Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 04-07-2011, n. 472 Comunicazione o notificazione dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 30.5.1995 il sig. Pe., odierno appellante, inoltrava alla Capitaneria di porto del Comparto marittimo di Porto Empedocle un’istanza rivolta al rilascio di concessione marittima per l’occupazione di suolo demaniale marittimo di mq. 830, all’interno del porto di Porto Empedocle, per l’installazione di una cabina container, barra in alluminio e relativa recinzione. Nella predetta istanza il sig. Pe. dichiarava di voler adibire lo spazio oggetto della concessione demaniale a "deposito e custodia dei natanti e dei veicoli a motore che verranno posti sotto sequestro dal personale della Capitaneria di Porto, e contemporaneamente di volerlo destinare a posteggio per le autovetture dei turisti diretti per Lampedusa che intendono usufruire di un parcheggio custodito". In data 22.9.1995, con nota n. 19983, la Direzione della Circoscrizione Doganale di Palermo autorizzava il sig. Pe., ai sensi dell’art. 19 D.Lgs. n. 37/1990, ad utilizzare l’area demaniale richiesta. Successivamente, l’Ufficio del Genio Civile OO.MM., con nota n. 14079 del 29.11.1995, esprimeva il proprio parere favorevole al rilascio della concessione demaniale richiesta.

In data 23.8.1995, con rapporto di servizio n. 177/95, la Capitaneria di Porto del Comparto marittimo di Porto Empedocle esprimeva parere favorevole, sotto il profilo demaniale marittimo, al rilascio della concessione demaniale. Con nota n. 23037/5075 del 22.2.1996, il Comune di Porto Empedocle esprimeva parere favorevole in ordine alla più volte citata richiesta di concessione demaniale. Peraltro, nonostante l’avvenuta conclusione dell’iter istruttorio dell’istanza della ditta Pe. con ultimo parere acquisito in data 22.5.1996 da parte del Comune di Porto Empedocle (così come si argomenta dalla nota prot. n. 06738 del 24.3.2004 della Capitaneria di Porto di Porto Empedocle) le amministrazioni competenti non provvedevano a concludere il procedimento di rilascio della concessione demaniale marittima avviata in data 30.5.1995.

In data 13.2.2006 la Capitaneria di Porto del Compartimento Marittimo di Porto Empedocle, con nota prot. n. 83788/07 revocava il parere favorevole precedentemente espresso in ordine alla richiesta di concessione demaniale inoltrata in data 30.5.1995.

Conseguentemente, il sig. Pe., in data 24.4.2007, proponeva ricorso giurisdizionale innanzi al TAR Sicilia – Palermo, per l’annullamento della sopracitata nota prot. n. 83788/07. Successivamente alla proposizione del citato ricorso, in data 9.11.2007, la Capitaneria di Porto del Compartimento marittimo del Porto di Porto Empedocle, facendo seguito alla nota prot. 2788/07 del 13.2.2007, rigettava la summenzionata istanza inoltrata dal sig. Pe. il 30.5.1995, disponendo l’archiviazione della relativa pratica.

In data 11.1.2008, con Motivi Aggiunti al ricorso R.G. 875/07, il sig. Pe. impugnava la summenzionata nota. prot. n. 1525/07 della Capitaneria di Porto del Compartimento Marittimo di Porto Empedocle.

