Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 17-02-2011) 28-06-2011, n. 25671Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 19/3/2010 la Corte di Appello di Catanzaro, accoglieva l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione avanzata da R.F.. Questi, arrestato in data 28/2/2006 in esecuzione di ordinanza cautelare, era stato liberato in data 9/12/2006, patendo 39 giorni di custodia in carcere e 212 di arresti domiciliari. Successivamente, nel giudizio di cognizione, era stato assolto con formula piena.

Nell’accogliere la domanda, la Corte territoriale, nel premettere che il parametro aritmetico di liquidazione andava identificato in Euro 235,83= per ogni giorno di detenzione in carcere ed in Euro 117,91 per ogni giorno di detenzione domiciliare, liquidava la somma di complessivi Euro 34.194,29= di equo indennizzo.

2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso il difensore del R. lamentando la mancanza o illogicità della motivazione.

Invero, premesso che la liquidazione, con riferimento all’art. 643 c.p.p. doveva tenere conto delle conseguenze personali e familiari della detenzione, evidenziava che la Corte territoriale non aveva adeguatamente apprezzato i riflessi negativi che l’arresto aveva avuto sulla sua vita personale. Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è infondato.

Va premesso che questa Corte ha più volte ricordato (ex plurimis 23119/08, zaccagni, rv. 240302) che, in materia di equo indennizzo, il canone base per la liquidazione del danno, è costituito dal rapporto tra la somma massima posta a disposizione dal legislatore, la durata massima della custodia cautelare e la durata dell’ingiusta detenzione patita.

La somma che deriva da tale computo (Euro 235 circa per ciascun giorno di detenzione in carcere) può essere ragionevolmente dimezzata (Euro 117) nel caso di detenzione domiciliare, attesa la sua minore afflittività.

Tale criterio aritmetico di calcolo costituisce, però, solo una base utile per sottrarre la determinazione dell’indennizzo ad un’eccessiva discrezionalità del giudice e garantire in modo razionale una uniformità di giudizio. I parametri indicati, pertanto, costituiscono uno standard che fa riferimento all’indennizzo in un’astratta situazione in cui i diversi fattori di danno derivanti dall’ingiusta detenzione si siano concretizzati in modo medio ed ordinario. Pertanto il parametro di calcolo indicato, può subire variazioni verso l’alto o verso il basso in ragione di specifiche contingenze proprie del caso concreto, ferma pur sempre restando la natura indennitaria e non risarcitoria della corresponsione della somma liquidata.

Ne consegue che al giudice si chiede una valutazione equitativa, discrezionale, sebbene non arbitraria. Egli, infatti, è tenuto ad offrire una motivazione che dia conto, alla luce del materiale probatorio acquisito, delle ragioni per le quali si è distaccato dai parametri standard, con l’unico limite che il frutto della sua ponderazione non può condurre allo "sfondamento del tetto, pure normativamente fissato, dell’entità massima della liquidazione" (cfr. s.u. 9 maggio 2001, Caridi, rv. 218975).

2. Quanto al rapporto tra i criteri di valutazione dell’indennità previsti dagli artt. 315 e 643 c.p.p., premesso che per la riparazione dell’errore giudiziario il giudice non è vincolato dalla fissazione di un tetto massimo per di indennizzo (Cass. 4^, 2050/03, Barillà), va ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che la liquidazione dell’indennizzo per la riparazione dell’ingiusta detenzione è svincolata da criteri rigidi, e si deve basare su una valutazione equitativa che tenga globalmente conto non solo della durata della custodia cautelare, ma anche, e non marginalmente, delle conseguenze personali e familiari scaturite dalla privazione della libertà, e ciò sia per effetto dell’applicabilità, in tale materia, della disposizione di cui all’art. 643 c.p.p., comma 1, che commisura la riparazione dell’errore giudiziario alla durata dell’eventuale espiazione della pena ed alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna, sia in considerazione del valore "dinamico" che l’ordinamento costituzionale attribuisce alla libertà di ciascuno, dal quale deriva la doverosità di una valutazione equitativamente differenziata caso per caso degli effetti dell’ingiusta detenzione (Cass. s.u. 1/1995, castellani). Ne consegue per insegnamento della SS.UU. che l’entità dell’indennità può tener conto di specifiche voci idonee a correlare il ristoro ai concreti pregiudizi personali e familiari patiti dalla persona ingiustamente sottoposta a custodia.

3. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha esercitato la sua discrezionalità con un’adeguata motivazione.

Invero, ha osservato il giudice di merito che il R., in relazione alle lamentate conseguenze familiari e sociali, non aveva offerto alcuna specifica e puntuale prova (l’istanza era formulata con due pagine, in cui non erano indicati pregiudizi ulteriori, nè vi era allegata specifica documentazione). Pertanto, il giudice della riparazione, tenuto conto della natura indennitaria e non risarcitoria delle somme da corrispondere, analizzando comparativamente tutti gli elementi di valutazione a disposizione, è giunto alla sua decisione in base ad una motivazione che non soffre di alcun vizio di palese illogicità.

Alla luce di quanto esposto il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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