Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 13-05-2011) 28-06-2011, n. 25686

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ricorre per cassazione il comune difensore di fiducia di D. P. e D.R. avverso l’ordinanza emessa in data 13.1.2011 dal Tribunale del riesame di Campobasso che rigettava la richiesta di riesame dell’ordinanza con la quale il GIP del Tribunale di Larino in data 14.12.2010 aveva reiterato la misura della custodia cautelare nei confronti, fra gli altri, degli indagati predetti per il solo delitto di tentato furto aggravato, contestato già nell’ordinanza genetica emessa dal GIP del Tribunale di Venezia nei confronti dei due D. e varie altre persone, tra cui M.S., assieme al reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti in centri commerciali in ogni parte d’Italia, con asportazione anche delle casseforti, e ad altri reati di furto.

Si deduce la violazione di legge in relazione all’art. 275 c.p.p. ed il vizio motivazionale circa la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 273 c.p.p. (gravità indiziaria) e art. 274 c.p.p. (esigenze cautelari).

I ricorsi sono infondati e vanno respinti.

E’ palese la sostanziale aspecificità delle censure mosse che hanno riproposto in questa sede pedissequa mente le medesime doglianze rappresentate dinanzi al Tribunale del riesame e da quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile.

Ancora, deve riconoscersi l’infondatezza delle stesse, attesa la congrua e corretta motivazione addotta dal Tribunale in ordine a tutte le doglianze rappresentate dai ricorrenti.

Invero, è ben delineata la gravità degli indizi raccolti ed enucleati dalle intercettazioni telefoniche nonchè dalla verifica della presenza dei mezzi e dei telefoni sul territorio (addirittura la macchina di D.P. venne monitorata e risultava seguire l’altra durante il tragitto per raggiungere Montenero di Bisaccia) in una alle dichiarazioni di tal D.D. che inducono a ritenere che tutti i soggetti utilizzatori dei telefoni fossero presenti in loco al momento del tentativo di furto contestato. A conferma e riscontro si cita che pochi giorni dopo l’episodio di Montenero tutti i correi tra cui i D., vennero arrestati nella flagranza di un fatto simile a Valdobbiaddene.

Da ultimo, va rimarcato che in tema di misure cautelari personali, l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ( art. 273 c.p.p.) e delle esigenze cautelari ( art. 274 c.p.p.) è rilevabile in Cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda nè la ricostruzione dei fatti, nè l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure che, pur formalmente investendo la motivazione, si risolvono in realtà nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito. Da ciò derivando che, ove venga denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento cautelare in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte di legittimità spetta solo il compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravita del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 1^, n. 2898 del 17.6.1993, Rv. 194745): incombenza alla quale il Tribunale ha ampiamente assolto.

A nulla rileva il decorso di 7 mesi tra il fatto e la decisione del Tribunale del riesame per escludere l’attualità delle esigenze cautelari e la scelta della più rigorosa misura carceraria.

Infatti, in tema di misure coercitive, il tempo trascorso dalla commissione del reato non esclude automaticamente l’attualità e la concretezza delle condizioni di cui all’art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c) (Sez. 4^, n. 6717 del 26.6.2007, Rv. 239019; Sez. Un, n. 40538 del 24.9.2009, Rv. 244377).

Ma sullo specifico punto è stata addotta dal Tribunale congrua e corretta motivazione. Ed è stato condivisibilmente affermato che "In tema di scelta e adeguatezza delle misure cautelari, ai fini della motivazione del provvedimento di custodia in carcere non è necessaria un’analitica dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni altra misura, ma è sufficiente che il giudice indichi, con argomenti logico-giuridici tratti dalla natura e dalle modalità di commissione dei reati nonchè dalla personalità dell’Indagato, gli elementi specifici che, nella singola fattispecie, fanno ragionevolmente ritenere la custodia in carcere come la misura più adeguata ad impedire la prosecuzione dell’attività criminosa, rimanendo in tal modo superata e assorbita l’ulteriore dimostrazione dell’inidoneità delle subordinate misure cautelari" (Sez. 1^, n. 45011 del 26.9.2003, Rv. 227304).

Consegue il rigetto dei ricorsi e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Si deve disporre la trasmissione provvedimento all’Istituto penitenziario competente, per gli incombenti ex art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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