Cass. civ. Sez. V, Sent., 16-11-2011, n. 24050 Procedimento avanti le Commissioni tributarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Banca Agricola Mantovana impugnava il silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione Finanziaria all’istanza di rimborso della somma di L. 2.500.000.000 presentata a fronte del credito irpeg risultante dalla dichiarazione dei redditi 1993. La CPT di Milano decideva il ricorso con declaratoria del diritto di credito e condannando l’Ufficio "al pagamento delle spese di lite per complessivi Euro 3200,00". La Banca proponeva appello lamentando omessa pronuncia sulla domanda di condanna, nonchè "l’esiguità delle spese liquidate a fronte di una richiesta per Euro 107.980,00 giustificata da una parcella professionale in linea con quanto previsto dalla Tariffa".

Decidendo la causa la CTR "in accoglimento dell’appello della contribuente, ordina all’Ufficio il rimborso di Euro 1.292.142,25 oltre gli interessi di legge dal dovuto al saldo. Liquida le spese di lite in via equitativa in Euro 40.000,00 per il giudizio di primo grado ed in Euro 40.000,00 per il giudizio di secondo grado, oltre gli accessori di legge".

L’Agenzia delle Entrate ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza. La contribuente intimata resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Col primo motivo si denuncia violazione dell’art. 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Si assume che l’appello della Banca era inammissibile per difetto di interesse, perchè già la sentenza di primo grado aveva accolto la domanda.

Il motivo è infondato, la CTP aveva pronunciato soltanto una declaratoria di fondatezza della pretesa, che non avrebbe potuto costituire valida premessa di una azione esecutiva. Non vale l’osservazione che, se l’amministrazione non avesse spontaneamente adempiuto, sarebbe stato possibile il ricorso al giudizio di ottemperanza regolato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70 perchè anche quel rimedio è dato per il mancato adempimento di una sentenza esecutiva di condanna, ed il contribuente sarebbe in ogni caso rimasto privo di una forma di tutela consentitagli dal sistema, cui non era tenuto a riununciare.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15 e dell’art. 77 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si lamenta che le norme invocate non contemplano "La possibilità di procedere ad una liquidazione delle spese sulla scorta di criteri asseritamente equitativi", "dovendosi al contrario ritenere che il giudice di merito, al fine della suddetta operazione di liquidazione, sia vincolato alla verifica della congruità delle spese di lite richieste da esporre dettagliatamente in apposita nota spese) rispetto alla tariffa professionale applicabile, avuto riguardo al valore della lite ed alla attività processuale svolta".

Il motivo è inammissibile perchè non consente di accertare l’interesse (ex art. 100 c.p.c.) sotteso alla domanda di riforma della decisione impugnata. Non sono forniti elementi per ritenere che la liquidazione delle spese processuali operata in base al valore della lite ed alla attività processuale svolta sarebbe stata più favorevole alla parte soccombente di quella impugnata col ricorso per cassazione.

Va dunque respinto il ricorso, e deciso in punto spese in base al principio di soccombenza.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia dell’Entrate al rimborso delle spese di giudizio di legittimità, liquidate in Euro 10.100,00 di cui 10.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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