T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 04-07-2011, n. 5850 Sanzione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 7 luglio 2008, depositato il successivo 17 luglio, la Compagnia Assicuratrice Unipol s.p.a. ha domandato l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione dell’Isvap n. 1433/08, notificata il 9 maggio 2008, con la quale le è stato ingiunto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria pari ad Euro 40.019,00, ai sensi dell’art. 315, comma 2, del d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209, codice delle assicurazioni private, conseguente all’accertata violazione degli artt. 141 e 148 dello stesso codice.

Espone la ricorrente che l’ingiunzione fa seguito ad una contestazione pervenuta alla Società con atto Isvap del 10 ottobre 2007, che, in relazione ad una richiesta di risarcimento danni a persona trasportata con veicolo assicurato con polizza r.c.a. dalla Società, rilevava l’omessa formulazione dell’offerta ovvero l’omessa comunicazione dei motivi della mancata offerta nel termine di 90 giorni dal pervenimento della richiesta stessa, e con un ritardo superiore ai 120 giorni successivi alla decadenza del termine utile.

A sostegno della domanda la Società ha dedotto:

1) incostituzionalità dell’art. 4, comma 1, lett. h) della l. 29 luglio 2003, n. 229.

La ricorrente spiega questione di costituzionalità dell’art. 4 della l. 229/2003, che ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni, ed, in particolare, della relativa lettera h), che, nel prevedere la riformulazione dell’apparato sanzionatorio, e specificamente per quanto concerne le sanzioni pecuniarie, ad avviso dell’esponente risulta generica sia in riferimento all’oggetto sia in riferimento alla misura della sanzione, in violazione dell’art. 76 Cost., secondo cui l’esercizio della funzione legislativa può essere delegato solo previa determinazione dei principi e criteri direttivi e solo per oggetti definiti;

2) illegittimità dell’art. 315 del d.lgs. 209/2005 alla luce dei principi generali della materia delle sanzioni amministrative secondo l’art. 4, lettera h), della l. 229/2003.

Rilevato che l’art. 315 del codice delle assicurazioni private sanziona l’inosservanza dei termini delle procedure liquidative del danno di cui ai precedenti artt. 141, 148 e 150, ed illustrato il meccanismo mediante il quale la sanzione viene graduata in proporzione al ritardo maturato, espone la Società che la disposizione non rispetta i principi fondamentali della l. 24 novembre 1981, n. 689, prevedendosi, da parte del citato art. 148, termini che, per la liquidazione dei danni derivanti da sinistri della circolazione, risultano molto ristretti rispetto alle necessità istruttorie, soprattutto pel caso di danno alla persona. L’art. 315 si caratterizzerebbe, pertanto, per la sua rigidità e per l’inasprimento eccessivo delle pene. Il dato temporale, isolatamente considerato, non sarebbe criterio idoneo a graduare la sanzione;

3) violazione dell’art. 315, d. lgs. 209/2005, e irragionevolezza ed eccessività della sanzione.

Con la terza censura, rivolta avverso l’atto impugnato, la ricorrente, mediante una analitica ricostruzione della fattispecie sanzionata, espone che entrambi gli assunti presi a base del provvedimento (dies a quo per il computo del termine finale per provvedere al risarcimento; maturazione di un ritardo superiore a 120 giorni) sono errati. Correttamente calcolato, il ritardo imputabile alla Società sarebbe di 49 giorni, con conseguente riduzione dell’importo della sanzione (minimo edittale Euro 2.700,00, massimo Euro 5.400). L’iter della vicenda, come in sostanza ha riconosciuto anche il provvedimento impugnato (laddove l’Isvap dichiara di non poter accogliere le osservazioni procedimentali formulate dalla Società, imperniate sulla indisponibilità della danneggiata a sottoporsi a visita medicolegale, pur riconoscendone la buona fede e l’atteggiamento improntato ad una positiva soluzione della vicenda), farebbe emergere che il ritardo nella definizione del danno è imputabile esclusivamente al comportamento tenuto dalla danneggiata. La sanzione applicata contrasterebbe indi con i principi di proporzionalità e con l’art. 11 della l. 689/81. La sanzione andava comunque ridotta del 30%, in applicazione del comma 3 dell’art. 315 del codice delle assicurazioni.

