T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 04-07-2011, n. 5856 Consiglio comunale e provinciale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 1° ottobre 2010, depositato il successivo 12 ottobre, gli istanti di cui in epigrafe, già amministratori del Comune di Nicotera, hanno domandato l’annullamento del decreto del Presidente della Repubblica 13 agosto 2010, di scioglimento del Consiglio comunale di Nicotera per la durata di diciotto mesi e di nomina della commissione straordinaria, ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nonché degli atti presupposti suindicati, di cui sostengono l’illegittimità, deducendo, in particolare, l’insussistenza degli elementi concreti, univoci e rilevanti cui l’art. 143 t.u. enti locali, nel testo vigente, subordina l’esercizio della potestà di scioglimento dell’organo comunale.

La doglianza è affidata ai seguenti titoli di censura: violazione dell’art. 143 del d. lgs. 267/2000 – eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità manifesta, sviamento di potere.

In dettaglio, gli interessati, ricostruito l’istituto dello scioglimento ex art. 143 t.u. enti locali alla stregua della consolidata della giurisprudenza amministrativa, da un lato, illustrano le iniziative concrete che la disciolta amministrazione ha intrapreso nel corso dei suoi due anni di gestione contro la mafia e a favore della legalità, dall’altro, negano la sussistenza di un qualche collegamento degli amministratori con la criminalità organizzata o di condizionamento criminoso dell’azione pubblica, confutando i contrari elementi assunti a base degli atti oggetto di contestazione.

Si sono costituiti in giudizio la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’interno – Prefettura di Vibo Valentia, domandando il rigetto del gravame, di cui sostengono l’infondatezza.

Le stesse conclusioni sono state rassegnate dalla della Commissione straordinaria per la gestione del Comune di Nicotera, parimenti costituitasi in resistenza.

Con ordinanza 17 novembre 2010, n. 107 la Sezione ha disposto incombenti istruttori a carico del Ministero dell’interno, adempiuti con deposito del 10 dicembre 2010.

Acquisito il testo integrale della relazione della Commissione d’indagine prefettizia sugli atti del Comune di Nicotera, con atto notificato il 19 gennaio 2011, depositato il successivo 26 gennaio, i ricorrenti hanno interposto motivi aggiunti di ricorso

Con i mezzi aggiunti (titolati: violazione dell’art. 143 del d. lgs. 267/2000 – eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità manifesta, sviamento di potere), i ricorrenti espongono che la predetta relazione prefettizia conferma l’insussistenza di qualsiasi collegamento diretto od indiretto tra la disciolta amministrazione e le organizzazioni criminali, nonchè delle influenze, pressioni, collegamenti e collusioni rilevate dagli atti impugnati.

I ricorrenti domandano, conclusivamente, l’accoglimento del gravame.

Alla pubblica udienza del 20 aprile 2011, nel corso della quale la difesa della Commissione straordinaria per la gestione del Comune di Nicotera ha dichiarato, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 119, comma 5, del codice del processo amministrativo, di avere interesse alla pubblicazione anticipata del dispositivo rispetto alla sentenza, la controversia è stata trattenuta in decisione.

In data 21 aprile 2011 è stato indi depositato il dispositivo n. 3518/2011.

Motivi della decisione

1. Si controverte nel presente giudizio in ordine alla legittimità del decreto di scioglimento del Consiglio comunale di Nicotera per la durata di diciotto mesi e di nomina della Commissione straordinaria, ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, adottato dal Presidente della Repubblica in data 13 agosto 2010, nonché degli atti ad esso presupposti.

La questione è proposta dai ricorrenti, sindaco, assessori e consiglieri della disciolta amministrazione comunale, che, mediante le dedotte censure, espongono l’insussistenza degli elementi concreti, univoci e rilevanti cui l’art. 143 t.u. enti locali, nel testo vigente, subordina l’esercizio della potestà di scioglimento dell’organo comunale.

Resistono la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’interno e la Commissione straordinaria per la gestione del Comune di Nicotera.