In data 24.1.2008, il Comune di Porto Empedocle, con nota prot. n. 337UT/640, dichiarava decaduto il nulla osta (relativo all’occupazione dell’area demaniale ed alla realizzazione di un parcheggio e di cabina conteiner) rilasciato in data 22.2.1996, e rendeva parere contrario all’istanza presentata dal sig. Pe. in data 30.5.1995. Nel contempo, l’Avvocatura dello Stato depositava in giudizio l’ ordinanza n. 1/08 della Capitaneria di Porto del Compartimento Marittimo di Porto Empedocle, con la quale veniva regolamentato l’accesso, il transito e la sosta dei veicoli e delle persone nell’intera area portuale del Porto di Porto Empedocle. In particolare, nella cit. ordinanza si prevedeva (art. 3, co. 3°) che l’area oggetto della richiesta di concessione demaniale marittima presentata dal sig. Pe. in data 30.5.1995 venisse "destinata ai passeggeri in attesa di imbarcare per le isole Pelagie nonché ai connessi servizi offerti agli operatori portuali". Con ulteriori Motivi Aggiunti al ricorso n. R.G. 875/07, depositati in data 31.3.2008, il sig. Pe. impugnava la summenzionata ordinanza n. 1/08 della Capitaneria di Porto del Compartimento Marittimo di Porto Empedocle, nonché la citata nota prot. n. 337UT/640 del Comune di Porto Empedocle. Successivamente, in data 10.4.2008, il sig. Pe. depositava presso la segreteria del TAR adito: a) una Relazione tecnica resa dall’arch. Giuseppe Amico il 4.4.2008, dalla quale si evince che l’ ordinanza n. 1/08 della Capitaneria di Porto del Compartimento Marittimo di Porto Empedocle "non prevede prescrizioni incompatibili con la realizzazione di un parcheggio custodito nell’area oggetto della richiesta di concessione demaniale presentata dal sig. Pe.; b) una Perizia tecnica "di stima dei danni", resa dal medesimo professionista in data 17.3.2008, dalla quale si evince che il danno economico patito dal sig. Pe. per effetto della mancata conclusione del procedimento di rilascio della concessione demaniale marittima dallo stesso richiesta il 28.8.1995, ammonterebbe a Euro 511.140,00.

Il TAR adito, con la sentenza n. 582/2010, oggi appellata, respingeva il ricorso proposto dall’odierno ricorrente, ritenendo che "il ricorso, e la relativa domanda risarcitoria, sono infondati", compensando altresì le spese del giudizio.

Avverso tale decisione l’odierno ricorrente ha proposto appello con ricorso n. 557/2010. Il ricorso in appello si basa sui seguenti motivi:

1) Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui il giudice di primo grado ha ritenuto che l’impugnata nota n. 83788/07 non avrebbe dovuto essere preceduta da un avviso di avvio del procedimento;

2) Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha ritenuto che l’impugnata nota prot. n. 83788/07 fosse adeguatamente motivata;

3) Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui il giudice di primo grado ha ritenuto che l’impugnata nota prot. n. 1525/07 non avrebbe dovuto essere preceduta dalla comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di concessione demaniale;

4) Eccesso di potere per difetto di istruttoria, perplessità dell’azione amministrativa ed ingiustizia manifesta, nonché violazione del principio dell’affidamento e difetto di motivazione;

5) Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui il giudice di primo grado ha ritenuto che il sig. Pe. non avesse interesse all’annullamento della nota prot. n. 337UT/640 del 24.1.08 del Comune di Porto Empedocle;

6) Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui il giudice di primo grado ha ritenuto legittima l’ ordinanza n. 1/08 della Capitaneria di Porto del Compartimento Marittimo di Porto Empedocle;

7) Sulla domanda di risarcimento del danno, nella parte in cui la sentenza appellata postula l’impossibilità di configurare il risarcimento di un danno da ritardo puro non connesso alla spettanza del bene della vita sotteso.

Contro l’annullamento della sentenza del TAR Sicilia – Palermo, sez. I, n. 582/2010, resiste l’Avvocatura dello Stato con propria memoria, depositata il 21 luglio 2010.

Motivi della decisione

L’insieme delle doglianze mosse contro l’appellata sentenza, in buona sostanza, verte sulla legittimità dei provvedimenti indicati nella narrativa in fatto, con i quali sono stati revocati i nulla osta già assentiti favorevolmente dalle competenti amministrazioni sulla richiesta di concessione demaniale avanzata dalla parte appellante in data 30.5.1995, nonché del provvedimento conclusivo con cui la Capitaneria di porto di Porto Empedocle ha rigettato l’istanza dell’appellante relativa alla concessione di una porzione del demanio marittimo sito all’interno dell’area portuale, e dell’ ordinanza n. 1/2008, con la quale la Capitaneria ha impresso una differente destinazione alla parte di Demanio marittimo oggetto della richiesta. Insieme con i ricorsi avverso i citati provvedimenti è stata inoltre formulata domanda di risarcimento del danno.

