T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 04-07-2011, n. 5855 Pubblicità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell’adunanza del 25 giugno 2009, ha deliberato che la pratica commerciale scorretta descritta al punto II del provvedimento, posta in essere dalla società Rai Radiotelevisione Italiana S.p.a. e da Nardelli Gioielli S.r.l. costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 22 e 23, lett. m), del codice del consumo e ne ha vietato l’ulteriore diffusione.

Di talchè, Nardelli Gioielli S.r.l., evidenziando di adottare già da alcuni anni una strategia di comunicazione che si articola anche sulla concessione temporanea in comodato d’uso alle principali emittenti televisive di un certo numero di pezzi delle sue collezioni, ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Violazione e falsa applicazione dell’art. 22, co. 2, d.lgs. 206/2005; eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto e per travisamento dei fatti.

Il provvedimento si fonderebbe su una serie di presupposti errati.

Le proiezioni in video di alcuni gioielli Nardelli durante le trasmissioni "Mezzogiorno in famiglia" e "Mattina in famiglia", andate in onda i sabati e le domeniche nel periodo settembredicembre 2008, non avrebbero avuto alcuna natura o velleità pubblicitaria, ma sarebbero state radicate sul contratto di comodato d’uso sottoscritto tra la ricorrente e la RAI in data 15 gennaio 2008, mentre non vi sarebbe stato alcun accordo avente ad oggetto la forzata rappresentazione in video a fini promozionali dei prodotti Nardelli.

In definitiva, nella vicenda in questione mancherebbero del tutto quegli indizi gravi, precisi e concordanti che sarebbero sufficienti a provare l’esistenza di un’intesa promozionale occulta tra le parti coinvolte.

Violazione e falsa applicazione dell’art. 23, co. 1, lett. m), d.lgs. 206/2005. Eccesso di potere per contraddittorietà interna, per illogicità, per manifesta ingiustizia e per disparità di trattamento.

I prodotti Nardelli esposti in video non sarebbero particolarmente riconoscibili rispetto ad altri prodotti similari presenti sul mercato e non recherebbero su di essi alcun logo o marchio di identificazione.

Peraltro, l’Autorità sarebbe incorsa in una disparità di trattamento avendo applicato una riduzione della sanzione solo nei confronti della RAI.

L’Avvocatura Generale dello Stato ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

All’udienza pubblica del 25 maggio 2011, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2. La pratica commerciale oggetto del procedimento è costituita dal fatto che durante le puntate della trasmissione "Mattina in famiglia", diffuse nel periodo settembre – dicembre 2008, sarebbero state inserite delle forme di pubblicità non trasparente della linea di gioielli prodotti dalla società Nardelli Gioielli S.r.l.; nel corso delle puntate del programma, la presentatrice sig.ra Adriana Volpe – che è anche testimonial della linea di gioielli Nardelli – avrebbe indossato detti gioielli producendo in tal modo un effetto promozionale nei telespettatori inconsapevoli del legame commerciale sussistente tra la showgirl e la società produttrice dei gioielli.

Il provvedimento di accertamento della pubblicità commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, 22 e 23, lett. m), del codice del consumo, di inibizione dell’ulteriore diffusione e di irrogazione della conseguente sanzione è stato adottato sulla base delle seguenti valutazioni compiute dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato:

"pur in assenza di un dichiarato rapporto di committenza, si ritiene che nel caso in esame, in conformità con quanto rilevato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, la natura pubblicitaria delle immagini contestate, e dunque l’esistenza di uno specifico scopo promozionale condiviso dal committente e dal proprietario del mezzo di diffusione, sia comprovato dall’esistenza di ulteriori elementi agli atti. Secondo il consolidato orientamento dell’Autorità, al fine di valutare la natura pubblicitaria dell’esibizione di un prodotto in un contesto comunicazionale informativo o di intrattenimento, i parametri principali da prendere in considerazione sono, da un lato, la natura specifica delle inquadrature, il loro carattere reiterato o ravvicinato, la leggibilità o riconoscibilità dei marchi commerciali raffigurati, dall’altro, l’esistenza di concrete esigenze narrative o artistiche, quali per esempio la necessità di caratterizzare situazioni o personaggi, nonché la naturalità e l’occasionalità di tali scene";