La Società ha concluso chiedendo, in via gradata, l’accertamento della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità sollevata, da rimettere al vaglio della Corte Costituzionale, la dichiarazione di illegittimità del ridetto art. 315 del codice delle assicurazioni private, l’annullamento dell’atto gravato.

Si è costituito in resistenza l’Isvap che, confutata la fondatezza e la ritualità di alcune delle proposte questioni, ha rappresentato la legittimità della ordinanza impugnata, instando per il rigetto del gravame.

Si è altresì costituito in resistenza il Ministero dello sviluppo economico, senza formulare specifiche difese.

La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 20 aprile 2011.

Motivi della decisione

1. Si controverte in ordine alla legittimità dell’ordinanza ingiunzione dell’Isvap n. 1433/08 con la quale l’Isvap ha ingiunto alla Società ricorrente il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria pari ad Euro 40.019,00, ai sensi dell’art. 315, comma 2, del d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209, codice delle assicurazioni private, conseguente all’accertata violazione degli artt. 141 e 148 dello stesso codice.

2. Le questioni di costituzionalità sollevate dalla ricorrente con i primi due motivi di gravame si profilano manifestamente infondate.

Il Collegio può, conseguentemente, esimersi dall’esame delle eccezioni spiegate dall’ Isvap in ordine alla ritualità della loro proposizione.

3. Parte ricorrente ha sostenuto innanzitutto che l’art. 4 della l. 29 luglio 2003, n. 229, che ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni, ed, in particolare, la relativa lettera h), che prevede la riformulazione dell’apparato sanzionatorio, per quanto concerne le sanzioni pecuniarie, risulta generica sia in riferimento all’oggetto sia in riferimento alla misura della sanzione, in violazione dell’art. 76 Cost., secondo cui l’esercizio della funzione legislativa può essere delegato solo previa determinazione dei principi e criteri direttivi e solo per oggetti definiti.

La prospettazione non merita condivisione.

La legge n. 229 del 2003, titolata "Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. – Legge di semplificazione 2001", coerentemente con l’obiettivo enunciato, al Capo I, con gli artt. da 2 a 11, delega il Governo ad adottare decreti legislativi volti al riassetto normativo di una serie di materie. Trattasi, in particolare, di produzione normativa (art. 2), sicurezza del lavoro (art. 3), assicurazioni (art. 4), incentivi alle attività produttive (art. 5), prodotti alimentari (art. 6), tutela dei consumatori (art. 7), metrologia legale (art. 8), internazionalizzazione delle imprese (art. 9), società dell’informazione (art. 10), Corpo nazionale dei vigili del fuoco (art. 11).

Venendo al tema oggetto di scrutinio, l’art. 4, in materia di assicurazioni, ha delegato il Governo (delega poi esercitata con il d. lgs. 209/2005) ad adottare, entro due anni, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni, ai sensi e secondo i princìpi e criteri direttivi di cui all’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, come sostituito dall’articolo 1 della legge stessa, e nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi (come risultante dal testo vigente):

"a) adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali;

b) tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti più deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonché dell’informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio;

c) salvaguardia dell’effettiva concorrenza tra le imprese autorizzate all’esercizio dell’attività assicurativa in Italia o operanti in regime di libertà di prestazioni di servizi;

d) previsione di specifici requisiti di accesso e di esercizio per le società di mutua assicurazione esonerate dal pieno rispetto delle norme comunitarie, nonché per le imprese di riassicurazione;

e) garanzia di una corretta gestione patrimoniale e finanziaria delle imprese autorizzate all’esercizio dell’attività assicurativa, anche nell’ipotesi di una loro appartenenza ad un gruppo assicurativo, nonché con riferimento alle partecipazioni di imprese assicurative in soggetti esercenti attività connesse a quella assicurativa e di partecipazione di questi ultimi in imprese assicurative;

f) armonizzazione della disciplina delle diverse figure di intermediari nell’attività di distribuzione dei servizi assicurativi, compresi i soggetti che, per conto di intermediari, svolgono questa attività nei confronti del pubblico;

g) armonizzazione della disciplina sull’esercizio e sulla vigilanza delle imprese di assicurazione e degli intermediari assicurativi alla normativa comunitaria;

h) riformulazione dell’apparato sanzionatorio alla luce dei princìpi generali in materia:

1) affiancando alle ipotesi di ricorso alla sanzione amministrativa pecuniaria nei riguardi di imprese e operatori del settore, la previsione di specifiche sanzioni penali, modulate tra limiti minimi e massimi, nei casi di abusivo esercizio di attività assicurativa, agenziale, mediatizia e peritale da parte di imprese e soggetti non autorizzati o non iscritti ai previsti albi e ruoli ovvero di rifiuto di accesso, opposto ai funzionari dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), agli uffici o alla documentazione relativa alle anzidette attività, anche esercitate in via di fatto o, infine, di truffa assicurativa;

1bis) raddoppiando la misura delle sanzioni penali e quintuplicando la misura massima delle sanzioni amministrative pecuniarie determinate in una somma di denaro, ad eccezione delle sanzioni previste dalla legge 12 agosto 1982, n. 576, e successive modificazioni;

2) prevedendo la facoltà di difesa in giudizio da parte dell’ISVAP, a mezzo dei suoi funzionari, nei ricorsi contro i provvedimenti sanzionatori di cui all’articolo 6 della legge 5 marzo 2001, n. 57;

i) riassetto della disciplina dei rapporti tra l’ISVAP e il Governo, in ordine alle procedure di crisi cui sono assoggettate le imprese di assicurazione".

Già la mera lettura dell’articolato sopra riportato fa emergere che la delega in parola è stata corredata dalla precisa definizione del suo oggetto (riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni), ciò che non fa emergere alcun dubbio circa l’ambito che le norme da dettarsi da parte del legislatore delegato sono destinate ad occupare nell’ordinamento vigente.

Venendo ai principi e criteri direttivi, la delega in parola ne prevede in primo luogo alcuni di carattere generale.

Si tratta, in particolare, di quelli previsti dall’art. 20 della legge n. 59 del 1997, come sostituito dall’articolo 1 della legge stessa, che viene richiamato nell’art. 4 della l. 229/03 al comma 1.

A tali principi e criteri direttivi si affiancano poi i principi e criteri direttivi specificamente individuati per il settore delle assicurazioni, che sono riepilogati dalle lettere da a) ad i) sopra riportate.

In tale ambito, i principi e criteri direttivi concernenti l’apparato sanzionatorio, diversamente da quanto sostenuto dalla parte ricorrente, non risultano affetti da genericità.

Ed, infatti, l’art. 4 contiene innanzitutto il richiamo ai "princìpi generali in materia".

Con tale indicazione il legislatore ha inteso, evidentemente riferirsi non solo alla legge generale relativa alle sanzioni amministrative 24 novembre 1981, n. 689, ma anche al coacervo della giurisprudenza che, partendo dalle disposizioni della legge stessa, ha contribuito ad individuarne la portata.

La materia delle sanzioni nel settore delle assicurazioni è stata, poi, corredata da principi e criteri direttivi specifici, contenuti ai punti 1 e 1bis della lettera h), (aggiunto dall’art. 39, comma 4, della l. 28 dicembre 2005, n. 262), correlati alle particolari caratteristiche del settore, che attestano, per quanto qui di interesse, il particolare rilievo conferito alle esigenze di tutela degli assicurati.

Si è in tal modo previsto: il ricorso, accanto alle ipotesi di ricorso alla sanzione amministrativa pecuniaria nei riguardi di imprese e operatori, a specifiche sanzioni penali, per i casi di abusivo esercizio di attività assicurativa, agenziale, mediatizia e peritale, di rifiuto di accesso agli uffici o alla documentazione relativa alle attività opposto all’Isvap, di truffa assicurativa; il raddoppio della misura delle sanzioni penali e la quintuplicazione della misura massima delle sanzioni amministrative pecuniarie determinate in una somma di denaro, ad eccezione delle sanzioni previste dalla legge 12 agosto 1982, n. 576.