2. Prima di entrare nel merito delle questioni proposte, giova premettere che ai sensi del ridetto art. 143 t.u. enti locali, comma 1, "…i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell’articolo 59, comma 7, emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all’articolo 77, comma 2, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica".

La disposizione ha formato oggetto di interpretazione in via giurisprudenziale, i cui passaggi fondanti, ormai consolidati, sono ricavabili, tra altre, dalla recente decisione del Consiglio di Stato, VI, 10 marzo 2011, n. 1547.

In applicazione dei detti pronunciamenti, resta fermo che l’uso, da parte della legge, di una terminologia ampia e indeterminata nell’individuazione dei presupposti per il ricorso alla misura straordinaria è indicativo della volontà del legislatore di consentire un’indagine sulla ricostruzione della sussistenza di un rapporto tra gli amministratori e la criminalità organizzata sulla scorta di circostanze che presentino un grado di significatività e di concludenza di livello inferiore rispetto a quelle che legittimano l’azione penale o l’adozione di misure di sicurezza nei confronti degli indiziati di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso o analoghe (come già C. Stato, IV, 24 aprile 2009, n. 2615).

Ciò in quanto l’intento del legislatore è quello di riferirsi anche a situazioni estranee all’area propria dell’intervento penalistico o preventivo, nell’evidente consapevolezza della scarsa percepibilità, in tempi brevi, delle varie concrete forme di connessione o di contiguità – e dunque di condizionamento – fra organizzazioni criminali e sfera pubblica, e della necessità di evitare con immediatezza che l’amministrazione dell’ente locale rimanga permeabile all’influenza della criminalità organizzata.

Nel vigente sistema normativo, lo scioglimento dell’organo elettivo si connota, pertanto, quale "misura di carattere straordinario" per fronteggiare "una emergenza straordinaria" (così Corte Cost. 19 marzo 1993, n. 103, nell’escludere profili di incostituzionalità nel previgente art. 15bis l. 19 marzo 1990, n. 55).

E, alla stregua dei richiamati presupposti normativi, trovano giustificazione i margini, particolarmente ampi, della potestà di apprezzamento di cui fruisce l’Amministrazione statale nel valutare gli elementi su collegamenti diretti o indiretti, o su forme di condizionamento; in particolare, trovano peso situazioni non traducibili in episodici addebiti personali, ma tali da rendere nel loro insieme plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell’esperienza, l’ipotesi di una soggezione degli amministratori alla criminalità organizzata (vincoli di parentela o di affinità, rapporti di amicizia o di affari, frequentazioni), e ciò, come già detto, pur quando il valore indiziario degli elementi raccolti non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale o per l’adozione di misure individuali di prevenzione.

Ancora, egualmente ampio, secondo il modello legale preventivo di riferimento, è il margine per l’apprezzamento degli effetti derivanti dal collegamento o dal condizionamento in termini di compromissione della libera determinazione degli organi elettivi, del buon andamento dell’amministrazione, del regolare funzionamento dei servizi, ovvero in termini di grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica.

Ne consegue l’idoneità a costituire presupposto per lo scioglimento anche di situazioni che di loro non rivelino direttamente, né lascino presumere l’intenzione degli amministratori di assecondare gli interessi della criminalità organizzata (C. Stato, VI, 24 aprile 2009, n. 2615; 6 aprile 2005, n. 1573).

In definitiva, l’asse portante della valutazione che presiede allo scioglimento è costituito, da un lato, dalla accertata o notoria diffusione sul territorio di fenomeni di criminalità organizzata e, dall’altro, dalle precarie condizioni di funzionalità dell’ente territoriale.

Quanto allo scrutinio rimesso alla presente sede, conseguenza dei profili sopra accennati è che il sindacato di legittimità del giudice amministrativo è esercitabile nei limiti della presenza di elementi che denotino, con sufficiente concludenza, la deviazione del procedimento dal suo fine di legge.

