Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-06-2011) 28-06-2011, n. 25722

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 23 marzo 2009, la Corte d’Appello di Trieste, 2A sezione penale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pordenone appellata da D.N.W., B.M.A. e S.R., dichiarava non doversi procedere nei loro confronti in ordine al reati loro rispettivamente ascritti per i quali era intervenuta condanna, perchè estinti per prescrizione. Revocava la confisca delle somme in giudiziale sequestro. Confermava nel resto l’impugnata decisione, con la quale erano stati condannati al risarcimento dei danni cagionati alle parti civili Regione Friuli Venezia Giulia e Comune di Pinzano al Tagliamento, da liquidarsi in separata sede, e al versamento in solido fra di loro, di provvisionale immediatamente esecutiva in favore della Regione Friuli Venezia Giulia, D.N. e B. per importo di centomila/00 Euro, D.N. e S. di cinquantacinquemila/00 Euro e D. N. di venticinquemila/00 Euro, nonchè alla refusione delle spese processuali.

La Corte territoriale, rammentato che D.N., nella qualità di dipendente del Comune di Pinzano al Tagliamento in servizio presso l’Ufficio Tecnico con funzioni di responsabile dei procedimenti per le attività di edilizia-urbanistica e ricostruzione post-terremoto, era stato ritenuto responsabile: A) dei delitti di truffa aggravata continuata (artt. 81 cpv e 61 c.p., nn. 7 e 9 e art. 640-bis c.p.), per avere con artifizi e raggiri consistiti nella contraffazione ed alterazione di atti attinenti alla procedura di erogazione dei contributi regionali derivanti dal sisma del 1976 e di cui alla L.R. 11 settembre 1991, n. 48 (predisposizione del programma annuale comunale degli intereventi di ripristino e ricostruzione di opere di edilizia residenziale; di decreti del Sindaco idelogicamente o materialmente falsi; di ordinativi di pagamento con firma falsa del Sindaco, in particolare in favore di B.M.A. e di S.R.) otteneva la ripetuta erogazione di contributi per complessive L. 458.260.284 in favore di B. e L. 330.876.935 per S., con pari danno della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia; B) del reato di cui agli artt. 81 cpv, 117 e 319 c.p. perchè, al fine di ottenere il conseguimento delle suddette indebite erogazioni di danaro, riceveva come retribuzione danaro (in contanti ed in assegni) in plurime occasioni da B. (L. 132.000.000) e S. (L. 90.000.000 circa); C) del delitto di cui agli artt. 81 cpv. e 61 c.p., nn. 2 e 9 e art. 476 c.p., perchè nella qualità suddetta, contraffaceva plurimi atti di spettanza del Comune di Pinzano al Tagliamento; che B.M.A. era stata dichiarata colpevole: (Capo E) del delitto di cui agli artt. 117, 319 e 321 c.p. perchè essendo proprietaria di immobile sito in (OMISSIS), agendo in concorso con D.N.W., consegnava a D.N. in plurime occasioni, affinchè le consentisse di conseguire dalla Regione Friuli Venezia Giulia indebite erogazioni per L. 458.260.284, la complessiva somma di L. 132.000.000 circa; (Capo F) del delitto di cui agli artt. 110 e 640 bis c.p. per avere, agendo in concorso con D.N.W., conseguito con artifizi e raggiri dalla Regione Friuli Venezia Giulia la complessiva somma di L. 458.260.284; che S.R. era stato dichiarato colpevole (Capo I) del delitto di cui agli artt. 117, 319 e 321 c.p. perchè, essendo proprietario di immobile sito in (OMISSIS), agendo in concorso con D.N. W., consegnava a quest’ultimo in plurime occasioni, la complessiva somma di circa L. 90.000.000, affinchè gli consentisse di conseguire dalla Regione Friuli Venezia Giulia indebite erogazioni per L. 330.876.935; (Capo L) del delitto di cui agli artt. 110 e 640- bis c.p. per avere, agendo in concorso con D.N.W., conseguito con artifizi e raggiri dalla Regione Friuli Venezia Giulia l’indebita erogazione della complessiva somma di L. 330.876.935, fatti commessi fino al 29.8.2000;