L’appello e la domanda di risarcimento vanno respinti perché infondati.

Come risulta dalla narrativa in fatto, alla base dei provvedimenti di rigetto e revoca adottati dalla Capitaneria di porto di Porto Empedocle c’è stata l’entrata in vigore della disciplina antiterrorismo che ha imposto all’Amministrazione competente l’adozione di una serie di misure di controllo e di limitazione di accesso, di mezzi e di persone, nelle zone portuali oggetto di controversia, con la conseguente riduzione delle superfici disponibili da destinare alla sosta temporanea dei mezzi di transito nel porto di Porto Empedocle in attesa di imbarco, tale da rendere opportuno non sottrarre a tali destinazioni le ulteriori aree che erano state oggetto di richiesta di concessione demaniale da parte dell’odierno appellante. In ragione delle finalità e delle modalità di applicazione di detta normativa antiterrorismo, pertanto, i provvedimenti adottati dalla Capitaneria di porto, di revoca del precedente parere favorevole e, poi, di rigetto della domanda di concessione demaniale avanzata nel 1995 dal Pe., odierno appellante, non solo debbono reputarsi coerenti nella loro sequenzialità, ma altresì necessari nel loro contenuto. La qual cosa, come più volte ribadito dalla giurisprudenza sulla scia di quanto disposto dall’art. 21 octies, comma 2°, della legge n. 241/1990, se per un verso "rende irrilevante la (eventuale) violazione delle norme sul procedimento o sulla forma dell’atto per il fatto che il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato" (Cons. Stato, sez. V, 7.9.2009, n. 5235 e sez. V, 23.1.2008, n. 143), per altro verso comporta che "qualora il provvedimento conclusivo di un procedimento non possa assumere contenuti diversi, si deve ritenere che non occorra il preavviso ex art. 10 bis della stessa legge n. 241/1990, giusta le prescrizioni introdotte dall’art. 14 della legge n. 15/2005 (Cons. Stato, sez. V, 13.3.2008, n. 1098).

In realtà, come indicato nel foglio prot. n. 22449 del 12. 12.2006 (diretto all’ufficio 9° Opere marittime) allegato all’atto di revoca del parere favorevole, il provvedimento in questione veniva motivato con la considerazione che la richiesta di concessione dell’area demaniale risultava "assolutamente contrastante" con la destinazione funzionale assunta dal tratto di banchina sulla quale insisteva la richiesta, sia perché "oggetto di lavori di manutenzione" sia perché "destinata esclusivamente all’installazione di strutture per l’accoglienza dei passeggeri/turisti in attesa dell’imbarco sul M/T diretto alle isole Pelagie", sicché, diversamente da quanto sostenuto dalla parte appellante, anche sul punto della motivazione l’atto di revoca appare legittimo.