"con riguardo alle modalità di presentazione del prodotto, si sottolinea che le riprese televisive oggetto di valutazione comportano la reiterata e ripetuta visualizzazione del gioiello – a forma di sole o di cuore – della Nardelli, indossato dalla Sig.ra Volpe nel corso delle trasmissioni. Durante tutte le riprese della conduttrice, il gioiello risulta costantemente inquadrato e ben visibile per lo spettatore, anche in considerazione della sua brillantezza e soprattutto per la sua posizione. Ciò posto, l’esibizione dei gioielli "Nardelli" non può certamente considerarsi, alla luce del contesto in cui è inserita, meramente "casuale" o "occasionale", essendo comunque frutto di una scelta condivisa tra l’impresa che beneficia della esposizione del proprio prodotto e l’emittente televisiva. A tal proposito non pare condivisibile l’argomentazione delle società Nardelli e RAI, le quali hanno negato la sussistenza di un rapporto di committenza, sottolineando che i gioielli indossati dalla presentatrice sono stati oggetto di un contratto di comodato d’uso, senza prevedere alcun vincolo in ordine alla loro utilizzazione. L’esistenza di tale rapporto negoziale non può valere ad escludere che la ripresa televisiva del prodotto all’interno di un contesto giornalistico ed informativo riveli una diretta finalità promozionale a favore delle parti interessate. Si rileva, inoltre, che seppure la presentatrice non è stata certamente obbligata ad indossare i gioielli Nardelli, posti a disposizione dalla redazione, è anche vero che di fatto li ha ripetutamente indossati. Va rilevato, in proposito, che i gioielli della società Nardelli sono stati promossi al pubblico dei consumatori proprio attraverso l’immagine della presentatrice in qualità di testimonial. Con riferimento alla finalità promozionale a favore del prodotto esibito, si rileva che le modalità complessive delle inquadrature, dove il gioiello compare in maniera reiterata e prolungata, non si giustificano alla luce di esigenze informative o espressive della trasmissione";

"uno specifico elemento di artificiosità, inoltre, che appare confermare la finalità pubblicitaria delle inquadrature dei gioielli Nardelli è rappresentato dalla circostanza che la conduttrice del programma "Mattina in Famiglia" ha costantemente indossato, in tutte le puntate della trasmissione in questione, esclusivamente monili della collezione "Nardelli";

"ulteriore indice di rilievo è rappresentato, infine, dalla comprovata esistenza di reiterati rapporti di committenza di natura commerciale tra Nardelli S.r.l. e RAI, già ben prima del periodo analizzato nel presente procedimento. Al fine di escludere la natura pubblicitaria delle inquadrature ove compaiono i gioielli Nardelli non rileva inoltre la circostanza evidenziata dalle parti circa la non rilevante riconoscibilità del gioiello stesso. Al riguardo si osserva infatti che scopo della pubblicità non è solo quello di promuovere la vendita di beni e servizi ma anche quello di rendere noto al pubblico un servizio o un marchio. Proprio a questo ultimo scopo risulta utile inserire l’immagine di un marchio in una trasmissione o la citazione dello stesso in un servizio giornalistico. Gli elementi sopra evidenziati rivelano, in maniera concordante, la finalità promozionale delle immagini trasmesse durante le puntate del programma "Mattina in Famiglia"; tali immagini, pertanto, non si limitano a produrre un indiretto effetto di promozione ma risultano volte a pubblicizzare i prodotti ed i monili della linea "Nardelli Gioielli". Infine, per quanto concerne la riconoscibilità agli occhi dei telespettatori dei gioielli Nardelli, occorre tenere in adeguata considerazione la circostanza che la Sig.ra Adriana Volpe è la testimonial ufficiale della Nardelli – in forza di un apposito contratto – e che è già più volte apparsa in compagne pubblicitarie nonché che la stessa compare anche nelle pagine del sito internet della Nardelli Gioielli";

"acclarata, dunque, la natura pubblicitaria delle immagini in esame, occorre valutare la riconoscibilità delle stesse come pubblicità ai sensi del Decreto Legislativo n. 206/05. Al riguardo, pare sufficiente rilevare come non sia stato adottato alcun accorgimento sonoro o visivo che renda evidente la natura promozionale delle immagini in esame".

La ricorrente ha dedotto che le proiezioni in video di alcuni gioielli Nardelli durante le trasmissioni in discorso non avrebbero avuto alcuna natura o velleità pubblicitaria, ma sarebbero state radicate sul contratto di comodato d’uso sottoscritto tra la ricorrente e la RAI in data 15 gennaio 2008, atteso che nella vicenda in questione mancherebbero del tutto quegli indizi gravi, precisi e concordanti che sarebbero sufficienti a provare l’esistenza di un’intesa promozionale occulta tra le parti coinvolte.

Ha fatto presente altresì che i prodotti Nardelli esposti in video non sarebbero particolarmente riconoscibili rispetto ad altri prodotti similari presenti sul mercato e non recherebbero su di essi alcun logo o marchio di identificazione.

Ha infine dedotto che l’Autorità sarebbe incorsa in una disparità di trattamento avendo applicato una riduzione della sanzione solo nei confronti della RAI.

