Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-02-2011) 28-06-2011, n. 25710 Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 26 febbraio 2009, la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza emessa in data 6 giugno 2008 dal Tribunale di Tivoli – Sezione Distaccata di Palestrina – con la quale R. A., imputata dei reati di violazione della legge urbanistica, edilizia ed antisismica ( D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), artt. 64, 65, 71, 72, 83, 93 e 95) (fatti accertati e commessi il 7 gennaio 2005) era stata ritenuta colpevole dei suddetti reati, e condannata, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche ed unificati i reati per continuazione, alla pena, condizionalmente sospesa e con l’ulteriore beneficio della non menzione della condanna, di giorni 25 di arresto ed Euro 8.500,00 di ammenda e disposta la demolizione delle opere abusive.

In risposta al motivo di appello con il quale era stata sollecitata l’assoluzione dell’imputata per non avere commesso il fatto, dovendosi la stessa ritenere estranea al reato in quanto non destinataria della norma incriminatrice, la Corte aveva osservato che gli elementi fattuali conducevano in modo univoco alla conferma del giudizio di colpevolezza espresso dal primo giudice vuoi perchè la donna era risultata proprietaria del terreno sede della costruzione e vuoi perchè trovata sui luoghi nel corso del sopralluogo durante il quale era stata accertata l’esecuzione dei lavori in corso.

Avverso la detta sentenza propone ricorso l’imputata a mezzo del proprio difensore deducendo manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione per avere la Corte erroneamente ritenuto la R. unica proprietaria del terreno nonostante la stessa fosse una dei soggetti contemplati nel testamento redatto dal padre dell’imputata R.L. comprendente anche tutti i suoi figli e i nipoti figli di altro figliolo premorto: da qui quella incertezza probatoria non colmata dalla Corte che aveva erroneamente e contraddittoriamente individuato sulla base di accertamenti del tutto parziali e superficiali la R. come unica erede proprietaria.

Con un secondo motivo eccepisce l’intervenuta prescrizione dei reati.

Mentre appare infondato il primo motivo di ricorso, deve essere accolto quello incentrato sulla estinzione del reato per prescrizione.

Come emerge dal testo della disposizione codicistica il reato previsto dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) indica all’art. 29 quali soggetti responsabili, ai fini e per gli effetti delle norme contenute nel capo 1^ del titolo 4^ (intitolato "vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, responsabilità e sanzioni") "il titolare del permesso di costruire, il committente e il costruttore" per tutto quanto attiene la conformità delle opere alla normativa urbanistica ed alle previsioni di piano, mentre una quota di responsabilità viene attribuita anche al "direttore dei lavori" per quanto attiene la conformità delle opere al permesso (di costruire) ed alle relative "modalità esecutive".

Ne consegue che potranno certamente essere chiamati a rispondere del reato di costruzione abusiva quei soggetti individuati dalla norma in quanto coinvolti nella violazione delle prescrizioni urbanistiche ovvero delle previsioni di piano.

Osserva, al riguardo, la Corte che, a oltre alla copiosa giurisprudenza di questa Corte che segnala l’inidoneità del dato, costituito dalla mera titolarità del terreno in capo ad un determinato soggetto, a giustificare una pronuncia di colpevolezza laddove il proprietario del terreno non sia anche committente dei lavori, occorre tuttavia soffermare l’attenzione sul significato da attribuire al termine "committente" da intendersi in colui che ordina un determinato lavoro.

In gergo tecnico-urbanistico è committente colui che ordina all’impresa (o anche ad un gruppo di operai) un determinato lavoro:

ordine che non può che promanare da parte del titolare di un fondo in relazione alle finalità che il proprietario si prefigge di raggiungere, quale destinatario finale della costruzione.

La giurisprudenza di legittimità è assolutamente concorde nell’affermare che – pur non essendo bastevole il dato formale della titolarità del fondo per qualificare penalmente rilevante la condotta del proprietario – laddove manchi una manifestazione di dissenso da parte di quest’ultimo rispetto alla azione deliberata da un terzo ed il proprietario sia il destinatario finale della costruzione, tanto è sufficiente ad individuare in capo al proprietario non committente una responsabilità penale a titolo di concorso morale in un reato di natura contravvenzionale per il quale è sufficiente la colpa: ciò in quanto si tratta della realizzazione di una condotta omissiva in spregio all’art. 40 c.p. (v. tra le tante, Cass. Sez. 3A 1.3.2007 n. 8667; Cass. Sez. 3A 2.3.2004 n. 9536; Cass. Sez. 3A 7.3.2003 n. 10632; Cass. Sez. 3A 20.12.2002 n. 43232; Cass. Sez. 3A 14.11.2002 n. 38193; Cass. Sez. 3A 26.10.1999 n. 12163). E’ principio pacifico in giurisprudenza quello secondo il quale la responsabilità dei soggetti comproprietari di un fondo sul quale insiste il manufatto abusivo deriva da indizi gravi, precisi e concordanti di tipo fattuale, quali, in ipotesi, la residenza anagrafica sui luoghi teatro della costruzione (v. Cass. Sez. 3A 2.3.2004 cit.); il comune interesse alla edificazione per il soddisfacimento di esigenze familiari (Cass. Sez. 3 14.11.2002 cit.);

la richiesta di rilascio di concessione in sanatoria (Cass. Se. 3A 15.7.2005 n. 26121; Cass. Sez. 3A 12.1.2005 n. 216).

Correttamente nel caso di specie la Corte romana ha ritenuto sulla base degli elementi probatori acquisiti che la R. fosse uno dei soggetti direttamente interessati non solo nella veste di (com)proprietaria ma anche di committente (circostanza, questa adeguatamente ed in modo logico desunta dalla sua presenza sui luoghi al momento del sopralluogo mentre fervevano i lavori edili) all’esecuzione dei lavori abusivi.

Detto questo va comunque rilevato che rispetto alla data di commissione dell’illecito (gennaio 2005), già alla data del 7 gennaio 2008 – e dunque prima della pronuncia della sentenza impugnata – era maturato per i reati in materia edilizia il termine prescrizionale massimo triennale (comprensivo della proroga ex art. 157 c.p. anteriforma), mentre, con riferimento alle rimanenti contravvenzioni in materia urbanistica ed antisismica, il detto termine massimo prescrizionale (pari ad anni quattro e mesi sei comprensivo della proroga come previsto dall’art. 157 c.p. antecedentemente alla riforma introdotta dalla L. n. 251 del 2005) è comunque venuto a maturazione successivamente alla data di emissione della sentenza impugnata. La stessa va, pertanto, annullata senza rinvio per prescrizione, disponendosi contestualmente la trasmissione di copia della sentenza all’Ufficio tecnico della Regione Lazio.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato per essere i reati estinti per prescrizione. Copia della sentenza va trasmessa all’Ufficio tecnico della Regione Lazio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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