T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 04-07-2011, n. 5849 Equo indennizzo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 13 novembre 1989, depositato il successivo 27 novembre, l’istante ha esposto che, essendo incorsa il 15 luglio 1986, nel corso dell’espletamento delle proprie mansioni di dipendente della Banca d’Italia, in una caduta da una scala interna alla sede dell’Istituto, Banca d’Italia ha riconosciuto come dipendente da causa di servizio il periodo di malattia protrattosi dal 15 luglio 1986 al 28 ottobre 1986, laddove la medesima sosteneva la prosecuzione della malattia nell’ulteriore periodo 24 novembre 1986 – 15 maggio 1988, con postumi invalidanti del 25%.

Rammessa in servizio il 14 maggio 1988, la ricorrente ha presentato istanza per ottenere il riconoscimento dell’ulteriore predetto periodo, nonché dell’invalidità permanente reliquata nella misura del 25% secondo le tabelle INAIL.

Con deliberazione 19 luglio 1989, n. 44417, l’Istituto, sulla base della relazione medica del 4 aprile 1989 della I Cattedra di Medicina Legale e delle Assicurazioni, ha comunicato il riconoscimento dell’invalidità conseguente all’infortunio solo nella misura del 5% e ha negato il riconoscimento della causa di servizio per il periodo di assenza dal luogo di lavoro dal 24 novembre 1986 al 13 maggio 1988.

Allegata una relazione medicolegale a sostegno delle proprie affermazioni, la ricorrente ha indi impugnato la predetta deliberazione in parte qua, avverso la quale ha formulato le doglianze di eccesso di potere, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, illogicità manifesta e violazione di legge.

In particolare, ha dedotto la ricorrente che tutta la documentazione medica presentata all’Istituto e versata in atti di causa attesta che la medesima, in ottima salute sino al giorno prima dell’infortunio, subì dal sinistro conseguenze devastanti, in stretta connessione causale con lo stesso.

La ricorrente ha domandato conclusivamente il parziale annullamento della deliberazione impugnata, nonché il riconoscimento in proprio favore del diritto all’equo indennizzo e l’accertamento che tutto il periodo di malattia posteriore al 28 maggio 1986, fino al 13 maggio 1988 va considerato conseguente all’infortunio.

Si è costituita in resistenza Banca d’Italia.

Con memorie successivamente depositate le parti in causa hanno dato atto, in punto di fatto, che, nelle more del giudizio:

– con nota 18 giugno 1990, la ricorrente ha trasmesso all’Istituto ulteriore relazione medica in ordine ai traumi subiti per effetto dell’infortunio;

– il 26 giugno 1990 l’INAIL, preso atto degli ulteriori accertamenti medici, ha comunicato di aver costituito a favore della ricorrente una rendita, per la quale ha riconosciuto una percentuale di invalidità del 41%;

– la Banca d’Italia ha invitato la I Cattedra di Medicina Legale e delle Assicurazioni a sottoporre la ricorrente a nuova visita;

– il 7 gennaio 1991 la ricorrente ha richiesto la cessazione del rapporto di impiego per inabilità derivante da causa di servizio, ovvero, in subordine, per dimissioni volontarie;

– il Consiglio Superiore della Banca, con delibera del 31 gennaio 1991, ha accettato le dimissioni volontarie, riservando ad esito di apposita istruttoria la pronunzia sul titolo;

– la dipendente è cessata dal servizio con effetto 11 febbraio 1991;

– la I Cattedra di Medicina Legale e delle Assicurazioni, con relazione dell’8 maggio 1991, ha confermato il parere precedentemente reso;

– con provvedimento del 18 ottobre 1991 la Banca ha respinto l’istanza del 18 giugno 1990;

– la medesima Cattedra, chiamata dall’Istituto ad accertare se l’estinzione del rapporto d’impiego dipendesse da causa di servizio, ha risposto negativamente;

– la Banca d’Italia ha confermato che la cessazione del rapporto d’impiego era avvenuta per dimissioni volontarie della dipendente.

In punto di diritto, la ricorrente ha sviluppato le proprie tesi difensive e ha insistito per l’accoglimento del gravame. Da ultimo, nella memoria conclusionale, parte ricorrente ha modificato la percentuale di invalidità di cui domanda l’accertamento dal 25 al 41%.

Banca d’Italia ha eccepito, oltre l’infondatezza del gravame, l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse all’annullamento dell’atto impugnato, assorbito e superato dal nuovo provvedimento del 18 ottobre 1991.

La controversia è stata indi trattenuta in decisione il 20 aprile 2011.

Motivi della decisione

1. Poichè il ricorso si profila infondato nel merito, il Collegio può prescindere dall’esame della questione pregiudiziale spiegata dalla parte resistente.

2. La ricorrente ha impugnato con il gravame in trattazione il provvedimento del 19 luglio 1989 con il quale Banca d’Italia, in adesione al parere della l° Cattedra di Medicina legale e delle Assicurazioni dell’Università "La Sapienza" di Roma, ha riconosciuto la dipendenza da causa di servizio di postumi invalidanti dell’infortunio occorso alla ricorrente il 15 luglio 1986 nella misura del 5% per "sindrome soggettiva del traumatizzato cranico", causalmente rapportabile alla contusione all’emivolto destro subita, mentre ha escluso la riconducibilità all’infortunio delle altre infermità lamentate dalla ricorrente medesima e del periodo di assenza per malattia tra il 24 novembre 1986 e il 13 maggio 1988.

