Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-04-2011) 28-06-2011, n. 25748

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 22.10.2010 il Tribunale del Riesame di Milano rigettava l’appello proposto da M.N. avverso il provvedimento del gip del locale Tribunale del 7.9.2010 che aveva respinto l’istanza del predetto M. diretta alla revoca della misura della custodia cautelare in carcere già applicata nei suoi confronti nel proc. Pen. Nr. r.g.n.r. per il reato di ricettazione, e per i reati detenzione proto abusivi di una pistola. I giudici del riesame rilevavano che i delitti contestati all’appellante si collocavano nel contesto della attività criminali riferibili ad una pericolosissima associane mafiosa di derivazione ‘ndranghetista operante nel territorio lombardo.

Sotto il profilo della gravità indiziaria, riproposto dalla difesa, i giudici ricordavano che i fatti ascritti all’imputato risuolavano chiaramente dall’inequivocabile contenuto di alcune intercettazioni telefoniche; quanto alle esigenze cautelari, sottolineavano ancora una volta i legami tra l’imputato e personaggi di spicco della criminalità organizzata, richiamando per il resto le valutazioni espresse al riguardo nell’ordinanza cautelare e in quella appellata.

Ricorre il difensore, rilevando anzitutto che sarebbe del tutto illogica la valutazione della corte territoriale circa l’inserimento del M. in contesti di criminalità organizzata di stampo mafioso, non essendo stata formulata a carco del ricorrente alcuna ipotesi associativa, ed essendo stata esclusa dal giudice del cautelare l’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7;

rileva, in punto di gravità indiziaria, analizzando minuziosamente le risultanze istruttorie, che dal compendio probatorio in atti emergerebbe che la ricettazione non sarebbe stata in realtà mai consumata, e che il semirimorchio che ne formerebbe oggetto non sarebbe stato mai consegnato all’imputato; e contesta che il contenuto di una conversazione intercettata, in cui gli interlocutori fanno riferimento al possesso di un’arma da parte dello stesso imputato, non potrebbe costituire prova piena dei reati in materia di armi a quest’ultimo contestati. Alla stregua del secondo motivo di ricorso, il profilo delle esigenza cautelari sarebbe stato fortemente condizionato, nelle valutazioni del Tribunale, dalla sopravvalutazione del quadro di gravità indiziaria e comunque dell’effettiva gravità dei fatti.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Le deduzioni difensive in parte sembrano scarsamente avvertite dei limiti segnati dal giudicato cautelare tanto in punto di gravità indiziaria che riguardo alla sussistenza delle esigenze cautelari, riproponendo per lo più argomenti semmai più confacenti alla (non più praticabile) contestazione del provvedimento genetico, piuttosto che segnalare significativi elementi di novità in tesi trascurati dal Tribunale; in parte non colgono nel segno laddove cercano comunque di insidiare le logiche e coerenti valutazioni dei giudici territoriali. Ed invero, quanto all’ipotesi di ricettazione, la difesa si impegna nel tentativo di contestare la valenza probatoria del contenuto dell’intercettazione telefonica riportata alle pagg. 2 e 3 dell’ordinanza impugnata, ma sulla base dell’apodittica affermazione che l’operazione di impossessamento del semirimorchio non sarebbe stata conclusa (il che, a tutto concedere, lascerebbe aperta l’ipotesi del tentativo). Quanto ai reati in materia di armi, non è affatto impropria la valorizzazione, da parte del Tribunale, del contenuto dell’intercettazione telefonica che ne avrebbe rivelato il possesso da parte del ricorrente, perchè le dichiarazioni di persone che conversino tra loro – se captate nel corso di attività’ di intercettazione regolarmente autorizzata ed a loro insaputa – sono liberamente valutate dal giudice secondo gli ordinari criteri di apprezzamento della prova, anche quando presentino valenza accusatoria nei confronti di terzi, non trovando in questo caso applicazione la regola di cui all’art. 192 c.p.p., comma 3 (Corte di Cassazione nr. 38413 del 07/02/2003 SEZ. 5, Alvaro ed altri). Ancora meno apprezzabili sono le deduzioni difensive in punto di esigenze cautelari, non solo alquanto generiche, ma impropriamente legate al diverso profilo della gravità indiziaria, e decisamente carenti sotto l’aspetto della necessaria indicazione di elementi di novità (Corte di Cassazione nr. 01013 del 31/03/1999.

Adduci, dove l’affermazione che Nel giudizio di appello disciplinato dall’art. 310 c.p.p., non può trovare spazio lo strumentale ricorso all’istituto della revoca, previsto dall’art. 299 c.p.p., senza elementi di novità’ che possano giustificare il superamento della preclusione del generalissimo principio del "ne bis in idem", applicabile anche in materia di provvedimenti cautelari). Il ricorso va pertanto rigettato, con le conseguenti statuizioni sulle spese.

Il cancelliere dovrà provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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