Le censure sono infondate.

Il Collegio rileva in primo luogo che non è applicabile al caso di specie l’art. 6, co. 1, lett. b) D.M. 581/1993, secondo cui non si considera pubblicità la mera citazione visiva o acustica, nei titoli di testa o di coda di un programma, del nome o marchio delle imprese che, a titolo oneroso o gratuito, abbiano fornito beni o servizi utilizzati per la realizzazione del programma medesimo, purché a tale citazione non si accompagni alcun tipo di comunicazione promozionale concernente i fornitori medesimi, atteso che, per quanto si vedrà infra, l’Autorità ha ragionevolmente accertato nella pratica commerciale esaminata proprio la sussistenza di una finalità pubblicitaria, nella forma della c.d. pubblicità occulta.

La fattispecie della "pubblicità occulta" (già prevista dall’art. 4, comma 1, del d.lgs n. 74/1992) è ora disciplinata dal comma 1 dell’art. 23 del d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (poi sostituito dall’art. 1 del d.lgs. 2 agosto 2007 n. 146), per il quale "la pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale", per cui si pone il problema della riconoscibilità della pubblicità medesima e della sua distinzione rispetto alla mera informazione o comunicazione d’impresa.

L’art. 23, lett. m), del d.lgs. 206/2005 (c.d. codice del consumo) considera in ogni caso ingannevoli le pratiche commerciali volte ad impiegare contenuti redazionali nei mezzi di comunicazione per promuovere un prodotto, qualora i costi di tale promozione siano stati sostenuti dal professionista senza che ciò emerga dai contenuti o da immagini o suoni chiaramente individuabili per il consumatore.

La giurisprudenza ha già avuto modo di chiarire che la pubblicità occulta elude le naturali difese rappresentate dalle risorse critiche alle quali il pubblico è solito ricorrere dinanzi ad una pressione pubblicitaria scoperta; è più autorevole ed affidabile, per il fatto che il messaggio ha l’apparenza di un’informazione neutrale e disinteressata; è, infine, particolarmente efficace, in quanto si presta a carpire l’attenzione anche di coloro che usano distoglierla dai messaggi pubblicitari palesi; la pubblicità occulta, dunque, nella multiformità delle sue espressioni, disorienta il pubblico dei consumatori, aggirandone i naturali meccanismi di difesa e reazione, oltre, naturalmente, ad alterare la ideale situazione di parità delle imprese nel confronto concorrenziale (ex multis: TAR Lazio, Roma, I, 29 dicembre 2009, n. 13749; TAR Lazio, Roma, I, 14 ottobre 2008, n. 8900).

Nell’ambito del divieto di pubblicità occulta ricadono, in particolare:

le ipotesi di pubblicità tradizionalmente denominata "redazionale", la quale si rivolge al pubblico con le ingannevoli sembianze di un normale servizio giornalistico, apparentemente riconducibile ad una disinteressata scelta della redazione;

il c.d. "product placement", consistente nell’esibizione o nella citazione della denominazione, del marchio o dei prodotti di un’impresa in un contesto narrativo o di intrattenimento, a fini promozionali.

In tale secondo caso, il messaggio pubblicitario prescinde in larga misura dalla presentazione del prodotto in termini elogiativi, riuscendo a veicolarlo, ugualmente, allo spettatore, tramite la sua collocazione in precisi contesti sociali e psicologici che contribuiscono al riconoscimento del brand e delle qualità ad esso attribuite.

Il ricorso a questa forma di comunicazione commerciale è indipendente dalla chiara ed esplicita presentazione del prodotto e, soprattutto, prescinde dall’adozione dello stile elogiativo ed enfatico tipico della pubblicità.

Per valutare la natura promozionale della pratica commerciale, occorre considerare innanzitutto l’esibizione casuale o meno e ripetuta o meno del marchio del prodotto e poi la strumentalità dell’esibizione rispetto all’opera artisticointellettuale.

Secondo l’Autorità, i parametri principali da prendere in considerazione sono la natura specifica delle inquadrature, il loro carattere ravvicinato o reiterato, la leggibilità o riconoscibilità dei marchi commerciali raffigurati nonché l’esistenza di concrete esigenze narrative o artistiche, quali la necessità di caratterizzare situazioni o personaggi, la naturalità e l’occasionalità di tali scene.

Il criterio dirimente appare incentrato sulle modalità di raffigurazione del prodotto ed, in particolare, sulla "innaturalità" della sua esibizione da valutarsi in relazione all’insistenza sul marchio del prodotto, alla reiterazione delle citazioni o alla gestualità esasperata, forzata o comunque artificiosa dei personaggi.