Resta il fatto, poi, che i tempi e le modalità che hanno segnato l’intera vicenda dalla presentazione, nel 1995, della domanda di concessione demaniale, fino al rigetto della medesima nel 2007, non giustificano né la lamentata lesione dell’affidamento, né legittimano la domanda di risarcimento del danno "per il puro ritardo", così come avanzata dall’odierno appellante. A giudizio di questo Consiglio, infatti, non ha senso discutere di "legittimo affidamento" in tutti quei casi in cui, come è accaduto nella vicenda de qua, l’odierno ricorrente, con la propria inerzia protrattasi per oltre dieci anni dal momento in cui avrebbe potuto pretendere il rilascio della richiesta concessione, ha manifestato un sostanziale disinteresse verso l’esito del procedimento, tant’è che soltanto dopo il 13.2.2007, data di adozione dell’atto di revoca del parere favorevole in passato rilasciato, il ricorrente, avvalendosi di quanto disposto dall’art. 25 legge n. 241/1990, ha provveduto con due successive istanze (del 20.2 e del 3.4.2007) rivolte alla Capitaneria di porto di Porto Empedocle, a prendere visione ed estrarre copia degli atti richiesti. Va piuttosto riaffermata con forza la regola per la quale, specie laddove, come per il caso de quo, si verte in materia di interessi pretensivi, l’inutile decorso del tempo per l’adozione di un provvedimento amministrativo, dovuto anche all’inerzia colpevolmente protratta del soggetto legittimato a pretenderne il riconoscimento e/o la tempestiva emanazione, ovvero ad utilizzare i mezzi di tutela a ciò predisposti, piuttosto che consolidare l’affidamento sulla positiva adozione, comporta piuttosto la perenzione dell’interesse sostanziale che deve sempre sorreggere la richiesta, nonché l’emanazione dell’atto da parte della stessa Amministrazione. Tale "regola" si fonda sul principio dell’impulso e/o della cooperazione della parte interessata, che sorregge non solo la disciplina del processo amministrativo, ma l’intero svolgimento dell’attività amministrativa che il nostro ordinamento ha voluto ispirata a criteri di economicità, efficacia, pubblicità e trasparenza che possono garantirne l’imparzialità ed il buon andamento anche attraverso il reciproco affidamento che la Pubblica Amministrazione ed i privati debbono prestarsi in ordine alla serietà ed attualità degli interessi per la cui soddisfazione si intraprende un certo tipo di procedimento per l’adozione dei relativi provvedimenti. Invero, più che contrastata, la regola sopra tratteggiata appare in realtà confermata anche dalla recente decisione del TAR Sicilia – Palermo, n. 118/09, la quale, dopo aver rilevato che la legge n. 15/2005, nel modificare l’art. 1 della legge n. 241/1990, ha espressamente introdotto tra i principi generali dell’azione amministrativa anche quelli di derivazione comunitaria, tra i quali prioritaria importanza assumono i principi di tutela dell’affidamento e di proporzionalità, conclude affermando che "pertanto nella fase procedimentale può configurarsi una responsabilità della P.A. assimilabile a quella precontrattuale". Diversamente da quanto propone la difesa della parte appellante, che la invoca senz’altro a favore della propria pretesa risarcitoria, quanto stabilito dalla summenzionata decisione, se per un verso può giustificare la responsabilità dell’Amministrazione che viene meno ai propri doveri di correttezza "soprattutto con riferimento all’esercizio dei poteri di autotutela ed alla conseguente lesione dell’affidamento incolpevole dell’appellante", allo stesso modo evoca e dà eguale rilievo, nella logica della reciprocità degli affidamenti propria delle disposizioni "di diritto privato" alle quali rinvia il cit. art. 1 bis della legge n. 241/1990, alla "correttezza" dei rapporti e dei comportamenti che, giusto quanto dispone l’art. 1175 c.c., anche la controparte deve tenere con l’Amministrazione contattata, affinché questa possa esercitare la propria funzione secondo i criteri di economicità, di efficacia etc., indicati dal cit. art. 1 della legge n. 241/1990, evitando, in particolare, come nel caso oggetto dell’attuale contenzioso, di attribuire ai privati beni della vita verso i quali i medesimi dimostrano scarso interesse e/o insufficiente capacità ed iniziativa di utile gestione, anche nell’interesse pubblico, mediante comportamenti omissivi, o meramente dilatori, del tipo di quelli stigmatizzati dal giudice di prime cure in capo all’odierno appellante. In questo senso, il richiamo delle norme di diritto privato, piuttosto che argine pensato esclusivamente verso comportamenti o atteggiamenti prevaricatori dei pubblici poteri, come generalmente si ritiene, appare volto ad investire allo stesso titolo la condotta di tutti i soggetti, pubblici e privati, coinvolti nell’azione amministrativa e nei suoi procedimenti, affinché non soltanto la qualità dei moduli adoperati per l’organizzazione degli uffici, ma innanzi tutto la serietà e la reciproca correttezza dei rapporti, nei termini propri prescritti dalla disciplina privatistica, contribuiscano a realizzare gli obiettivi ai quali mirano i criteri di economicità, efficienza, trasparenza etc., che debbono ispirare l’attività amministrativa, per evitare, e, se del caso, anche sanzionare, domande o comportamenti opportunistici con i quali le controparti finirebbero per sovraccaricare l’Amministrazione di costi ed incombenze istruttorie, sia nel merito che nel rito, magari al solo scopo di poter lucrare risarcimenti per lamentati "ritardi" che, da parte loro, si sarebbero potuti evitare attraverso un accorto e tempestivo esercizio dei doveri di iniziativa prescritti dalle regole di correttezza in executivis.

