T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 04-07-2011, n. 1740 Assegnazione di alloggi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso depositato il 25 febbraio 2005, il ricorrente ha impugnato i provvedimenti in epigrafe deducendo: – di aver presentato, in data 30 luglio 2002, domanda di emergenza abitativa per l’assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica del Comune di Milano, in relazione al bando integrativo di concorso del 2002, pubblicato il 21 dicembre 2004; – che, con lettera 13 ottobre 2003, il Comune di Milano aveva lui chiesto integrazione della documentazione reddituale, tuttavia inviando tale comunicazione presso l’indirizzo di via Pollaiolo (indicato nella domanda di assegnazione) in cui nelle more aveva smesso di risiedere; – che, per tale motivo, la lettera contenente la richiesta di documentazione veniva restituita al mittente con la dicitura "trasferito"; – che la Commissione, a questo punto, lo aveva escluso dalla procedura di assegnazione. Tanto premesso, l’istante ha chiesto al Tribunale Amministrativo Regionale di annullare i provvedimenti impugnati in quanto viziati da violazione di legge ed eccesso di potere.

Si è costituito in giudizio il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza resa in camera di consiglio del 17 marzo 2005, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, ha rigettato la domanda cautelare, ritenendo insussistente il fumus boni iuris.

Sul contraddittorio così istauratosi, all’udienza del 16 giugno 2011, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva.

2. Il Collegio, confermando quanto sostenuto in sede cautelare, ritiene che il ricorso non possa essere accolto per i seguenti motivi di merito, in disparte ogni considerazione sulla ricevibilità del ricorso.

Sono utili, preliminarmente, alcuni spunti ricostruttivi.

2.1. In via ordinaria, l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica presuppone la partecipazione ad una procedura concorsuale regolata mediante apposito bando debitamente pubblicato. In deroga al suddetto principio, la Legge Regionale Lombardia n. 28 del 1990 (modificazioni ed integrazioni alla Legge Regionale 5 dicembre 1983, n. 91 concernente la disciplina dell’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica) consentiva di assegnare alloggi in favore dei soggetti colpiti da provvedimento esecutivo nella percentuale massima del 30%.

2.2. In particolare, l’art. 46 (applicabile ratione temporis sebbene abrogato in forza del combinato disposto dell’articolo 31 del R. Reg. Lombardia n. 4 del 02042003 e L. Reg. Lombardia 3042001 n.6) stabiliva che, in deroga a quanto previsto dall’art. 10 della L. R. 5 dicembre 1983, n. 91, qualora non fossero reperibili alloggi sufficienti a soddisfare il fabbisogno abitativo dei nuclei familiari nei confronti dei cui componenti sia stata emessa sentenza esecutiva di sfratto, i Comuni potevano riservare una quota di alloggi, non superiore al 30% degli alloggi di edilizia residenziale pubblica da assegnare annualmente alla generalità dei cittadini, per i nuclei familiari suddetti e per i quali la data di rilascio dell’alloggio fosse anteriore alla presumibile data di soddisfacimento della domanda. La quota riservata, sommata alle quote previste dal primo e secondo comma dell’ art. 10, della LR 5 dicembre 1983, n. 91 non poteva comunque eccedere complessivamente il 50% degli alloggi da assegnarsi annualmente alla generalità dei cittadini. Le assegnazioni avvenivano secondo le modalità previste dall’ottavo comma dell’art. 10 della LR 5 dicembre 1983, n. 91.

2.3. Una ulteriore riserva era prevista dall’art. 10 della L.R. n. 28 del 1990 cit. (che aveva sostituito l’art. 10 della L.R. 5 dicembre 1983, n. 91 ed anch’essa applicabile ratione temporis). Quest’ultima prevedeva, al fine di provvedere alla sistemazione abitativa di nuclei familiari per necessità di pubblica utilità, per la realizzazione di programmi di risanamento edilizio e, in genere, per far fronte a situazioni di fabbisogno abitativo di particolare e documentata rilevanza sociale, anche con riferimento al fenomeno dell’ immigrazione extracomunitaria, la possibilità per il Comune di riservare una quota di alloggi, non superiore al 20% degli alloggi da assegnare annualmente alle generalità dei cittadini, situati nel proprio ambito comunale, e da utilizzarsi per esigenze presenti nell’ambito territoriale del bando di concorso. Il Comune poteva inoltre riservare, su motivata richiesta dell’ente gestore, una quota di alloggi anche eccedente a quella prevista dal precedente primo comma e in misura non superiore al 5% degli alloggi da assegnare annualmente alla generalità dei cittadini: a) per gli interventi previsti dall’art. 31 della Legge 5 agosto 1977, n. 457, che comportino il trasferimento degli assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica; b) per i soggetti che si trovino nelle condizioni di cui al precedente art. 7, primo comma, n. 2), lett. c). I beneficiari degli alloggi riservati dovevano possedere i requisiti di cui all’art. 2 legge n. 28 cit. pur non avendo partecipato al bando di concorso. Per i soggetti in questione il possesso dei requisiti per l’accesso non era richiesto ove si trattasse di garantire la sistemazione in alloggi adeguati sotto il profilo igienicosanitario di soggetti con patologie croniche invalidanti a prognosi infausta e che necessitassero di assistenza sanitaria domiciliare, o si trattasse di sistemazione provvisoria non eccedente la durata di due anni dal momento della consegna dell’ alloggio all’ interessato, nel caso di riserva conseguente a dichiarazione di pubblica calamità da parte delle autorità competenti, ovvero conseguente a gravi esigenze di ordine pubblico, ovvero nel caso di sistemazione di nuclei familiari espulsi da immobili espropriati per la realizzazione di opere pubbliche. Le assegnazioni dovevano essere effettuate sulla base di un regolamento da approvarsi da parte del Consiglio Comunale.

