Cass. civ. Sez. V, Sent., 16-11-2011, n. 24056

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza n. 9/26/07, depositata il 18.2.07 e notificata il 21.2.07, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Dogane – Ufficio delle Dogane di Foggia avverso la decisione di primo grado, con la quale era stato accolto il ricorso proposto dal Consorzio fra Cooperative di produzione e lavoro di Forlì nei confronti del provvedimento, emesso l’1.8.05, con il quale l’amministrazione doganale aveva rigettato la domanda di rimborso dell’accisa indebitamente pagata, in relazione al gas metano distribuito ai Comuni di Manfredonia, Mattinata e Monte S. Angelo, per l’anno 2001. 2. La CTR riteneva, invero, che non fosse maturato il termine biennale di decadenza, previsto dal D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 14, comma 2 il cui inutile decorso era stato posto, invece, dall’amministrazione a fondamento del provvedimento reiettivo dell’istanza di rimborso proposta dal contribuente.

3. Per la cassazione della sentenza n. 9/26/07 ha proposto ricorso l’Agenzia delle Dogane articolando due motivi, ai quali l’amministrazione intimata ha replicato con controricorso e con memoria ex art. 378 c.p.c.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Dogane deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, artt. 14 e 26, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 e art. 2966 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. 2. Con il secondo motivo di ricorso, inoltre, l’Agenzia delle Dogane deduce l’insufficienza di motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. 1.- 2.1. La CTR – a parere dell’amministrazione ricorrente – avrebbe, infatti, del tutto disapplicato le norme ed i principi che, nel diritto tributario, governano la richiesta di restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie, ed interessi, o altri accessori non dovuti, desumibili anzitutto – sul piano generale – dal combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. g) e art. 21, comma 2.

La prima di dette disposizioni stabilisce, invero, la possibilità di ricorrere, dinanzi alle commissioni tributarie, avverso il rifiuto, espresso o tacito, della restituzione di tributi o accessori indebitamente corrisposti all’Erario; la seconda stabilisce, poi, che la domanda di restituzione di quanto suindicato "in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione".

Siffatte disposizioni, ad avviso dell’amministrazione ricorrente, trovano, peraltro, un’ulteriore specifica conferma – per le imposte di fabbricazione e di consumo, che vengono in rilievo nel caso concreto – nelle norme di cui al R.D. n. 334 del 1939, art. 20 e del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 15 che confermano entrambe la necessità di un’istanza di restituzione del contribuente, nonchè del rispetto del predetto termine biennale di decadenza.

1.- 2.2. Il giudice di appello avrebbe, inoltre, del tutto incongruamente – di qui deduzione anche del vizio di motivazione da parte dell’Agenzia delle Dogane – ritenuto che la detrazione dell’imposta, operata dal contribuente nelle annualità successive, avesse determinato lo spostamento in avanti del dies a quo del suddetto termine, con la conseguenza- reputata erronea dalla ricorrente amministrazione – che la decadenza dalla richiesta di restituzione, nella specie, non si sarebbe affatto maturata.

3. I due motivi di ricorso, che per la loro evidente connessione vanno esaminati congiuntamente, si palesano, a parere della Corte, pienamente fondati e vanno, pertanto, accolti.

3.1. Dall’impugnata sentenza si desume, infatti, che il Consorzio fra Cooperative di produzione e lavoro di Forlì, che distribuisce gas metano nei Comuni di Manfredonia, Mattinata e Monte S. Angelo, presentava, in data 29.1.92, tre dichiarazioni – poi rettificate con successiva dichiarazione integrativa del 7.3.02 – per il gas metano immesso in consumo per ciascun Comune nell’anno 2001, ai fini delle imposte di fabbricazione e di consumo.

Con istanza del 21.3.05, il Consorzio presentava, poi, domanda di restituzione delle maggiori somme, a suo parere, versate a seguito di un’errata applicazione di aliquote di imposta, in relazione alle predette dichiarazioni presentate per l’anno 2001.