In particolare, l’apprezzamento giudiziale delle acquisizioni in ordine a collusioni e condizionamenti non può essere effettuato estrapolando singoli fatti ed episodi, al fine di contestare l’esistenza di taluni di essi ovvero di sminuire il rilievo di altri in sede di verifica del giudizio conclusivo sull’operato consiliare.

Ciò in quanto, in presenza di un fenomeno di criminalità organizzata diffuso nel territorio in questione, gli elementi posti a conferma di collusioni, collegamenti e condizionamenti, vanno considerati nel loro insieme, giacché solo dal loro esame complessivo può ricavarsi la ragionevolezza della ricostruzione di una situazione identificabile come presupposto per la misura di cui si tratta (C. Stato, IV, 6 aprile 2005, n. 1573; IV, 4 febbraio 2003 n. 562; V, 22 marzo 1998, n. 319; 3 febbraio 2000, n. 585)..

3. Tanto premesso in ordine al contesto normativo di riferimento della controversia, va chiarito immediatamente che la prospettazione dei ricorrenti in ordine alle iniziative intraprese nei due anni di gestione del Comune di Nicotera "contro la mafia ed a favore della legalità" non risulta idonea ad influire sull’apprezzamento della fondatezza delle proposte censure, né conseguentemente, sull’esito del gravame.

Si tratta, infatti, per lo più, di una serie di convegni, manifestazioni e prese di posizioni pubbliche che, stante il loro carattere meramente celebrativo, risultano, sia isolatamente sia complessivamente considerati, del tutto insuscettibili di confutare gli acclaramenti contenuti negli atti impugnati, ovvero di attestare la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento dell’amministrazioni nonchè il regolare funzionamento dei servizi ad essi affidati, con particolare riferimento al bene, protetto dalla norma di cui è stata fatta nella specie applicazione, della sicurezza pubblica.

Quanto agli altri elementi, basti qui rilevare che i ricorrenti rivendicano:

– l’istituzione del Difensore civico, di cui all’art. 11 t.u. enti locali. Ma trattasi in realtà, come emerge dal relativo allegato ricorsuale, della mera adozione della delibera del Consiglio comunale 29 giugno 2009, recante il regolamento volto all’istituzione della figura del Difensore civico, in relazione al quale non risulta alcun principio di esecuzione;

– alcune iniziative relative alla gestione di beni confiscati alla mafia. Segnatamente, parte ricorrente rappresenta l’istituzione di appositi capitoli di bilancio per la gestione di due beni confiscati alla mafia, destinati ad uso sociale, nonchè l’istituzione di un Centro di cinematografia e di un’Accademia musicale in uno di tali immobili, sito a Timpa di Marina. Al riguardo, le difese formulate dal Ministero dell’interno, e le connesse allegazioni (nn. 1 e 2), relative a riscontri contabili sugli atti comunali effettuati in data 12 ottobre 2010, permettono di accertare che, quanto alla istituzione di capitoli di bilancio dedicati, trattasi, in realtà, del capitolo 001830, art. 2 e 3, di importo complessivo pari ad Euro 3.000,00, mai utilizzato e destinato a generiche prestazioni di servizi. Quanto al Centro di cinematografia, il cui immobile è stato ristrutturato con fondi del PON Sicurezza a seguito di progetto la cui presentazione non è ascrivibile all’organo disciolto, ad esso afferisce il capitolo 001832, istituito nell’esercizio finanziario 2010 e munito di provvista pari ad Euro 14.000,00, su cui risultano spiccati esclusivamente mandati di pagamento a favore del nominato Direttore generale;

– la concessione gratuita di un piano di un immobile confiscato alla mafia all’uso della Guardia di finanza. Ma, alla luce dell’all. 3 alle difese formulate dal Ministero dell’interno, emerge che tale porzione immobiliare (facente sempre parte del fabbricato sito in località Timpa di cui sopra) non può essere utilizzato come sede della Guardia di finanza. La stessa allegazione, del 19 ottobre 2010, proveniente dalla Provincia di Vibo Valentia, attesta, vieppiù, che il fabbricato sito in località Timpa non è mai stato utilizzato come centro di aggregazione sociale;

– la presentazione del progetto "Nicotera – Il cantiere della democrazia" nell’ambito del Pon Sicurezza 20072013. Ma sempre le difese formulate dalla Prefettura di Vibo Valentia (all. 6) attestano che tale progetto, risultato rivolto a destinatari generici, non è andato a buon fine.