3. Al riguardo, va in primo luogo rammentato come i giudizi resi dagli organi medicolegali sulla dipendenza da causa di servizio dell’infermità denunciata dal pubblico dipendente sono connotati da discrezionalità tecnica, sicché il sindacato esperibile su di essi dal giudice amministrativo deve intendersi limitato ai profili di irragionevolezza, illogicità o travisamento dei fatti: si tratta quindi di limite che permette al giudice amministrativo una valutazione esterna di congruità e sufficienza del giudizio di non dipendenza, vale a dire sulla mera esistenza di un collegamento logico tra gli elementi accertati e le conclusioni che da essi si ritiene di trarre, mentre l’accertamento del nesso di causalità tra la patologia insorta ed i fatti di servizio, che sostanzia il giudizio sulla dipendenza o meno dal servizio, costituisce tipicamente esercizio di attività di merito tecnico riservato all’organo medico (da ultimo, C. Stato, IV, 6 maggio 2010, n. 2619).

Fatta tale premessa, occorre osservare come il provvedimento in esame non risulti affetto da alcuna delle illegittimità declinate dalla ricorrente.

In particolare, si ricava con chiarezza dalla relazione 4 aprile 1989 del predetto Collegio medico che il giudizio di non dipendenza delle infermità visiva, uditiva, labirintica e cervicoartrosica lamentate dalla ricorrente da causa di servizio è stato ampiamente e congruamente motivato, all’esito di un esame della documentazione agli atti, nonché dell’apprezzamento delle risultanze degli accertamenti clinici e strumentali eseguiti dall’interessata in sede di visita medica.

In particolare, preso atto delle lesioni riportate nella caduta nella quale la ricorrente è occorsa in data 15 luglio 1986 presso la sede di servizio, consistenti in "contusione con escoriazione ginocchio dx, contusione con escoriazione tibia sin, contusione spalla e zigomo dx", con "dolenzia alle regioni colpite, ecchimosi, limitazione dei movimenti attivi e passivi al ginocchio dx" (primo certificato), nonché "contusione emivolto dx. Contusione escoriata arti superiori ed inferiori", con prognosi di giorni 6 (secondo certificato), il Collegio medico rilevava che la sindrome vertiginosa e il calo del visus in OD successivamente allegata, senza alcuna evidenza di lesioni a livello cranioencefalico ed oculare idonee a cagionare alterazioni permanenti a carico della funzione visiva, uditiva e vestibolare, fosse carente di quegli antecedenti lesivi e morbosi e di quella successione patogenetica necessari per stabilire un rapporto di causa ed effetto tra il fatto traumatico e le conseguenze pretesamente ricollegate.

Quanto all’affezione cervicoartrosica, il Collegio medico ne evidenziava la palese derivazione da una artrosi cervicale preesistente al trauma, e da questi in alcun modo aggravata, tenuto conto delle modalità dell’evento e della sua ininfluenza a produrre un qualche insulto lesivo a carico del tratto vertebrale in parola.

Risulta, indi, per tabulas che l’esame del Collegio medico è stato accurato e completo, sostenuto da una esauriente motivazione e privo di elementi indicativi di una illogicità tra i considerati presupposti di fatto e le conclusioni tratte.

Ad abundantiam, può essere rilevato che anche la relazione medica dell’8 maggio 1991, successiva al provvedimento INAIL che ha riconosciuto alla ricorrente una invalidità conseguente all’infortunio in servizio pari al 41%, ed in forza della quale Banca d’Italia ha nuovamente escluso la riconducibilità all’infortunio in parola dell’ulteriore periodo di malattia e della maggior percentuale di invalidità pretesa dalla ricorrente, con atto (rimasto in oppugnato) del 18 ottobre 1991, è formulata in modo accurato.

Né è a dirsi che Banca d’Italia doveva ritenersi vincolata al giudizio espresso dall’INAIL.

Da un lato, infatti, l’art. 39 del regolamento del personale dell’Istituto riserva alla Banca la potestà di accertare direttamente il grado di invalidità del dipendente ai fini della concessione dell’equo indennizzo.

Dall’altro, il Collegio medico, nella già citata relazione dell’8 maggio 1991, ha ampiamente motivato in ordine al dissenso raggiunto rispetto alle conclusioni dell’INAIL.

Rilevava, infatti, il Collegio medico:

– che "la negatività di tutte le indagini mirate all’obiettivazione di un insulto cranicoencefalico di origine traumatica porta a… escludere, sotto il profilo medicolegale…un qualsivoglia nesso di causalità materiale tra antecedente lesivo e susseguente morboso";

– che la natura sensoriale e bilaterale della ipoacusia "induce ad escludere l’origine traumaticocontusiva";

– che "vi è da dubitare che sussista una effettiva diminuzione del visus all’occhio destro", stante la scarsa attendibilità degli accertamenti svolti per effetto del "comportamento tenuto" dall’interessata "durante la loro esecuzione", e che, in ogni caso, "non sussiste un rapporto causale tra evento lesivo ed eventuale danno "come d’altra parte sembrerebbero aver concluso gli stessi sanitari dell’INAIL’.

Alla luce delle ragionevoli ed esaustive conclusioni esposte dal Collegio medico, vanno dunque respinte le censure di eccesso di potere, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, illogicità manifesta e violazione di legge formulate in ricorso.

3. Per tutto quanto precede, non può trovare ingresso né la domanda di parziale annullamento del provvedimento impugnato del 19 luglio 1989 né la connessa domanda di accertamento del diritto della ricorrente all’equo indennizzo.

Si reputa nondimeno equo disporre la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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