Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-06-2011) 28-06-2011, n. 25731 Giudizio d’appello rinnovazione del dibattimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Trieste, con sentenza in data 16/6/2010, confermava la sentenza del Tribunale di Pordenone, in data 19/3/2009, appellata da G.M., dichiarato colpevole del reato di appropriazione indebita aggravata per essersi indebitamente impossessato in più riprese, nella qualità di dipendente addetto alla biglietteria dell’ATAP di Pordenone della somma di Euro 8.828,64, effettuando operazioni di vendita e alterando i titoli di viaggio senza versare i relativi incassi all’ufficio preposto dell’azienda. Proponeva ricorso per cassazione l’imputato deducendo i seguenti motivi:

a) violazione di legge e difetto di motivazione essendo stata affermata la responsabilità del prevenuto in totale assenza di prova del fatto contestato e sulla base di congetture e indizi non gravi, nè precisi e concordanti;

b) violazione di legge e difetto di motivazione, essendo inverosimile che nell’arco di 12 mesi e per ben 17 volte di seguito l’ufficio di controllo di cassa dell’ATAP non si sia accorto degli ammanchi, in mancanza di prova di "buchi" nella numerazione cronologica dei report consegnati, avendo omesso anche di valutare la Corte territoriale che uno degli episodi si riferisce ai biglietti emessi nel pomeriggio di una giornata in cui l’imputato era al lavoro nel turno del mattino;

c) violazione del patto internazionale sui diritti civili e politici di Strasburgo in data 28/4/1983 in ordine alla presunzione di innocenza, stante le inadempienze dell’accusa in ordine all’assolvimento dell’onere probatorio, mancando la prova che vi siano dati del registratore di cassa o della memoria flash che non coincidano con la documentazione cartacea acquisita alla contabilità ATAP (cioè i report cartacei), non essendo stata acquisita la contabilità ufficiale, nè il report cartaceo di quel periodo, nè i files da cui dovrebbero risultare i report non consegnati;

d) Illogicità della motivazione e mancata assunzione di una prova decisiva non essendo stata disposta la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale al fine di: 1) ammettere la prova testimoniale non esperita in primo grado 2) disporre l’acquisizione o l’esibizione dei files da cui risulterebbero i report mancanti dalla contabilità Atap, al fine di effettuare un raffronto e la perizia contabile; 3) disporre la verifica delle macchine emettitrici per eseguire su di esse una perizia tecnica;

e) Illogicità della motivazione con riferimento all’affermazione di responsabilità non avendo la teste V. riconosciuto nel prevenuto il venditore dell’abbonamento da essa acquistato e avendo anche la Corte di merito escluso la sostanziale irrilevanza delle deposizioni dei testi B. e M., non avendo valutato le prove favorevoli all’imputato, non essendo stato effettuato neanche un esame grafologico al fine di individuare l’identità del correttore dello scontrino alterato. Il ricorrente riteneva mancare la prova dell’esistenza di biglietti emessi, i cui report non sarebbero stati consegnati all’ufficio di controllo cassa con il relativo contante e della emissione di tali biglietti da parte dell’imputato, dovendosi anzi escludere, per alcuni di essi, che siano riconducibili all’imputato, sicuramente altrove al momento della vendita dei biglietti.

Motivi della decisione

1) Il ricorso è infondato.

La Corte di Appello di Trieste, invero, con motivazione esaustiva, logica e non contraddittoria, evidenzia come la sentenza di condanna si fondi non solo o sulle emergenze della relazione dell’Atap ma anche sulle testimonianze di D.C.G. e C.A., madre dell’abbonata V.M. che ha confermato l’avvenuta modifica a penna del numero dell’abbonamento acquistato dalla figlia di cui è stato accertato il mancato versamento del corrispettivo in cassa.

Il teste D.N., inoltre, ha riconosciuto con certezza la grafia dell’imputato nelle correzioni apportate a penna anche su altri abbonamenti e sui titoli di viaggio venduti dal prevenuto.

Il G., inoltre, aveva anche la concreta possibilità di utilizzare anche postazioni di lavoro diversa dalla propria, mentre la mancata rilevazione immediata da parte dell’ufficio cassa, degli ammanchi e delle irregolarità amministrative trova giustificazione, come evidenziato dalla Corte di merito, nella complessità e periodicità delle operazioni di verifica e nella relativa minima entità delle somme sottratte rispetto alla consistenza degli incassi totali.

Per quanto concerne il rilievo che in alcuni episodi i biglietti sarebbero stati emessi in orari in cui l’imputato non sarebbe stato di turno, la Corte territoriale ha evidenziato come, in base ai controlli eseguiti dall’Atap, il G. abbia, in qualche caso, compilato il foglio presenze indicando un orario di lavoro difforme dall’orario di consegna dei rendiconti relativi all’incasso della giornata. La convergenza dei riscontri e dei controlli incrociati effettuati dall’Atap ha reso superfluo ulteriori accertamenti nei confronti di altri titolari di abbonamento. Gli argomenti proposti dal ricorrente costituiscono, in realtà, solo un diverso modo di valutazione dei fatti, ma il controllo demandato alla Corte di cassazione, è solo di legittimità e non può certo estendersi ad una valutazione di merito.