Anche per queste ragioni va respinta, perché infondata, la domanda di risarcimento riproposta dall’odierno appellante, per "il ritardo" imputato all’amministrazione per un provvedimento concessorio che, se tempestivamente adottato, sarebbe stato per lui fonte di sicuri guadagni, dal medesimo quantificati in Euro 511.140,00.

A parte la "singolarità" della determinazione di un mancato guadagno così circostanziato – che se fosse realistico, renderebbe ancor più inspiegabile l’inerzia protratta del ricorrente verso la tempestiva adozione del provvedimento di concessione dell’area richiesta, che pure avrebbe potuto e dovuto sollecitare, per tutto quanto detto in precedenza – resta il fatto che, a giudizio di questo Consiglio, quanto previsto dall’invocato art. 2 bis, legge n. 241/1990 non rinvia affatto ad una ipotesi di risarcimento del danno da "ritardo puro", ovvero di responsabilità della P.A. esclusivamente dipendente dalla mancata tempestiva conclusione del procedimento amministrativo, bensì alla "ingiustizia" di un danno "cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento" secondo una formulazione che inequivocabilmente ha voluto ricondurre tale ipotesi di responsabilità della P.A. dentro i principi generali che reggono la materia degli atti illeciti, così come segnati dall’art. 2043 e ss. c.c. L’opinione secondo la quale il legislatore, con il cit. art. 2 bis della legge n. 241/1990, ha inteso attribuire "un valore al tempo inteso come bene della vita meritevole di autonoma dignità e tutela"(con la conseguente previsione di doversi corrispondere una somma forfettaria per il solo fatto del ritardo) non va quindi intesa, come viceversa sembra opinare la difesa della parte ricorrente, come fonte di una sanzione indifferente alle ragioni del mancato rispetto della tempistica procedimentale, dovute alla esistenza e/o alle vicende che possono investire l’interesse ed i comportamenti relativi all’effettivo conseguimento del bene della vita avuto di mira con la iniziale richiesta del provvedimento, bensì come parte di un sistema di regole di relazione tra privati e Pubblica Amministrazione ispirata ai principi comportamentali e sanzionatori propri della reciproca lealtà così come richiamati e circostanziati dall’art. 1 della legge n. 241/1990, tra i quali rileva, innanzi tutto, l’esistenza, ovvero l’interesse al conseguimento del bene della vita vantato nei confronti dell’Amministrazione. Nel merito della questione oggetto del presente giudizio, viceversa, la ritenuta legittimità del diniego espresso dall’Amministrazione sull’istanza del ricorrente volta al rilascio della concessione demaniale, postula la mancanza di alcun danno ingiusto autonomamente rilevabile per il solo ritardo con cui l’Amministrazione ha denegato il rilascio del provvedimento ampliativo. La domanda risarcitoria va quindi rigettata in quanto infondata.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Le complesse questioni legate alla materia del risarcimento del danno c.d. da ritardo giustificano la sussistenza delle ragioni richieste dall’art. 92 c.p.c. per procedere alla integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, respinge il ricorso in epigrafe indicato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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