2.4. Dunque, mentre la procedura extrabando prevedeva una riserva di posti per soggetti che versino in particolari situazioni di emergenza abitativa, sempreché tali soggetti siano in possesso dei requisiti per accedere agli alloggi di E.R.P. (così il comma 4 dell’art. 10 della l.r. n. 28/1990), la disciplina di cui all’art. 10, comma 6, consentiva di attivare una procedura di assegnazione a favore di soggetti non in possesso dei requisiti per accedere a detti alloggi, in casi particolari e cioè: – ove si tratti di garantire un alloggio adeguato sotto il profilo igienico – sanitario a soggetti con patologie croniche invalidanti con prognosi infausta, i quali abbiano necessità di assistenza sanitaria domiciliare; – o si tratti di sistemazione provvisoria che non può eccedere la durata di due anni dal momento della consegna dell’alloggio all’interessato; – o nel caso di riserva conseguente a dichiarazione di pubblica calamità, da parte delle competenti autorità, o conseguente a gravi esigenze di ordine pubblico; – o, ancora, laddove si tratti di nuclei familiari espulsi da immobili espropriati per la realizzazione di opere pubbliche. Come si vede dalle fattispecie elencate, si trattava di ipotesi eccezionali, sottoposte a un regime di ulteriore deroga rispetto a quello di assegnazione extrabando ex art. 10 cit., a propria volta derogatorio (perché basato sulla riserva di posti) rispetto al bando ordinario.

3. Nel caso di specie, emerge chiaramente dalla dichiarazione allegata alla domanda di assegnazione che il ricorrente si era impegnato a comunicare all’amministrazione gli eventuali mutamenti di indirizzo ove voler ricevere ogni comunicazione relativa alla domanda (cfr. doc. 1 all. resistente). Risulta, inoltre, che l’esponente, in data 3 maggio 2004, tramite soggetto regolarmente delegato, aveva ritirato copia della richiesta di documentazione integrativa speditagli dal Comune (cfr. doc. 5 all. resistente). Orbene, è pacifico tra le parti che il ricorrente non ha né mai comunicato il cambiamento di residenza (non può valere, a questi fini, la pratica di cambio indirizzo del 28 maggio 2003, di cui è destinatario il distinto servizio anagrafe e che non necessariamente è indice anche della volontà di ottenere ivi le comunicazione relative alla procedura di assegnazione), né mai ha integrato la documentazione anche a seguito dell’accesso agli atti.

3.1. Non può dirsi violato alcun "dovere di soccorso" da parte dell’amministrazione.

La Sezione ha più volte affermato il dovere dell’amministrazione di operare in modo chiaro e lineare, di rispettare l’aspettativa di coerenza con il proprio precedente comportamento, di comportarsi secondo buona fede tenendo in adeguata considerazione l’interesse del privato. Sennonché il cosiddetto "dovere di soccorso" (previsto all’art. 6, lett. b, l. n. 241 del 1990 e sovente affermato in giurisprudenza al fine di richiamare le stazioni appaltanti ad una applicazione non meramente formalistica degli oneri e degli obblighi che sono imposti ai soggetti partecipanti ai procedimenti a evidenza pubblica), che impone alle amministrazioni di provvedere lealmente a richiedere al soggetto privato le integrazioni documentali utili alla più completa istruttoria procedimentale, deve essere correttamente inteso e interpretato coerentemente con i principi di imparzialità e di buon andamento, predicati dall’art. 97 Cost. In particolare, ad avviso della Sezione, il dovere di soccorso trova precipuo limite nel principio di autoresponsabilità e leale collaborazione degli amministrati che non possono reputare di poter ritardare obiettivi ed effetti della azione pubblica, obbligando i funzionari ad "inseguirli" ovunque essi reputino di fissare la loro stabile dimora.

Nel caso che ci occupa, il dovere di soccorso istruttorio è stato rispettato con la richiesta di produrre la documentazione relativa ai redditi, spedita al recapito indicato dal ricorrente nella domanda (ovvero alla via Pollaiolo n. 9). Correttamente, in assenza di riscontro, l’amministrazione lo aveva escluso dalla graduatoria provvisoria pubblicata in data 15 marzo 2003, soprattutto tenuto conto che il ricorrente non era rimasto in uno stato di ignoranza incolpevole; difatti, come sopra già riportato, egli, a mezzo di soggetto appositamente delegato, aveva successivamente presentato domanda di accesso ed ottenuto copia della predetta richiesta di integrazione. Orbene, neppure dopo averne acquisito conoscenza, il ricorrente ha proceduto all’adempimento, venendo escluso definitivamente in data 21 dicembre 2004.

4. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite, attesa la condizione di disagio abitativo comunque documentata dal ricorrente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

RESPINGE il ricorso e compensa interamente le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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