In tal modo, la struttura della delega, per quanto attiene alle sanzioni del settore assicurativo, ivi comprese quelle pecuniarie, risulta completa e ben delimitata nei suoi riferimenti fondanti, sia quanto al richiamo operato al principio della legalità, nelle sue varie articolazioni, evocato con il riferimento ai principi generali (normativi e giurisprudenziali) della materia, sia quanto alla individuazione del "bene protetto" che la norma primaria pone in primo piano nel riassetto del sistema sanzionatorio.

Di talchè neanche per tale parte la disposizione può essere ritenuta affetta da genericità.

Del resto, contrariamente a quanto sembra ritenere parte ricorrente, il rispetto dell’art. 76 Cost. non richiede che i principi e criteri direttivi della delega assurgano a norme di dettaglio: una siffatta pretesa risulterebbe, infatti, contraria alla stessa finalità dell’istituto della delega, che è quello di rimettere alla sede delegata i profili specifici della materia oggetto di regolazione, già astretti dai principi e criteri della delega.

4. Chiarito, per quanto sopra, che il Collegio non i ravvisa alcuna distonia tra l’art. 4 della l. 223/03 e l’art. 76 della Costituzione, è bene immediatamente riferire che neanche la seconda doglianza merita una favorevole considerazione.

Con essa sostiene parte ricorrente che l’art. 315 del d. lgs. 7 settembre 2005, n. 209, codice delle assicurazioni private, adottato in esercizio della delega di cui al ridetto art. 4 della l. 223/03 ed applicato nella fattispecie, che sanziona l’inosservanza dei termini delle procedure liquidative del danno di cui ai precedenti artt. 148, 149 e 150, non rispetta i principi fondamentali della l. n. 689 del 1981, in quanto l’art. 148 prevede termini che, per la liquidazione dei danni derivanti da sinistri della circolazione, risultano molto ristretti rispetto alle necessità istruttorie, soprattutto pel caso di danno alla persona. Sostiene ancora parte ricorrente che l’art. 315 in parola si caratterizzerebbe, pertanto, per la sua rigidità e per l’inasprimento eccessivo delle pene, e che il dato temporale, isolatamente considerato, non sarebbe criterio idoneo a graduare la sanzione.

E’ evidente che gran parte della censura sopra descritta involve in una critica della scelte di merito effettuate dal legislatore delegato, ed, in quanto, tale, si appalesa totalmente insuscettibile di apprezzamento, anche atteso – in disparte il resto – che l’affermazione di parte ricorrente che i tempi previsti per la liquidazione dei danni derivanti da sinistri della circolazione alle persone si connotino per eccessiva brevità appare affermazione del tutto indimostrata.

Per il restante, risulta al Collegio del tutto appropriato che, nel settore assicurativo, la misura di una sanzione pecuniaria posta – come nella fattispecie – a corredo di un precetto normativo che impone alle imprese l’osservanza di termini nelle procedure di liquidazione del danno sia graduata proporzionalmente in relazione all’entità dello scostamento rilevabile tra i predetti termini legali e quelli registrati nella fattispecie: infatti, essendo il precetto palesemente posto a tutela degli assicurati, la pretesa punitiva statale, correlata alla lesione concretamente arrecata dal ritardo alla sfera di questi, non può che profilarsi tanto più incidente quanto maggiormente i tempi per la liquidazione del danno risultino dilatati rispetto a quelli stimati congrui in via generale ed astratta.

Di talchè non può essere imputato alla rigidità della previsione normativa, ma piuttosto al meccanismo punitivo proprio di ogni sanzione, ivi comprese quelle a carattere pecuniario, che, accertata la violazione del precetto, l’amministrazione competente all’applicazione del connesso apparato sanzionatorio si attenga strettamente ai parametri dallo stesso previsti.

Merita, comunque, anche di essere osservato che il congegno sanzionatorio recato dall’art. 315 del codice di assicurazioni private non è privo di correttivi al principio del progressivo aumento delle sanzioni pecuniarie in virtù dell’entità del ritardo maturato. Infatti, laddove il comma 1 diversifica l’importo delle sanzioni per i ritardi fino a trenta, sessanta, novanta e centoventi giorni, il comma 2, per l’ipotesi di ritardi superiori a 120 giorni, prevede una sanzione diversificata esclusivamente in ragione dell’afferenza del danno alle cose ovvero alle persone e per il caso morte (rispettivamente da Euro 10.800,00 a 30.000,00; da Euro 20.000,00 a 60.000,00).