rammentate le ragioni poste a fondamento della decisione del Tribunale e riportati i motivi di appello, rigettata la reiterata eccezione di inutilizzabilità della consulenza disposta dal Pubblico Ministero e comunque rilevato che la documentazione acquisita dava conto della fondatezza dei fatti addebitati, nel merito osservava che tutti i reati erano prescritti, ma che dovevano essere confermate le statuizioni civili perchè i contributi erano stati erogati in assenza dei presupposti di legge, per inesistenza innanzi tutto di concessione edilizia per l’esecuzione dei lavori (per S. era stata indicata concessione edilizia che riguardava la realizzazione di un muro di cinta; per B. venne indicata una concessione inesistente). La circostanza che la procedura era passata al vaglio degli organi di controllo era priva di rilievo perchè si trattava di verifiche solo formali. L’incongruenza tra lavori effettivamente eseguiti e quelli finanziati (sulla base di reiterati computi metrici) risultava non solo dalla CT del PM, ma anche da quanto riferito dal Servizio Tecnico Comunale nella nota del 20.9.2000. In ogni caso i lavori, per i quali la normativa regionale consentiva l’erogazione del contributo, dovevano esser stati realizzati già alla data del 1991. Quanto al delitto di corruzione, la prova si fondava non solo sull’analisi degli appunti sulle agende di D. N., ma su dati oggettivi costituiti dagli otto assegni circolari emessi a richiesta di S. per un totale di L. quarantacinque milioni, in date corrispondenti o prossime alle annotazioni di D. N.; dal fatto che uno di tali assegni venne versato su conto corrente riferibile a D.N.; dalle dichiarazioni dello stesso S.; dall’accertamento eseguito presso la Banca del Friuli, filiale di San Daniele, da cui risulta il versamento di assegni circolare emesso all’ordine della B. corrispondente ad annotazione effettuata sull’agenda di D.N.. La tesi difensiva, secondo la quale il versamento di danaro fosse giustificato dalle attività di professionisti che avevano curato gli aspetti tecnici della documentazione, è priva di riscontro processuale, perchè non sono state precisate le generalità dei professionisti dei quali genericamente è stata sollecitata l’audizione (al contrario dalle sommarie informazioni assunte nel corso delle indagini non sono emersi elementi di conforto alla tesi difensiva). L’espletamento di perizia grafica non è risultata necessaria, essendo stato sufficiente il disconoscimento delle firma da parte del Sindaco D. B.L.. L’allegazione delle fotocopie di documenti è stata correttamente valutata come rilevante penalmente, perchè relative a documenti artificiosamente formati. Quanto alle statuizioni civili, la quantificazione delle provvisionali era giustificata dall’entità delle erogazioni indebite. Per effetto della declaratoria di proscioglimento per prescrizione doveva essere revocata la confisca delle somme in giudiziale sequestro, perchè i reati sono stati commessi prima dell’entrata in vigore della L. 29 settembre 2000, n. 300, sicchè si versa in ipotesi di confisca facoltativa.

Analogamente non meritavano accoglimento gli appelli di S. (la sua buona fede essendo esclusa in ragione dell’entità delle somme ricevute, persino superiori a quelle indicate nei computi metrici e decisamente eccedenti gli importi spesi per l’esecuzione di lavori quantificati in alcune decine di milioni e delle somme corrisposte a D.N.) e di B. (la cui affermata buona fede contrasta con i rilevanti importi incassati per lavori di ristrutturazione mai eseguiti).

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: – violazione degli artt. 191, 407 e 526 c.p.p. per avere la sentenza impugnata dichiarato l’estinzione per intervenuta prescrizione del reato di cui al capo d’imputazione sub a) mantenendo ferme le statuizioni civilistiche della sentenza di primo grado. Per giungere a tale conclusione sono stati utilizzati ai fini della decisione gli atti di indagine compiuti dopo il 23.3.2001, atti dichiarati inutilizzabili dal Tribunale con ordinanza del 15.03.2005.

L’assunto, secondo il quale l’accordo intervenuto fra le parti per l’acquisizione degli atti contenuti nel fascicolo del PM avrebbe superato la declaratoria di inutilizzabilità, è contraddetto dalla stessa ordinanza del Tribunale, che espressamente ha tenuto ferme le ordinanze emesse dai precedenti collegi, nonchè dalla espressa precisazione formulata dal difensore di D.N. all’udienza del 19.05.06 con la quale si sottolineava che il consenso all’acquisizione e all’utilizzazione dei documenti e verbale presenti nel fascicolo del Tribunale non prescindeva dalle eccezioni formulate circa l’utilizzabilità degli stessi. Nè risolutiva è l’affermazione della Corte di appello, secondo la quale l’inutilizzabilità della consulenza disposta dal PM non preclude la possibilità di utilizzare quei documenti che il Tribunale avrebbe comunque potuto acquisire direttamente, perchè si è tenuto conto di quanto accertato dal consulente Z. quanto meno in relazione a quanto da costui accertato in occasione del sopralluogo eseguito il 25.9.2001 in relazione alla posizione della coimputata B. ed in relazione all’affermata carenza di concessione edilizia per la pratica relativa a S..

