Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-04-2011) 28-06-2011, n. 25749 Detenzione abusiva e omessa denuncia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 22.10.2010 il Tribunale del Riesame di Milano rigettava l’appello proposto da M.I. avverso il provvedimento del gip del locale Tribunale del 7.9.2010 che aveva respinto l’istanza del predetto M. diretta alla revoca della misura della custodia cautelare in carcere già applicata nei suoi confronti nel proc. Pen. Nr. 43773 r.g.n.r. NR DDA Milano, per il reato di ricettazione, e per i reati detenzione e porto abusivi di una pistola.

L’impugnazione era stata proposta sulla base degli elementi di novità emersi dalle indagini difensive circa la natura della "pistola" custodita all’interno della BMW X5 di proprietà dell’imputato cui si fa riferimento in una conversazione intercettata; la moglie e il cognato del ricorrente avevano infatti riferito al difensore che si sarebbe trattato non di un’arma da fuoco, ma di una pistola "svita bulloni". 11 quadro di gravità indiziaria sarebbe rimasto quindi notevolmente indebolito rispetto ad un fatto particolarmente rilevante anche ai fini della valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari.

I giudici del riesame confutavano l’attendibilità e comunque l’effettiva valenza probatoria dei risultati delle investigazioni difensive e rilevavano per il resto, sotto il profilo delle esigenze cautelari, che i delitti contestati all’appellante si collocavano nel contesto dei suoi rapporti personali con esponenti della criminalità organizzata.

Ricorre il difensore, deducendo il vizio di erronea applicazione del combinato disposto dell’art. 192 c.p.p., comma 2 e art. 273 c.p.p., per avere i giudici territoriali irragionevolmente escluso, alla luce dei risultati delle indagini difensive, la possibilità di una interpretazione alternativa a quella proposta dall’accusa del contenuto della telefonata ritenuta indiziante per i reati in materia di armi, anche tenendo conto che il possesso, da parte dell’imputato, di un attrezzo svita bulloni sarebbe reso verosimile dalla sua attività lavorativa alle dipendenze di un ditta di recuperi e autodemolizioni.

La stessa illogicità sarebbe ravvisabile nel riferimento dei giudici del riesame al presunto coinvolgimento del ricorrente in un episodio di danneggiamento in danno di tale C., per il quale non risulta formulata a carico del M. alcuna specifica contestazione.

Motivi della decisione

1. La motivazione del provvedimento impugnato non si presta a censure di legittimità in ordine all’identificazione della natura dell’oggetto a cui alludono gli interlocutori dell’intercettazione ambientale ricordata dai giudici territoriali, pur in rapporto agli elementi di novità addotti dalla difesa.

Il tribunale prende in esame gli esiti delle investigazioni difensive, ma ne contesta la concludenza sulla base di argomentazioni logiche e coerenti. Dei due testi che avevano parlato della pistola "svitabulloni", entrambi legati al ricorrente da rapporti di familiarità ( Ca.Sa. essendo la moglie, Ca.

F. il cognato di M.I.), S. aveva riferito di notizie apprese dallo stesso ricorrente in circostanze di tempo e di luogo imprecisate, e aveva rivelato la significativa consapevolezza della rilevanza della questione rispetto al contenuto dell’intercettazione del 7.3.2009; F. non aveva aggiunto un autonomo apporto di conoscenze rispetto al narrato della sorella.

I giudici territoriali rilevano poi correttamente, sul piano lessicale, che il termine pistola è comunemente riferito ad un’arma, mentre l’allusione ad un attrezzo meccanico sarebbe alquanto gergale;

sul piano logico, che un attrezzo svitabulloni ben difficilmente potrebbe essere custodito all’interno del cruscotto di un’automobile, dove troverebbe molto più conveniente sistemazione proprio una pistola; sottolineano, infine, la dimestichezza con l’uso di armi rivelata dall’imputato in alcune conversazioni intercettate.

2. In punto di esigenze cautelari, i giudici territoriali rilevano anzitutto l’assenza di significativi elementi di novità rispetto alle valutazioni del gip, e ribadiscono comunque efficacemente gli inquietanti legami criminali dell’indagato, e la sua familiarità con l’uso di armi, alla stregua di valutazioni che non possono ritenersi condizionate dalla specifica ricaduta giudiziaria di tali relazioni personali, o dall’accertamento di concreti episodi di uso di armi da fuoco, trattandosi comunque di elementi di valutazione indubbiamente significativi, sotto il profilo sintomatico, della notevole pericolosità sociale dell’indagato.

Il ricorso va pertanto rigettato, con le conseguenti statuizioni sulle spese.

Il cancelliere dovrà provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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