Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 04-07-2011, n. 470 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 14/4/97 e depositato il 28/4/97, la ricorrente impugnava presso il TAR Sicilia – Palermo, chiedendone l’annullamento previa sospensione degli effetti, il provvedimento prot. 9109 del 1.12.1996, pervenuto il 24.2.1997, con cui la Soprintendenza di Agrigento, in relazione alla richiesta di sanatoria edilizia presentata in data 28/2/95 (prot. n. 3882) per opere abusivamente realizzate nell’immobile sito nella via Stazzone di Lampedusa, aveva rilasciato il relativo n. O. di competenza, condizionato al rispetto di alcune prescrizioni riguardanti l’eliminazione del porticato del secondo piano e del torrino scale, nonché il ridimensionamento del muro d’attico perimetrale. La richiesta di sanatoria riguardava le opere abusivamente realizzate nel 1992 e consistenti nella realizzazione di un box auto nel locale seminterrato e in una seconda sopraelevazione con annesso porticato, un torrino di accesso al lastrico, unitamente al relativo muretto di cinta. Nel medesimo ricorso, l’odierna appellante riferiva altresì che nell’area retrostante la seconda elevazione era stato in precedenza realizzato un piccolo appartamento che aveva ottenuto regolare concessione edilizia n. 374 del 24/10//87.

Avverso il provvedimento prot. 9109 del 1.12.1996 della Sopraintendenza di Agrigento venivano mosse le seguenti censure:

1 – Violazione e falsa applicazione art. 23 L.R. n. 37/85. Eccesso di potere. Secondo la ricorrente, infatti, ai sensi del co. 10 della citata disposizione, la Soprintendenza può negare il n. o. solo in caso di grave pregiudizio del vincolo paesaggistico. Nel caso in questione, e per stessa ammissione dell’organo tutorio, viceversa, il danno arrecato dalla sopraelevazione sarebbe di lieve entità, per cui la Soprintendenza avrebbe dovuto rilasciare il richiesto n. o. senza subordinarlo ad alcuna prescrizione.

2 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. n. 241/90. Eccesso di potere. Perché, a detta della ricorrente, non sarebbero intellegibili le ragioni logico giuridiche sottese alle prescrizioni imposte, connesse ad un n.o. favorevole.

3 – Eccesso di potere sotto diversi profili. Perché la stessa Soprintendenza avrebbe riconosciuto che l’immobile rispetta le caratteristiche e le tipologie del luogo, per cui risulterebbero incomprensibili la natura e la razionalità delle singole prescrizioni imposte e qui contestate.

Il TAR adito, dopo aver respinto con ordinanza n. 1107 del 13/5/97 la domanda cautelare, con la sentenza n. 609/2009, che qui si impugna, rigettava il ricorso, compensando le spese del giudizio. Escluso, infatti, il difetto di motivazione delle prescrizioni imposte con l’impugnato provvedimento, secondo quanto lamentato dalla ricorrente con il secondo motivo di doglianza – nel merito, in particolare, il giudice di prime cure contestava l’assunto, al quale poteva essere ricondotta l’intera trama dei motivi di ricorso, secondo il quale in materia di nulla osta per opere edili già realizzate e per le quali si chiede la sanatoria, i poteri della Soprintendenza, in ragione del lieve impatto paesaggistico degli abusi contestati, dovrebbero limitarsi al rilascio di parere favorevole o contrario, ovvero alle sole indicazioni necessarie per l’ultimazione e la definizione dei lavori intrapresi, senza possibilità di prevedere prescrizioni di adeguamento del manufatto per conformarlo al vincolo, potendo solo valutare la non sussistenza di vincoli di inedificabilità e del grave pregiudizio. A giudizio del TAR, d’altra parte, neppure l’irrogazione della sanzione pecuniaria ex art. 15 della legge n. 1497/39 potrebbe revocare in dubbio la legittimità delle prescrizioni opposte. Come ribadito dai richiamati precedenti giurisprudenziali (TAR Campania Napoli, sez. IV, 11.11.2004, n. 16752; Consiglio Stato, sez. IV, 3.11.2003, n. 7047), trattasi, per la sua natura, di sanzione amministrativa: la quale, perché diretta a reprimere, con effetto deterrente, oltre che ripristinatorio, ogni tipo di violazione sostanziale e formale – e perciò commisurata al profitto conseguito – risulta dovuta anche in mancanza di un concreto danno ambientale.

Con ricorso regolarmente notificato il 16 maggio 2010, per la riforma della sentenza TAR n. 609/2009 l’appellante ha riproposto i medesimi motivi di censura avanzati in primo grado avverso il provvedimento n. 9109/1.12.1996 della Soprintendenza BB.CC.AA. di Agrigento, le cui prescrizioni – si ribadisce – sarebbero illegittime perché contrastanti con il "lieve pregiudizio" riscontrato dall’organo di tutela ai fini del nulla osta, e, comunque, perché irragionevoli e non adeguatamente motivate. Resiste con propria memoria l’Avvocatura dello Stato, chiedendo l’integrale conferma della sentenza n. 609/2009 del TAR Sicilia Palermo, sez. I., con vittoria di spese.