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato, perchè la sentenza impugnata ha giustificato il convincimento per il quale, per effetto del consenso delle parti, deve ritenersi essere stata acquisita tutta la documentazione esistente nel fascicolo del Pubblico Ministero. La Corte territoriale ha infatti rammentato che all’udienza del 10 marzo 2006 (dopo che il collegio, respinte le eccezioni preliminari, aveva richiamato e condiviso le precedenti ordinanze e quindi anche quella del 15.3.2005 dichiarativa dell’inutilizzabilità degli atti di indagine successivi al 23.3.2001) le parti concordemente acconsentivano, a norma dell’art. 493 c.p.p., all’utilizzabilità di tutti gli atti già presenti nel fascicolo del PM, tanto che il PM rinunciava all’audizione dei testi della propria lista. Solo alla successiva udienza del 19.05.2006 la difesa del D.N. formulava considerazioni per limitare l’assenso già prestato, ma tardivamente.

Su queste premesse è stata data corretta interpretazione dell’ordinanza emessa dal nuovo collegio all’udienza del 27.01.2007.

Comunque il ricorrente, dopo aver criticato diffusamente la parte della motivazione della sentenza impugnata dedicata alla confutazione della tesi difensiva dell’inutilizzabilità della consulenza eseguita su incarico conferito dal Pubblico Ministero, nulla osserva in relazione alla parte della motivazione che (come del resto precisato dalla stessa Corte territoriale) prescinde espressamente dal risultato della citata consulenza. La sentenza impugnata muove da una premessa, che il ricorrente non contesta, e cioè che "requisito documentale e sostanziale, essenziale, era….l’esistenza di una concessione edilizia per i lavori per i quali si chiedeva il contributo" e che i lavori dovessero essere già eseguiti anteriormente alla data di entrata in vigore della L.R. n. 48 del 1991, requisiti risultati inesistenti; rileva inoltre che la nota del 20.09.2000 del servizio tecnico dei Comuni di Forgaria e Pinzano al Tagliamento segnalava comunque la sproporzione dei lavori che venivano attestati come eseguiti (e quindi finanziati) in quanto eccessivi anche rispetto al valore complessivo degli immobili, eccessività risultante anche dalle testimonianze della figlia dell’imputato S. e di Zo. (che hanno riferito sull’effettiva entità dei lavori eseguiti in economia).

L’inesistenza della concessione edilizia per i lavori di ristrutturazione è stata ammessa (come si legge a pag. 8 dell’impugnata sentenza) dallo stesso S., il quale ha riconosciuto (come del resto risultante già dalle testimonianza della figlia) che alcuni lavori vennero eseguiti in economia e che tutte le pratiche erano state predisposte dal tecnico comunale (cioè D.N.). In sede di interrogatorio S. ha ammesso di aver corrisposto al ricorrente 45 milioni di lire per l’attività da lui svolta. Analoghe sono le giustificazioni della B. (pag. 9 della sentenza impugnata). Anche la B., in sede di interrogatorio, ha riferito di aver effettuato plurimi pagamenti in favore del tecnico comunale. Nessuna critica peraltro è stata formulata dal ricorrente alla restante parte della motivazione, con la quale si giustifica l’affermazione di responsabilità (sempre sotto il profilo civilistico) in relazione ai delitti di corruzione (per le cospicue somme che i giudici di merito hanno ritenuto fondatamente esser state corrisposte da S. e B. a D.N.) e falso (dimostrato per effetto del disconoscimento da parte del Sindaco su alcuni ordinativi di pagamento).

Il ricorrente deve in conseguenza essere condannato al pagamento delle spese processuali.

Segue la condanna alla rifusione in favore della parti civili costituite delle spese sostenute per il presente grado, spese che si liquidano, in ragione della complessità delle questioni dalle stesse affrontate nella discussione orale e dei rilevanti importi dei danni cagionati, secondo quanto indicato in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado di giudizio dalle parti civili Comune di Pinzano al ragliamento e Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, che liquida in complessivi Euro 4000,00 oltre spese generali IVA e CPA, per ciascuna parte.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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