Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 15-11-2011, n. 23835 Previdenza integrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L.M.L., dipendente dell’ENPI sino alla soppressione dell’Ente avvenuta il 1 luglio 1982, poi transitata alle dipendenze dell’ISPESL (Istituto Superiore per la prevenzione e la sicurezza del Lavoro) e collocata in quiescenza il 28 dicembre 1987, ha convenuto in giudizio l’INPS assumendo di avere diritto alla riliquidazione della pensione integrativa a norma dell’art. 30 del Regolamento interno di previdenza dell’ENPI, con il computo della indennità di funzione di cui alla L. 11 marzo 1989, n. 88, art. 30 e della retribuzione di posizione introdotta dal ccnl comparto enti pubblici economici 1994-1997.

La domanda è stata rigettata e la sentenza è stata confermata dalla Corte di Appello di Roma, la quale ha ritenuto che nella pensione integrativa non potesse essere inclusa l’indennità di funzione prevista per i dirigenti dell’INPS e dell’INAIL e non estesa al personale dell’ENPI, non essendo stato quest’ultimo trasferito nè all’INPS nè ad alcun altro ente cui per il quale fosse stata prevista la anzidetta indennità. Quanto alla retribuzione di posizione, la Corte di merito, ribadite le medesime considerazioni, ha anche osservato che non risultava provato che la L. al momento del collocamento a riposo avesse una qualifica dirigenziale.

L.M.L. chiede la cassazione di questa sentenza con ricorso per due motivi, illustrati anche da memoria.

L’INPS resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si addebita alla sentenza impugnata di avere, in violazione degli artt. 5 e 30 del Regolamento del Fondo di previdenza integrativo ex ENPI, negato il diritto alla riliquidazione della pensione integrativa non considerando che per effetto della opzione a suo tempo esercitata per il Fondo integrativo la posizione della ricorrente era identica a quella del pensionato ex dipendente INPS. Con il secondo motivo di ricorso la questione sollevata nel primo motivo viene ulteriormente prospettata sotto il profilo del vizio di motivazione con riferimento alle richiamate norme del Regolamento di Previdenza ENPI. I due motivi, da trattare congiuntamente perchè connessi, sono infondati.

Al momento del collocamento a riposo la L., quale ex dipendente ENPI, transitata all’ISPESL, era inquadrata in comparto diverso da quello degli enti pubblici non economici.

Il regolamento più volte cit. fa riferimento alle retribuzioni pensionabili del personale in servizio di pari grado e qualifica, così istituendo un evidente collegamento fra la posizione del pensionato e quella del personale in attività di servizio, collegamento che in tanto ha senso in quanto vi sia omogeneità fra le due categorie. Non si vede quindi su quale base il dipendente ISPELS,, collocato in quiescenza, possa chiedere di beneficiare degli incrementi non del personale in servizio nella stesso comparto ma di quelli propri del personale del comparto enti pubblici economici al quale egli al momento del collocamento a riposo non apparteneva.

In proposito infatti, come questa Corte ha avuto occasione di chiarire, in relazione al regolamento del Fondo di previdenza per il personale dell’ENPI, il quale reca la previsione dell’aggancio della pensione integrativa, a carico del Fondo, alle variazioni delle retribuzioni pensionabili del personale in servizio di pari grado e qualifica (cosiddetta "clausola oro"), il parametro di riferimento a seguito della soppressione dell’Ente non può che essere la retribuzione pensionabile del personale in servizio alle dipendenze dell’ente, al quale sia stato trasferito – per legge – il personale dell’ente soppresso. Pertanto, nella base da considerare per il computo della riliquidazione della pensione integrativa non può essere inclusa l’indennità di funzione di cui alla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 13 prevista per i dirigenti dell’INPS e dell’INAIL e non estesa al personale dell’ENPI, assorbito a seguito della soppressione dalle unità sanitarie locali, senza che, per legge, risulti trasferito, almeno in parte, all’INPS oppure all’INAIL (ovvero ad altri enti ai quali sia stata estesa l’indennità di funzione in questione, come l’INPDAP)(Cass. 15177/2005).

Contro questa conclusione non vale invocare l’esercizio del diritto di opzione D.P.R. n. 761 del 1979, ex artt. 74, 75 e 76 giacchè come la stessa sentenza cit. ha ulteriormente chiarito "nè l’opzione dell’interessato – per il mantenimento della posizione assicurativa prospettata – nè l’istituzione, presso l’INPS, di una gestione speciale ad esaurimento – per dare attuazione, appunto, alla opzione del personale – impongono o, comunque, comportano – in difetto di qualsiasi indicazione in tale senso – l’assunzione, quale parametro per l’applicazione della clausola oro, delle variazioni di retribuzioni imponibili di personale in servizio, che – come nella fattispecie dedotta in questo giudizio – sia alle dipendenze di soggetto (quale, nella specie, l’INPS) affatto diverso non solo dal datore di lavoro del pensionato, ma anche dal soggetto al quale – a seguito della soppressione dello stesso datore di lavoro – ne sia stato trasferito, per legge, (almeno parte del) personale in servizio".

Ne risulta che i due motivi sono infondati.

In conclusione, il ricorso va rigettato con condanna della ricorrente alle spese del giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese in Euro 30,00 per esborsi e Euro 15,00 per onorari, oltre ad accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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