T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, Sent., 04-07-2011, n. 1137 Destituzione e dispensa dall’impiego Procedimento e punizioni disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente, già assistente capo della Polizia di Stato, si duole di un provvedimento di destituzione dal servizio disposto nei suoi confronti a seguito di una sentenza ex art.444 c.p.p. di applicazione della pena di anni uno e mesi otto di reclusione per i reati di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione della propria convivente nonché per abuso d’ufficio e rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio.

Il ricorso non può essere accolto.

A ragione in primo luogo la resistente Amministrazione ricorda che in base al combinato disposto delle disposizioni contenute negli artt. 653, nel testo introdotto dalla L. 97/01, e 445 c.p.p., le sentenze di patteggiamento hanno efficacia di giudicato nei giudizi disciplinari che si svolgono davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento del fatto, alla sua illiceità penale e alla affermazione che l’imputato lo ha commesso, dal che deriva che con riguardo all’accertamento dei fatti è assorbente il riferimento al vincolo di giudicato derivante dalla sentenza cosiddetta di patteggiamento (cfr. SS.UU., 9166/08).

In ogni caso, anche a non voler portare alle estreme conseguenze il ragionamento che si è riportato, e cioè anche senza voler concludere, come invece sembra ritenere la sentenza richiamata, nel senso della non necessità di una autonoma valutazione dei fatti da parte dell’autorità disciplinare, nella specie è certo, contrariamente a quanto si assume, che l’Amministrazione, pur dando atto di non potersi discostare da quanto definito con sentenza, di fatto non ha mancato di fornire una propria valutazione in ordine alla rilevanza disciplinare del comportamento tenuto dal ricorrente, così come questo emerge irrefutabilmente dalla motivazione della sentenza ex art. 444 c.p.p., nella quale si afferma l’insussistenza delle condizioni che consentono il proscioglimento ex art 129 c.p.p. "ostandovi le inequivoche risultanze istruttorie ed in particolare gli esiti delle intercettazioni telefoniche, i servizi di osservazione diretta e ogni altra circostanza indicata nell’ordinanza di custodia cautelare",.laddove il Consiglio di disciplina, preso atto della corposa relazione del funzionario istruttore, ha ritenuto, sulla base delle suddette risultanze istruttorie, di dover imputare al ricorrente le infrazioni di cui all’art. 7 DPR n. 737/81 nn. 1), 2), 3) e 4), ovvero mancanza del senso dell’onore, commissione di atti in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento, grave abuso di autorità e di fiducia, dolosa violazione dei doveri con grave pregiudizio allo Stato e alla Amministrazione della Pubblica Sicurezza.

Non è vero quindi che l’Amministrazione si sia limitata a prendere atto della sentenza penale senza fornire una propria valutazione autonoma sulla rilevanza disciplinare del comportamento del ricorrente, mentre, per un altro verso, di fronte all’inequivoca ricostruzione delle pesantissime circostanze di fatto così come emerse dalle risultanze istruttorie, non si vede come avrebbe potuto l’invocata testimonianza innanzi al Consiglio di disciplina della convivente (testimonianza legittimamente ritenuta inutile in sede disciplinare come già in sede penale) capovolgere la situazione a favore del ricorrente stesso.

E della utilità di una tale testimonianza appare in sostanza dubitare lo stesso ricorrente, il quale neppure per cenni mostra di indicare quali circostanze a suo favore avrebbe potuto addurre la convivente.

Infine, di nessun rilievo è la doglianza di natura formale secondo la quale il provvedimento di destituzione sarebbe stato tardivamente comunicato.

E’ vero che l’art. 21 DPR n. 737/81 prevede la notifica entro 10 giorni, termine qui pacificamente non rispettato, ma la giurisprudenza, contrariamente a quanto si vorrebbe, è costante nell’affermare la non perentorietà del termine stesso, con conseguente mancanza di ogni effetto invalidante della sanzione inflitta (cfr., da ultimo, C. di S., VI Sez., 2049/10).

In definitiva il ricorso deve essere respinto.

Le spese possono comunque essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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