4. Chiarito quanto sopra, si osserva che neanche le doglianze volte a contestare il quadro complessivo degli elementi rilevati a carico del disciolto organo, come emergenti dagli atti gravati ed alla stregua della coordinate interpretative richiamate al punto 2, risultano convincenti.

In particolare, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, la fattispecie risulta presentare elementi idonei a sorreggere un non irragionevole apprezzamento circa l’esistenza di una condizione di grave condizionamento e di degrado.

Il primo di tali elementi è quello, per verità non contestato in ricorso, relativo alla certa esistenza di un contesto territoriale connotato da elevati indici di criminalità, a motivo dell’accertata influenza di organizzazioni criminali locali e provenienti dalla confinante provincia di Reggio Calabria.

Sul punto, è bene anche osservare che il Consiglio comunale di Nicotera risulta essere già stato sciolto per motivi di ordine pubblico nel settembre 2005.

I ricorrenti si sono poi insediati all’esito delle elezioni svoltesi nel 2008.

Quanto al resto, la relazione del Ministero dell’interno mette particolarmente in luce gli esiti degli accertamenti esperiti dalla Commissione d’indagine in relazione: alle consultazioni amministrative dell’aprile 2008; ai collegamenti tra gli amministratori locali e la criminalità organizzata; alle vicende relative al porto turistico; al settore delle concessioni demaniali e degli appalti.

Nella disamina delle questioni introdotte dai ricorrenti, conviene pertanto attenersi ai predetti punti salienti della vicenda.

5. Viene in immediata evidenza la questione inerente lo svolgimento delle consultazioni amministrative dell’anno 2008, in forza dei quali il disciolto organo si è insediato nel Comune di Nicotera.

Nella relazione redatta dalla competente Commissione d’indagine si dà atto che l’elezione in parola è stata preceduta da vicende particolarmente confuse, causate da problemi che hanno interessato alcune compagini politiche che hanno deciso all’ultimo momento di ritirare la propria candidatura, così spianando la strada alla facile vittoria dell’unica lista presentatasi, avente quale candidato sindaco uno dei ricorrenti.

I ricorrenti sostengono, al riguardo, che la mancata presentazione di altre liste non è derivata da minacce o condizionamenti mafiosi, bensì dall’incapacità di trovare un numero sufficiente di candidati e, indi, da problemi interni alle compagini in parola.

A fronte, però, di siffatta asserzione vi sono da registrare i numerosi elementi, univoci e concludenti, di cui la relazione fa completa ricognizione, che non vengono in nessun modo travolti dalle asserzioni ricorsuali e che depongono nel senso registrato dagli atti impugnati.

In particolare, risulta che la competente Commissione d’indagine ha esperito sul punto numerose audizioni, all’esito delle quali è emerso che sino al giorno precedente il termine di chiusura per la presentazione delle liste (15 marzo 2008) vi erano tre potenziali componenti politiche in corsa.

Tra la notte e la mattina dell’ultimo giorno utile per depositare le liste sono poi avvenute numerose defezioni rassegnate dagli appartenenti alle altre due liste.

Al riguardo, va innanzitutto osservato che il tenore delle domande formulate in sede di audizione permette di rilevare che, almeno per una delle due liste in parola, la tempistica di tali defezioni appare fortemente distonica con i tempi del processo sociale e politico che aveva assistito il percorso del tentativo di presentazione della lista stessa (duetre anni)

Di talchè siffatto improvviso e radicale mutamento dello scenario in essere nel Comune di Nicotera, ovvero l’improvvisa scomparsa nel detto significativo momento delle condizioni cui è subordinata l’effettiva competizione elettorale, non appare poter essere ragionevolmente imputata alla ordinaria dinamica della composizione degli interessi propria dell’attività politica.