Alla pubblica udienza del 22 settembre 2010, presenti le parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso in appello risulta infondato e perciò va rigettato.

Il TAR aveva motivato affermando che non sussiste una contraddizione di principio tra le prescrizioni imposte per eliminare le opere abusive giudicate residuali rispetto all’insieme dell’opera e tuttavia in insanabile contrasto con la salvaguardia dei valori paesaggistici dell’area sulla quale insiste, e la valutazione in termini di "lieve pregiudizio" complessivamente arrecato, che attiene ad un limitata porzione del manufatto nel suo complesso, del quale coerentemente si pretende l’adeguamento. In questo senso, il giudice di prime cure ha richiamato un proprio precedente in materia, nel quale aveva sostenuto che "nell’esprimere il parere per la sanatoria di opere abusive, la Soprintendenza ben può esplicare i suoi poteri prescrittivi in ordine agli interventi modificativi da effettuare, ciò al fine di adeguare ex post il manufatto ai vincoli esistenti. Ed infatti non può sfuggire che proprio nei casi di abuso edilizio è più facile che si pongano in essere comportamenti e soluzioni lesive degli interessi ambientali e paesaggistici, visto che l’opera è stata eseguiti a prescindere o in spregio ad indicazioni tecniche preventive provenienti dagli organi preposti alla tutela del vincolo. Pertanto è nel potere della Soprintendenza richiedere interventi correttivi, anche se successivi, alla costruzione, volti in un’ottica di recupero e di ripristino a conformare l’opera ai vincoli ambientali e paesaggistici esistenti" (TAR Sicilia – Palermo, sentenza n. 1476/05).

Anche a parere di questo Consiglio, un uso siffatto dei poteri di tutela paesaggistica ed ambientale attribuiti alla Soprintendenza, consente il miglior contemperamento tra gli interessi pubblici e privati che l’art. 10, co. 23, della L. reg. n. 37/1985 ha inteso realizzare. Giacché la disciplina de qua, proprio perché esclude senz’altro la possibilità di sanare opere e costruzioni in contrasto con precedenti vincoli di inedificabilità assoluta, ovvero che costituiscono "grave pregiudizio" per la tutela dei beni e dei valori da questi sollecitata, allo stesso tempo conferma e sollecita, in capo all’Amministrazione competente, l’esercizio di poteri di conformazione ed adeguamento dei manufatti atti ad eliminare quei pregiudizi, che, seppure di natura tale da non travolgere la sostenibilità del manufatto nella sua totalità, risultano comunque in contrasto con i vincoli ambientali e paesaggistici esistenti nella zona del suo insediamento. In questo senso, l’interpretazione e l’applicazione al caso in giudizio, che la sentenza impugnata fa del cit. art. 10. co. 23, della L. reg. n. 37/1985 appare coerente con principi, che, più in generale, ispirano la materia delle riparazioni per i danni cagionati da attività illecita, così come disciplinata dall’art. 2058 c.c., secondo il quale, con il solo limite dell’eccessiva onerosità per l’obbligato, discrezionalmente accertata dal giudice "il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile": un tipo di richiesta di ripristino di valori ed interessi lesi, dunque, che prescinde dalla entità del danno subito, ovvero dalla diversa valutazione che, ad altri effetti, il medesimo danno può ricevere dall’ordinamento, ad es., per giustificare o meno la risoluzione del contratto, così come disposto dall’art. 1455 c.c. in materia di importanza dell’inadempimento. Norme e principi, dunque, che legittimano una applicazione della regola posta dall’art. 10, co. 23, della L. reg. n. 37/1985, anche nel senso affermato dal giudice di prime cure per rimediare "in forma specifica" al lieve pregiudizio complessivamente arrecato dalle opere abusive all’interesse paesaggistico tutelato, pur dovendosi per ciò stesso escludere il più radicale rimedio demolitorio altrimenti previsto dalla disciplina de qua per i "gravi" pregiudizi. D’altra parte, appare ineccepibile, in quanto coerente con la consolidata giurisprudenza in materia, il rigetto della censura relativa alla presunta illegittimità della sanzione amministrativa irrogata all’appellante ai sensi dell’art. 15 della legge n. 1497/1939 (e, ora, dall’art. 167 D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio). Come ha da tempo stabilito il Consiglio di Stato (sez. IV, 3 novembre 2003, n. 7047) tale norma va intesa nel senso che l’indennità prevista per abusi edilizi in zone soggette a vincoli paesaggistici costituisce una vera e propria sanzione amministrativa che prescinde dalla sussistenza effettiva di un danno ambientale.

Per quanto sopra esposto, il provvedimento resiste alle censure mosse, risultando quindi legittimo.

Ritenuti assorbiti ogni eccezione o difesa ulteriori perché irrilevanti o ininfluenti ai fini della presente decisione, il ricorso va respinto in quanto infondato. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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