Infine, pare ancora opportuno aggiungere che il presidio sanzionatorio posto dall’art. 315 del codice delle assicurazioni al rispetto dei termini recati dagli artt. 148, 149 e 150 dello stesso codice avrebbe ben poche possibilità di raggiungere gli obiettivi perseguiti dalle disposizioni sostanziali ove gli interessati potessero opporvi genericamente – come fa la ricorrente – il pericolo di frodi a danno delle compagnie di assicurazione.

Ben diversamente, invece, la fattispecie viene regolata laddove tale pericolo presenti profili di concretezza: per tale evenienza, infatti, e precisamente per l’ipotesi che "l’impresa dimostri che sono in corso accertamenti dovuti ad un fondato sospetto di frode", l’art. 326, comma 1, del codice delle assicurazioni prevede la sospensione della procedura di contestazione.

5. Delibate negativamente le questioni proposte con i due primi motivi di doglianza, può quindi passarsi all’esame della terza censura, rivolta avverso l’atto impugnato.

Al riguardo, la ricorrente, mediante una analitica ricostruzione della fattispecie sanzionata, espone che entrambi gli assunti presi a base del provvedimento, ovvero l’individuazione del dies a quo per il computo del termine finale per provvedere al risarcimento e la maturazione di un ritardo superiore a 120 giorni, sono errati, poiché ritiene che, correttamente calcolato, il ritardo imputabile alla Società sarebbe di 49 giorni, e non di 120, con conseguente riduzione dell’importo della sanzione. La Società invoca anche la sussistenza delle condizioni che permettono la sospensione del predetto termine.

La censura è affidata anche al rilievo che la stessa ingiunzione impugnata, pur non accogliendo le difese procedimentali esperite dalla Società, imperniate sulla indisponibilità della danneggiata a sottoporsi a visita medicolegale, riconosce la buona fede e l’atteggiamento improntato ad una positiva soluzione della vicenda, serbati dalla Società medesima.

Ma neanche tali argomentazioni risultano convincenti.

Per quanto di interesse nella fattispecie, l’art. 141 del codice delle assicurazioni prevede al comma 2 che per ottenere il risarcimento il terzo trasportato promuove nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro la procedura di risarcimento prevista dall’art. 148.

Il comma 1 dell’art. 148 del codice delle assicurazioni prevede per i sinistri con danni a cose che entro 60 giorni dalla richiesta di risarcimento (non formulata con modulo sottoscritto dai conducenti coinvolti nel sinistro) l’impresa di assicurazione formuli al danneggiato congrua o motivata offerta per il risarcimento ovvero comunichi i motivi per i quali non ritiene di fare offerta.

Il comma 2 dell’art. 148 prevede che l’obbligo di proporre al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento del danno, ovvero di comunicare i motivi per cui non si ritiene di fare offerta, sussiste anche per i sinistri che abbiano causato lesioni personali o decesso. Per l’adempimento del predetto obbligo è previsto il termine di 90 giorni.

Ciò posto, la ricorrente non contesta di aver ricevuto dal terzo trasportato una richiesta di risarcimento per danni alla persona alla data del 12 aprile 2006, come acclarato dall’Isvap, ma sostiene che da tale data, e alla luce della documentazione trasmessa dall’interessata, non può farsi decorrere il termine di cui al comma 2 dell’art. 148, atteso che la danneggiata non era ancora guarita, ciò che ha determinato, secondo la ricorrente, l’impossibilità alla data stessa di valutare il danno, alla stregua dello stesso art. 148 del d. lgs. 209/05, che, sempre al comma 2, richiede che la richiesta di risarcimento sia accompagnata "da attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti".

Tale condizione si sarebbe, secondo la società, verificata solo successivamente, e precisamente alla data del 10 luglio 2006, all’atto della ricezione della documentazione medica integrale.

Ma, seguendo tale impianto argomentativo, la ricorrente dimentica che il comma 5 dello stesso art. 148 del codice onera, in caso di richiesta incompleta, l’impresa di assicurazioni a richiedere entro trenta giorni dalla sua ricezione le necessarie integrazioni, disponendo in tal caso che i termini decorrono nuovamente dalla data di ricezione dei dati o dei documenti integrativi.