Vieppiù, in sede di audizione, tali defezioni sono risultate effetto di pressioni esercitate ai danni degli aspiranti candidati, provenienti per lo più da componenti del loro nucleo familiare allargato, finalizzate ad evitare dispersione di voti.

Di talchè, alla luce di quanto sopra, nonché degli ulteriori e puntuali elementi emergenti dalla relazione, non appare improprio che le vicende che hanno caratterizzato la fase di presentazione della liste elettorali, sino alla sottoscrizione dell’unica lista poi presentatasi alla competizione elettorale, siano state ascritte ad un condizionamento ab origine delle scelte di democrazia diretta compiute dagli appartenenti alla collettività locale.

5.1. Sempre in relazione alla predetta competizione elettorale, non appare superfluo rilevare che gli atti del procedimento fanno constare che la lista del Sindaco è stata sottoscritta da molti cittadini con procedimenti penali e frequentazioni con affiliati alle locali organizzazioni comunali.

La ricorrenza di tale circostanza non è contestata dai ricorrenti, che si limitano ad esporre l’irrilevanza ex se della questione.

Peraltro, sul punto, nell’apprezzamento d’insieme degli elementi posti a conferma dell’esistenza di collusioni, collegamenti e condizionamenti – in cui involve il sindacato oggi adito – può osservarsi che la circostanza non appare sfornita di una sua significativa singolarità, anche tenuto conto delle complessive circostanze sopra riferite inerenti il clima della competizione elettorale per la quale la lista è stata formata.

In tal modo, si rende sicuramente apprezzabile ai fini dello scrutinio rimesso a questa sede che tra gli ottantanove firmatari dell’unica lista che ha partecipato alle elezioni amministrative del 2008 nel Comune di Nicotera, più di un terzo risultino avere procedimenti penali, parentele o frequentazioni con clan operante nella zona.

6. Quanto agli accertamenti esperiti sugli amministratori, viene in immediata evidenza la posizione di uno dei ricorrenti, sindaco in carica all’atto dello scioglimento.

La relazione della Commissione di indagine mette in evidenza la circostanza che un fratello del medesimo è soggetto irreperibile dal 1992, latitante, destinatario di quattro provvedimenti restrittivi, in relazione alla pena dell’ergastolo comminatagli per reati di omicidio ed altro, affiliato a cosche mafiose, destinatario di molteplici precedenti penali e pregiudizi di polizia, tutti per reati attinenti la criminalità organizzata. Il ricorrente stesso, con precedenti penali non sfociati in condanne, risulta segnalato in tre circostanze in compagnia di esponenti di clan mafioso.

Neanche a tale riguardo le censure ricorsuali colgono nel segno.

Da un lato, infatti, si espone una circostanza già chiaramente evidenziata dal provvedimento, ovvero la insussistenza a carico del predetto ricorrente di condanne presso il casellario giudiziale.

Dall’altro, quanto ai rapporti con il fratello latitante, opina parte ricorrente che, più che di latitanza, si tratterebbe di scomparsa, allegandosi al riguardo la pendenza del procedimento di dichiarazione di morta presunta, attivato dai familiari. Ma tale argomentazione non è conducente, rilevandosi che, come dà atto la relazione stessa, la richiesta di dichiarazione di morte presunta è stata respinta con la sentenza del Tribunale di Vibo Valentia citata in relazione.

Sempre in relazione al sindaco, viene altresì in evidenza la questione relativa ai rapporti dal medesimo intrattenuti con un ex sindaco di Nicotera, poi eletto consigliere provinciale di Vibo Valentia, la cui elezione si è rivelata nulla per la sussistenza di una causa ostativa alla candidatura, ai sensi dell’art. 58 t.u.e.l., consistente in una condanna a pena detentiva divenuta irrevocabile nel 2005 per i reati di falsità ideologica ex artt. 110 e 479 c.p.., commessi allorquando il medesimo ricopriva la carica di Sindaco di Nicotera.