Con riguardo, invece, alla strumentalità della rappresentazione rispetto al contesto, la giurisprudenza amministrativa ha valutato la necessarietà, ovvero l’utilità, dell’esibizione del prodotto rispetto alle esigenze narrative.

L’indagine, da effettuarsi caso per caso, è volta ad accertare se la citazione del marchio risulti del tutto estranea rispetto al contesto e assolutamente non giustificata da alcuna esigenza di caratterizzazione dei personaggi o della situazione ambientale.

Così delineati i termini essenziali della questione, il Collegio ritiene che le censure dedotte dalla ricorrente non possono essere condivise.

La valutazione compiuta dall’Autorità competente si rivela esaustivamente motivata, non manifestamente illogica né basata su un travisamento dei fatti.

Nel provvedimento, infatti, sono analiticamente indicate le ragioni per le quali, pur in assenza di un dichiarato rapporto di committenza, l’esistenza di uno specifico scopo promozionale condiviso dal committente e dal proprietario del mezzo di diffusione è stato ritenuto comprovato dall’esistenza di ulteriori elementi agli atti.

In particolare, è fatto presente che: le riprese televisive comportano la reiterata e ripetuta visualizzazione del gioiello, a forma di sole o di cuore, della Nardelli indossato dalla sig.ra Adriana Volpe nel corso delle trasmissioni; durante tutte le riprese della conduttrice, il gioiello risulta costantemente inquadrato e ben visibile per lo spettatore, anche in considerazione della sua brillantezza e soprattutto della sua posizione; le modalità complessive delle inquadrature, dove il gioiello compare in maniera reiterata e prolungata, non si giustificano alla luce di esigenze informative o espressive della trasmissione.

La delibera, quindi, evidenzia che l’esibizione dei gioielli Nardelli non può certamente considerarsi occasionale o casuale, essendo frutto di una scelta condivisa tra l’impresa che beneficia dell’esposizione del proprio prodotto e l’emittente televisiva.

Orbene, è indubbio che la trasmissione avrebbe potuto svolgersi anche in assenza della ostentata esibizione dei gioielli Nardelli e l’amministrazione procedente ha posto in rilievo la circostanza che la conduttrice del programma "Mattina in Famiglia" ha costantemente indossato, in tutte le puntate della trasmissione esclusivamente monili della collezione Nardelli.

Inoltre, i gioielli della ricorrente sono stati promossi attraverso l’immagine della presentatrice, sig.ra Adriana Volpe, che è testimonial ufficiale della Società, in forza di un apposito contratto, e che è già più volte apparsa in campagne pubblicitarie e compare anche nelle pagine del sito internet della ricorrente e, d’altra parte, reiterati rapporti di committenza tra la Nardelli e la Rai sussistevano anche prima del periodo analizzato.

Infine, l’argomentazione secondo cui i gioielli Nardelli non sono particolarmente riconoscibili rispetto ad altri prodotti similari presenti sul mercato e non recherebbero su di essi alcun logo o marchio di identificazione non è sufficiente per dare conto dell’illegittimità dell’azione amministrativa in quanto la finalità promozionale può essere proprio quella di rendere noto al pubblico un marchio precedentemente poco conosciuto.

Sulla base di tali considerazioni e rilevato che, nonostante la natura pubblicitaria delle immagini, non è stato adottato alcun accorgimento sonoro o visivo che renda evidente la natura promozionale delle stesse, occorre ritenere corretto l’operato dell’AGCM che ha considerato esistente una fattispecie di pubblicità occulta, sotto il profilo del product placament.

Parimenti infondata è la censura di disparità di trattamento in quanto la riduzione della sanzione sarebbe stata operata soltanto nei confronti della RAI e non anche della ricorrente.

L’Autorità, infatti, ha evidenziato la sussistenza di una circostanza attenuante per la RAI, costituita dal fattivo intervento posto in essere e consistente nella scelta di non far indossare alla sig.ra Volpe i gioielli Nardelli nelle more del perfezionamento del contratto di fornitura tra la RAI e la società produttrice nonché di inserire nei titoli di coda, dal gennaio 2009, l’indicazione di tale rapporto di fornitura, modifica tendente a segnalare ai consumatori il rapporto in questione.

Pertanto, considerato che nessuna circostanza attenuante è stata individuata per la ricorrente, risulta del tutto legittimo che la riduzione sia stata operata solo per la RAI.

All’infondatezza delle censure dedotte segue l’infondatezza del ricorso e la sua reiezione.

3. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in Euro 3.000,00 (tremila,00), sono poste a carico della ricorrente ed a favore dell’amministrazione resistente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate complessivamente in Euro 3.000,00 (tremila,00), in favore dell’amministrazione resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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