Pertanto, anche la fattispecie che la ricorrente assume essersi verificata è regolata da un segmento procedimentale, corredato da un preciso onere posto a carico dell’impresa, il cui adempimento è assistito da una precisa tempistica, che nella specie non è stata rispettata, avendo la Società provveduto a richiedere elementi integrativi al terzo trasportato, come risulta dall’impugnato provvedimento, solo in data 20 luglio 2006, ovvero 99 giorni dopo la richiesta di risarcimento, oltre la scadenza del termine utile finale (11 luglio 2006).

Ne deriva che la Società non può, ora, invocare, come ha fatto, l’incompletezza della richiesta di risarcimento, che non ha provveduto tempestivamente a far constare.

Quanto, invece, al rilievo che la richiesta di elementi integrativi è elemento "meramente formale, del tutto irrilevante…ai fini della liquidazione del danno e della tutela del danneggiato" (pag. 8 del ricorso), si osserva che è la stessa Società a sostenere in questa sede che l’integrazione documentale era necessaria i fini della valutazione della pretesa risarcitoria: di talchè l’argomentazione si profila illogica, ancor prima che manifestamente contrastante con l’ordinamento di settore.

Neanche quanto riferito in ordine alla indisponibilità della danneggiata a sottoporsi a visita medica può condurre agli esiti sperati.

Infatti, se è vero che l’art. 148, comma 3, del codice delle assicurazioni, per tale ultima ipotesi, prevede la sospensione dei termini di cui al ridetto comma 2, è altresì vero che tale effetto si compie solo "pendenti i termini di cui al comma 2 e fatto salvo quanto stabilito al comma 5".

Ben ha fatto, pertanto, il provvedimento impugnato a rilevare al riguardo che l’invito al danneggiato a sottoporsi a visita medica è stato effettuato ben oltre il termine dei 90 giorni dal ricevimento della richiesta di risarcimento, entro cui la Società avrebbe dovuto invece provvedere alla liquidazione dei danni fisici.

Nulla muta, poi, tenendo conto che il provvedimento dà conto della generale buona fede e dell’atteggiamento improntato ad una positiva soluzione della vicenda serbati dalla ricorrente: tale favorevole giudizio, plausibilmente correlato alle circostanze narrate alle pagg. 9 e 10 del gravame, relative alle modalità con le quali il difensore della danneggiata ha condotto le trattative con l’impresa, non è però assolutamente suscettibile di elidere l’accertamento della violazione commessa.

Di talchè tutti i rilievi dedotti dalla ricorrente non confermano che la sanzione sia stata erroneamente comminata o calcolata.

Parte ricorrente lamenta anche la violazione dei principi di proporzionalità e dell’art. 11 della l. 689/81.

La censura è però estremamente generica.

Al riguardo, il Collegio, per economia espositiva, può indi limitarsi a richiamare i criteri di quantificazione della sanzione seguiti dall’Isvap nella fattispecie, illustrati alle pagg. 14 e ss. della memoria difensiva dell’Istituto.

Infine, non è neanche fondata la pretesa della società, avanzata con l’ultimo profilo della censura in trattazione, di beneficiare della riduzione del 30% della sanzione, in applicazione del comma 3 dell’art. 315 del codice delle assicurazioni.

Infatti, pur in disparte ogni altra questione introdotta dall’Isvap, premesso che la invocata diposizione correla la riduzione alla fattispecie nella quale la formulazione dell’offerta sia in ritardo rispetto al termine utile, ma avvenga contestualmente al pagamento della somma, si osserva che è la stessa Società a riferire che tali condizioni non si sono evidentemente realizzate, laddove espone che il legale della danneggiata avrebbe dovuto trattenere il tentativo di pagamento effettuato dalla ricorrente "in conto maggiore avere" (pag. 11 del ricorso).

6. Per tutto quanto precede, il ricorso deve essere respinto.

Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge.

Condanna la parte ricorrente a corrispondere in favore della resistente Isvap le spese di lite, che liquida in complessivi Euro 2.000,00 (euro duemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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