Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 01-03-2011) 28-06-2011, n. 25676

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Brescia ha rigettato le domande di riparazione per ingiusta detenzione formulate da H.H. e H.F. che, indagati per i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, sequestro di persona, lesioni personali e minaccia aggravata, erano stati sottoposti a misura cautelare ed avevano subito rispettivamente il primo, anni 1 mesi 3 e giorni 13 di detenzione (dal 26/03/2008 al 7/07/2009) ed il secondo mesi 4 e giorni 7 di custodia cautelare carceraria e 1 anno e 11 giorni di arresti domiciliari (misura carceraria dal 17/02/2008 al 26/06/2008 e quindi agli arresti domiciliari sino al 7.7.2009). Con sentenza 16/12/2008 del Tribunale di Bergamo erano stati prosciolti dall’imputazione di sfruttamento della prostituzione per insussistenza del fatto, ma condannati con riferimento ai residui addebiti alla pena di anni 3 e mesi 2 di reclusione oltre pene accessorie; la Corte d’Appello di Brescia con sentenza del 7/09/2009, in riforma della sentenza impugnata li assolveva dagli addebiti di sequestro di persona e di minaccia grave per insussistenza del fatto e dichiarava non doversi procedere per difetto di querela con riferimento al delitto di lesioni personali volontarie.

La Corte di appello adita per la riparazione richiamava il principio della autonomia del giudizio di riparazione della ingiusta detenzione rispetto al giudizio penale e riteneva sussistente nella condotta degli imputati che aveva dato causa alla detenzione colpa grave, consistente nel comportamento violento dai medesimi tenuto e tanto desumendo dalle dichiarazioni rese dalla denunciante nelle indagini preliminari, non confermate a giudizio per irreperibilità della medesima, ma alle quali si erano aggiunte alcune ammissioni degli indagati che avevano dichiarato che vi era stato un violento alterco con la ragazza, che H. la picchiò e che la medesima fu fatta salire sull’auto del F..

2. H.H. e H.F., con separati ricorsi a firma di uno stesso difensore munito di procura speciale, hanno presentato ricorso per cassazione, contestando la decisione sotto i seguenti profili: 1) per aver utilizzato ai fini di ritenere sussistente la colpa grave degli istanti le dichiarazioni rese dalla persona offesa nel procedimento di merito, dai giudici di merito ritenute invece inutilizzabili (in quanto non ripetute al dibattimento per irreperibilità della teste) così effettuando una diversa valutazione non già del comportamento dell’istante ma di dichiarazioni accusatorie provenienti dalla stessa persona offesa; 2) per avere tenuto conto del fatto che gli stessi ricorrenti avevano ammesso il reato di lesioni volontarie, da cui erano stati assolti per mancanza di querela; si tratta della ammissione di un comportamento cui non può logicamente collegarsi una colpa grave in relazione ai reati di sfruttamento della prostituzione e sequestro di persona dai quali gli imputati sono stati assolti con formula piena;

e di un reato per il quale non era consentita la custodia cautelare in quanto punito con la reclusione non superiore nel massimo a tre anni e per il quale comunque era venuta meno l’aggravante del nesso teleologia" (a seguito della assoluzione dagli altri reati) e dunque la perseguibilità di ufficio.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto che sia dichiarata la inamissibilità dei ricorsi.

Motivi della decisione

1. Il ricorso di H.F. deve essere dichiarato inammissibile in quanto tardivo. Il ricorso stesso è stato infatti depositato oltre i 15 giorni previsti quale termine per l’impugnazione della ordinanza in esame a norma dall’art. 585 c.p.p., comma 1. Ciò risulta dalle annotazioni riportate sulla ordinanza che danno atto della avvenuta notifica dell’ordinanza di rigetto al difensore di H.F. in data 14.4.2010 e del deposito del ricorso stesso il 6.5.2010. 2. Lo stesso peraltro risulta infondato anche in relazione alla natura delle questioni sollevate, per quanto appresso si osserva in relazione all’analogo ricorso presentato nell’interesse di H. H..

Sulla questione della utilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, poi non utilizzate perchè non confermate al dibattimento per irreperibilità della stessa, il Collegio condivide l’orientamento espresso dalla Corte di appello che le ha ritenute utilizzabili. Come già è stato osservato da questa Corte (sez. 4^ 23.4.2009 n. 38181 Ferrigno rv. 245308), il rapporto tra giudizio penale e giudizio per l’equa riparazione, è connotato da totale autonomia ed impegna piani di indagine diversi e che possono portare a conclusioni del tutto differenti (assoluzione nel processo, ma rigetto della richiesta riparatoria) sulla base dello stesso materiale probatorio acquisito agli atti, ma sottoposto ad un vaglio caratterizzato dall’utilizzo di parametri di valutazione differenti.

In particolare, è consentita al giudice della riparazione la rivalutazione dei fatti non nella loro valenza indiziaria o probante (smentita dall’assoluzione), ma in quanto idonei a determinare, in ragione di una macroscopica negligenza od imprudenza dell’imputato, l’adozione della misura, traendo in inganno il giudice. Inoltre, quanto alla utilizzabilità del materiale probatorio, va osservato che la procedura riparatoria presenta connotazioni di natura civilistica, e, quindi, nel suo ambito non possono operare automaticamente i divieti previsti dal codice di rito esclusivamente per la fase processuale penale dibattimentale, e tra di essi, il divieto di utilizzo degli atti delle indagini, ben potendo invece trovare ingresso nell’alveo di una causa con impronta civilistica, quali fonti di prova inquadrabili nella categoria delineata dall’art. 2712 c.c..

Tale possibilità però incontra due limiti:

– il primo è costituito dalla in utilizzabilità patologica di atti probatori assunti in violazione di espressi divieti di legge ( art. 291 c.p.p.), come ad esempio intercettazioni captate illegalmente ( art. 271 c.p.p.: sul punto cfr. Cass. Sez. Un. 1153/09, Racco); – il secondo è costituito dalla verifica che gli elementi di prova acquisiti nelle indagini e da utilizzare nel procedimento riparatorio, non siano smentiti (non semplicemente non confermati) inequivocabilmente da acquisizioni del processo dibattimentale. In tal caso, infatti, la verità acclarata nel pieno contraddittorio tra le parti deve avere la prevalenza sulle acquisizioni probatorie captate nella fase inquisitoria.

Correttamente dunque nel presente caso sono state ritenute utilizzabili le dichiarazioni accusatorie della denunciante K. S., pur ritenute inutilizzabili nel procedimento di merito perchè non confermate al dibattimento per irreperibilità della teste; le stesse sono state inoltre confermate dalla documentazione medica attestante le lesioni subite, dai risultati delle indagini dei carabinieri e dalle stesse ammissioni degli imputati sul loro comportamento, sopra specificato.

Restano assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso.

3. Deve dunque essere dichiarato inammissibile il ricorso di H. F., mentre quello di H.H. va rigettato con condanna di entrambi i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, e di H.F. anche al pagamento della somma di mille Euro in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso di H.F. e rigetta quello di H.H. e condanna entrambi i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, H.F. anche al pagamento della somma di mille Euro in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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