il contrario orientamento secondo il quale "Il delitto di turbata libertà degli incanti ( art. 353 c.p.) ha natura plurioffensiva, tutelando la norma non solo la libertà di partecipare alle gare nei pubblici incanti, ma anche la libertà di chi vi partecipa ad influenzarne l’esito, secondo la libera concorrenza ed il gioco della maggiorazione delle offerte. Ne consegue che, in base al principio di specialità espresso dall’art. 15 c.p., tale delitto non può concorrere con quello di estorsione ( art. 629 c.p.), con la conseguenza che quest’ultimo deve ritenersi assorbito nel primo". (Cass. Sez. 6, 3.3.-28.4.2004 n. 19607).

La sentenza impugnata ha giustificato il convincimento di quale sia stato il fine di ingiusto profitto perseguito dal ricorrente, con corrispondente danno per la persona offesa.

3. Tuttavia merita accoglimento la richiesta subordinata della difesa, perchè nelle more del giudizio è maturata la prescrizione anche per il delitto di tentata estorsione. Il reato è stato infatti commesso nell'(OMISSIS), sicchè il termine massimo (secondo la previdente disciplina dell’art. 157 c.p. di quindici anni complessivi) è maturato nell’agosto 2010.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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