In particolare, la Commissione d’indagine si è soffermata sul reciproco sostegno alle elezioni intercorso tra i sue soggetti, acclarato da informativa prefettizia del 2008, e sulla circostanza che il secondo, come emerso nell’ambito di procedimento per l’applicazione di misure cautelari nei confronti degli esponenti di un clan dominante, è risultato legato a soggetti appartenenti alla cosca in parola.

E la fondatezza di tali elementi resiste alle generiche contestazioni di parte ricorrente, che si limitano a esporre che il soggetto è stato poi riabilitato, e ad affermare che non vi è stato alcun accordo elettorale.

Nulla viene poi obiettato in ricorso quanto agli altri componenti del disciolto consiglio comunale (se non che gli stessi risultano privi di condanne penali, elemento ex se ininfluente ai fini in discorso, secondo quanto sopra rappresentato), cui la relazione della Commissione d’indagine dedica partite riflessioni, alle pagg. 16 e ss., che ne evidenziano un diffuso collegamento con la criminalità organizzata.

Risulta, pertanto, sufficiente riferirsi alla posizione di uno solo di essi, contemplata a pag. 23 della relazione, che evidenzia che il medesimo, consigliere comunale con delega allo sport, era "in atto detenuto dal 29 settembre 2009 in regime di arresti domiciliari a seguito esecuzione di O.C.C….emessa dal Tribunale Ordinario di Roma…per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione, contraffazione, contrabbando, introduzione nello Stato e commercio di prodotti falsi nonché emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti".

7. Quanto alla gestione dell’amministrazione locale, la Commissione di indagine ha riservato particolare attenzione alla vicenda relativa alla realizzazione del porto turistico, quale particolare indice rivelatore del collegamento del disciolto organo con le organizzazioni criminali, nonchè sintomo delle disfunzioni che hanno interessato l’Ente.

Il punto può essere così sinteticamente riassunto.

Nel 2000 sono stati concessi dalla Regione Calabria in favore del Comune di Nicotera finanziamenti per la realizzazione del porto turistico, vincolati alla costituzione di una società mista pubblicoprivata, con prevalenza del privato, per la progettazione e realizzazione di tale opera.

La localizzazione del porto turistico è prevista dal vigente piano regolatore generale comunale, con ipotesi progettuali risalenti al 1979, a Sud del territorio comunale.

Alla data dell’8 agosto 2006 è stata costituita la società Porto Nicotera s.r.l., il cui oggetto sociale è, tra altro, la progettazione, realizzazione, gestione e manutenzione di infrastrutture portuali, prevalentemente di tipo turistico e peschereccio.

La Commissione ha accertato che tale società, inattiva dal 2008, presenta tra i propri soci buona parte dei componenti del disciolto Consiglio comunale e della Giunta, compresi sindaco e vicesindaco, e non pochi sottoscrittori della unica lista presentatasi alle elezioni amministrative dell’aprile 2008.

Inoltre, dagli esami incrociati degli archivi di Polizia e Guardia di finanza è emerso che molti soci, oltre ad avere precedenti penali, frequentano o hanno frequentato personaggi di spicco dei clan criminali.

Insediatasi la disciolta amministrazione comunale, viene commissionato uno studio di fattibilità per la realizzazione del porto in zona Nord della città.

La Commissione d’indagine ha accertato che gran parte dei terreni adiacenti al nuovo sito risultano di proprietà di un figlio del fratello del sindaco, ovvero del soggetto attualmente latitante, alleato storico di clan mafioso, sopra già nominato.

Il medesimo nipote del sindaco è risultato anche titolare di concessione demaniale e gestore di lido balneare nelle vicinanze della nuova zona individuata per la realizzazione del porto turistico.

Preso atto del descritto quadro di insieme, La Commissione d’indagine ha concluso che il disposto mutamento di localizzazione è stato deciso dall’amministrazione comunale al fine di produrre un rilevante vantaggio economico a favore del proprietario dei terreni adiacenti al nuovo sito scelto, di cui risulta titolare un figlio del fratello del sindaco, attualmente latitante.

Siffatta conclusione non risulta affetta dalle mende enunciate in ricorso.