2) Con riferimento al quarto motivo di ricorso relativo alla mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, questa Suprema Corte ha più volte affermato il principio – condiviso dal Collegio – che atteso il carattere eccezionale della rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello, il mancato accoglimento della richiesta volta ad ottenere detta rinnovazione in tanto può essere censurato in sede di legittimità in quanto risulti dimostrata, indipendentemente dall’esistenza o meno di una specifica motivazione sul punto nella decisione impugnata, la oggettiva necessità dell’adempimento in questione e, quindi, l’erroneità di quanto esplicitamente o implicitamente ritenuto dal giudice di merito circa la possibilità di "decidere allo stato degli atti", come previsto dall’art. 603 c.p.p., comma 1.

Ciò significa che deve dimostrarsi l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento o da altri atti specificamente indicati (come previsto dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. E) e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate qualora fosse stato provveduto, come richiesto, all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in sede di appello. (Si vedano:

Sez. 1, Sentenza n. 9151 del 28/06/1999 Ud. – dep. 16/07/1999 – Rv.

213923; Sez. 5, Sentenza n. 12443 del 20/01/2005 Ud. – dep. 04/04/2005 – Rv. 231682).

Invece, la difesa dell’imputato ha insistito nella richiesta di acquisizione di files da cui risulterebbero i report mancanti dalla contabilità Atap, al fine di effettuare un raffronto e disporre la perizia contabile, chiedendo la perizia tecnica sulle macchine emettitrici e un supplemento di prova testimoniale, richieste motivatamente tutte disattese dalla Corte territoriale stante la genericità delle affermazioni alcune delle quali aventi natura meramente esplorativa con riferimento all’esame delle macchine emettitrici, non essendosi mai prospettato alcun particolare difetto di funzionamento delle stesse. Infine il dato probatorio, che si assume omesso dal Giudice di merito, deve avere carattere di decisività (decisività che non ha certamente la richiesta di perizia, a fronte di tutti i certi elementi probatori acquisiti e valutati dai Giudici di merito) non essendo possibile da parte della Corte di Cassazione una rivalutazione complessiva delle prove che sconfinerebbe nel merito. Quanto sopra è già sufficiente per dichiarare l’infondatezza del motivo di ricorso, sul punto, trattandosi, con evidenza, di giudizio di merito sottratto all’esame di questa Corte di legittimità se ben sorretto – come è nel nostro caso – da un’adeguata motivazione.

3) Con riferimento all’ultimo motivo, va osservato che l’omesso esame di un motivo di appello da parte della Corte di merito non da luogo a un difetto di motivazione rilevante a norma dell’art. 606 c.p.p., nè determina incompletezza della motivazione della sentenza allorchè, pur in mancanza di espressa disamina, il motivo proposto debba considerarsi implicitamente disatteso perchè incompatibile con la struttura e con l’impianto della motivazione, nonchè con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la ratio decidendi della sentenza medesima. Secondo il disposto dell’art. 597 c.p.p., comma 1, l’appello attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione nel procedimento (limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti). Pertanto il giudice d’appello deve tenere presente, dandovi risposta in motivazione, quali sono state le doglianze dell’appellante in ordine ai punti (o capi art. 581 c.p.p., comma 1, lett. e) investiti dal gravame, ma non è tenuto ad indagare su tutte le argomentazioni elencate in sostegno dell’appello quando esse siano incompatibili con le spiegazioni svolte nella motivazione, poichè in tal modo quelle argomentazioni si intendono assorbite e respinte dalle spiegazioni fornite dal giudice di secondo grado. (Sez. 1, Sentenza n. 1778 del 21/12/1992 Ud. (dep. 23/02/1993) Rv. 194804).

Nel caso di specie la Corte di merito ha ritenuto fondata la responsabilità del prevenuto avendo accertato, sulla base degli accertamenti dell’Atap e in base alle dichiarazioni dei testi escussi, che il G. si era impossessato, durante il turno di lavoro, di somme relative a incassi relativi a biglietti e abbonamenti.

Va, quindi, qualificata come mera circostanza fattuale, insindacabile in sede di legittimità, la deduzione difensiva che mira a censurare la valutazione di inattendibilità dei testi, in base alla asserita implausibilità del resoconto testimoniale.

Deve ritenersi acquisito in giurisprudenza che il giudizio sulla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova è devoluto insindacabilmente al Giudice di merito, con la conseguenza che la scelta da lui compiuta per giungere al suo libero convincimento si sottrae al controllo di legittimità, quando non sia frutto di affermazioni apodittiche o illogiche.

Sulla dedotta censura di erronea valutazione della deposizione testimoniale dei testi B. e M., va osservato che il giudice penale è libero di dar credito o meno alle dichiarazioni testimoniali, valutandone la attendibilità sia in relazione ai rapporti di amicizia o parentela del teste con l’imputato, sia in relazione alle concrete circostanze della fattispecie e ben può ritenere i testi inattendibili, ove sussistano specifici e riconoscibili elementi atti a rendere fondato un sospetto di tal genere.

Nella fattispecie, peraltro, la Corte di merito, confermando, sul punto, la valutazione del Tribunale, ha escluso la sostanziale rilevanza delle deposizioni dei testi citati in quanto le dichiarazioni rese a favore dell’imputato non appaiono significative al fine di escludere la responsabilità dello stesso, riferendosi ad episodi circoscritti, inidonei a contrastare la pluralità di elementi di prova addebitati al prevenuto.

Conclusivamente il ricorso va rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè alla rifusione delle spese processuali del grado di giudizio a favore della parte civile costituita, liquidata come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado di giudizio dalla parte civile A.T.A.P. s.p.a. che liquida in complessive Euro 2.500,00 oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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