L’istanza veniva, peraltro, rigettata dall’Ufficio doganale, con provvedimento n. 24290 dell’1.8.05, ritenendo l’amministrazione che si fosse maturata la decadenza del contribuente dal diritto al rimborso per decorrenza del termine biennale, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 14, comma 2 (c.d. testo unico sulle accise).

Per contro, la CTR – condividendo le argomentazioni del Consorzio fra Cooperative di produzione e lavoro – riteneva che, essendo stato il credito di imposta vantato dal contribuente portato in detrazione nell’anno 2003, e precisamente con la dichiarazione del 21.5.03, il termine di decadenza suindicato non si fosse maturato alla data della presentazione della domanda di rimborso (21.3.05) da parte del contribuente.

3.2. Tale assunto del giudice di appello, ad avviso di questa Corte, è del tutto erroneo e non può, pertanto, essere condiviso.

3.2.1. Non può revocarsi in dubbio, infatti, che la decadenza del contribuente dal diritto di ottenere la restituzione delle somme indebitamente versate a titolo di imposta, interessi o accessori, per decorso del termine di due anni dal pagamento, già sancita – sul piano generale – dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 1, lett. g) e art. 21, comma 2, trovi un’espressa conferma nelle disposizioni particolari che disciplinano il settore delle imposte sulla produzione e sui consumi.

Ed invero, la norma del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 14, comma 2 – recuperando un termine perentorio già previsto, in relazione all’imposta di fabbricazione sugli oli minerali, dal R.D. n. 334 del 1939, art. 20 – ha introdotto, nella specifica materia, la regola generale secondo cui il rimborso dell’accisa indebitamente pagata deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento, a prescindere dalle cause per le quali il pagamento non è dovuto (cfr. Cass. 16121/04, 23515/08, 12045/08).

3.2.2. Ciò posto, è di chiara evidenza – a parere della Corte – l’erroneità dell’assunto del giudice di appello, laddove ha ritenuto che la decorrenza del predetto termine biennale si sia spostata in avanti, per effetto del riporto in detrazione, da parte del contribuente, del credito di imposta nelle annualità successive a quella del 2001.

Tale conclusione, invero, non è autorizzata in alcun modo dall’univoco disposto delle norme suindicate, laddove indicano nel pagamento il momento dal quale deve indefettibilmente decorrere il termine di decadenza biennale per l’esercizio del diritto al rimborso dell’imposta non dovuta.

Ed essendosi, indubitabilmente, in presenza di termini di decadenza dettati per finalità di interesse pubblico, non disponibili neppure dalla stessa pubblica amministrazione (cfr. ex plurimis, Cass. 1605/08, 791/11), la relativa disciplina legale non avrebbe potuto essere derogata neanche dall’accordo delle parti, ostandovi il disposto dell’art. 2968 c.c..

3.2.3. Ne discende, pertanto, che nel caso di specie, essendo stato il pagamento dell’imposta dovuta per l’anno 2001 – come si evince dall’impugnata sentenza – effettuato dal Consorzio nel corso dello stesso anno di imposta, per le rate di acconto mensili, ed entro il febbraio 2002 per il conguaglio finale, ed essendo stata la restituzione delle somme indebitamente corrisposte richiesta solo in data 21.3.2005, deve ritenersi che la decadenza biennale dal diritto alla restituzione del tributo e degli accessori si sia maturata, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello.

4. L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384 c.p.c., comma 1, rigetta il ricorso introduttivo proposto dal contribuente.

5. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico dell’intimata soccombente, nella misura di cui in dispositivo.

Concorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese dei giudizi di merito.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione; accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Dogane; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; condanna l’intimato al rimborso delle spese del presente giudizio, a favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in Euro 5.000,00, oltre alle spese prenotate a debito; dichiara compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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