Invero, quanto alla circostanza dell’anteriorità della costituzione della società di cui sopra rispetto all’insediamento del disciolto organo, evidenziata dai ricorrenti, si osserva che verosimilmente e plausibilmente la Commissione rileva (pag. 125 della relazione) che "tale società…presenta in buona sostanza l’ossatura portante che due anni più tardi ha consentito la presentazione ed il successo della lista" unica espressiva della amministrazione insediatasi successivamente alle elezioni amministrative del 2008.

Quanto, invece, alle affermazioni che la disciolta amministrazione non ha adottato nel corso del mandato alcun atto deliberativo in relazione alla localizzazione del porto, che si assume da tempo discussa tra Nord e Sud, esse risultano, la prima, coerente con l’intento ravvisato dalla Commissione d’indagine, la seconda sconfessata dalle scelte compiute dal piano regolatore generale.

8. Prive di pregio risultano le doglianze ricorsuali che tentano di avversare le irregolarità accertate nella gestione delle concessioni comunali e nel settore degli appalti.

Quanto alle prime, va rilevato che la Commissione d’indagine ha accertato il mancato incasso di alcuni canoni di concessione relativi all’anno 2009 nei confronti di soggetti con precedenti di polizia e dediti a frequentazioni con persone socialmente pericolose.

Sul punto, la prospettazione ricorsuale non illustra alcun dato innovativo o difforme rispetto a quelli emergenti dalla relazione della Commissione, ma mira genericamente a sottolineare l’esiguità delle somme in parola e a ricondurre la registrata evenienza all’ordinario e deprecabile malcostume culturale della zona.

Nulla viene, invece, obiettato in ordina agli acclaramenti della Commissione d’indagine che, in relazione ad alcune ordinanze di custodia cautelare emesse nei confronti di esponenti di clan mafioso operante nella zona, evidenziano il particolare interesse di esponenti di tale consorteria mafiosa su alcune attività tutisticoricreative aventi sede nel territorio comunale.

Quanto al settore degli appalti, i ricorrenti opinano che la Commissione di indagine avrebbe errato nell’imputare alla disciolta amministrazione un eccessivo ricorso all’affidamento diretto, apparso in tale sede del tutto ingiustificato e a favore di operatori economici in molti casi in conflitto con l’Ente comunale ovvero in contatto con esponenti dei clan malavitosi.

Anche qui, preliminarmente chiarito che la contestazione non risulta affetta dalla genericità lamentata dai ricorrenti, come si rileva a prima evidenza dalla corposa parte della relazione dedicata all’argomento, che ha cura di rilevare partitamente gli episodi fatti oggetto di esame, nonché il ruolo in essi svolto dal responsabile dell’Area tecnica e lavori pubblici dell’Ente, può evincersi che la congruenza e la serietà della contestazione non viene minimamente svilita dalle argomentazioni ricorsuali, tutte imperniate sulla legittimità dei singoli procedimenti, isolatamente considerati.

Ma, così facendo, dimenticano i ricorrenti che la Commissione d’indagine ha focalizzato l’attenzione su tali procedure non in ragione dell’apprezzamento della loro eventuale illegittimità, ma esclusivamente per valutare la suscettibilità delle procedure di gestione dell’Ente ad evidenziare il soddisfacimento di interessi diversi da quelli generali ascrivibili alla collettività amministrata: e, sotto tale profilo, in presenza di un fenomeno di criminalità organizzata diffuso nel territorio in parola, gli elementi posti a conferma delle conclusioni raggiunte dagli atti impugnati, considerati nel loro insieme, fanno largamente emergere la ragionevolezza della ricostruzione di una situazione identificabile come presupposto per la misura di cui si tratta.

9. Per tutto quanto precede, il ricorso deve essere respinto.

Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente al pagamento in favore delle amministrazioni resistenti e della Commissione straordinaria per la gestione del Comune di Nicotera delle spese di lite, complessivamente liquidate in Euro 1.500,00 (euro millecinquecento/00) ciascuna.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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