Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-06-2011) 30-06-2011, n. 25793

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 8 luglio 2010, la Corte d’Appello di Palermo, 2A sezione penale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale in sede appellata da H.G. ed H.F., dichiarava non doversi procedere nei confronti di H.F. in ordine al reato ascrittogli al capo A) perchè estinto per intervenuta prescrizione e per l’effetto determinava la pena per il residuo reato di truffa di cui al capo B) a tre anni e sei mesi di reclusione; confermava nel resto la sentenza impugnata con la quale entrambi erano stati dichiarati colpevoli del delitto di cui agli artt. 110, 640 640 bis c.p. (capo B: truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche alla S.T.A. srl) e H.G. era stato inoltre dichiarato colpevole di analogo reato per aver conseguito erogazioni pubbliche in favore della Raphael srl.

La Corte territoriale riteneva fondata la prova della responsabilità sulla scorta delle prove acquisite, che davano conto del fatto che le attestazioni prodotte al fine di dimostrare le loro disponibilità finanziarie, in quanto soci delle indicate imprese, non fornivano dati veritieri. Dalle indagini era risultato che, sul libretto n. (OMISSIS) aperto il (OMISSIS) presso la Banca Nazionale del Lavoro di Marsala, H.F. versava in pari data due assegni per complessivi L. 450 milioni. In conseguenza la BNL rilasciava attestazione di tale deposito, attestazione destinata al Banco di Sicilia che istruiva la pratica di finanziamento. Cinque giorni dopo H.F. prelevava la somma quasi per intero (lasciava in deposito solo L. 50.000) e la versava in altro libretto, cointestato anche al fratello G. integrata con assegno di L. 26.554.000 oltre che da contante per L. 50.000, sicchè la BNL certificava la giacenza della complessiva somma di L. 467.554.000, somma che però il (OMISSIS) era prelevata quasi per intero (lasciando un residuo di L. 4.000) e corrisposta per L. 450 milioni alla John Hopps e Sons srl. Le stesse attestazioni venivano depositate dagli imputati per le pratiche di finanziamento avanzate dalla S.T.A. srl, dalla Heron srl (di cui possedevano il 50%) e dalla "Cura Hotels" di cui possedevano 2/3 delle quote. Ma della contemporaneità di tali iniziative non davano alcuna comunicazione, in violazione di quanto imposto al par.

3.7 della circolare esplicativa, violazione integrante anch’ essa condotta truffaldina perchè facente parte della manovra finalizzata a far apparire condizioni di possidenza di elevate somme di danaro, in realtà inesistenti. I rilievi difensivi, attinenti alla natura giuridica di società di capitali dei soggetti destinatari del finanziamento e dell’obbligo giuridico di versamento di parte del capitale sociale, erano privi di fondamento, perchè la documentazione richiesta era espressamente mirata a verificare la capacità finanziaria dei soci ai fini della predisposizione della graduatoria da parte del Banco di Sicilia, ente in tal modo indotto in errore con conseguente danno patrimoniale dei Ministeri finanziatori che erogavano finanziamenti a fondo perduto di L. 1.300.000.000 alla Raphael srl e Euro 1.944.000 alla S.T.A, srl.

La dedotta capacità patrimoniale degli H. era contraddetta dalla circostanza che le relazioni prodotte indicavano beni che risultavano non essere nella loro disponibilità.

La capacità patrimoniale di altri soci non poteva elidere il difetto della stessa in capo agli imputati (anche perchè i fratelli C. non erano soci della STA ma solo della Raphael). Il fatto non poteva essere qualificato come violazione dell’art. 316 ter c.p. dato il suo carattere sussidiario. La prescrizione era maturata solo per il capo A e limitatamente alla posizione di H.F. posto che al fratello G. era stata contestata e ritenuta la recidiva specifica infraquinquennale. Contro tale decisione hanno proposto tempestivi ricorsi gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, che ne hanno chiesto l’annullamento per i seguenti motivi:

1) H.G., a mezzo del difensore avv. Ernesto D’Angelo:

– erronea applicazione dell’art. 640 bis c.p. e comunque motivazione carente e manifestamente illogica in ordine alla valutazione dell’idoneità delle emergenze processuali a carico del ricorrente ad integrare le condotte truffaldine perchè le attestazioni avevano ad oggetto libretti al portatore con data di rilascio antecedente di tre mesi rispetto a quella di presentazione al Banco di Sicilia ed erano indirizzate agli H. e non all’istituto incaricato dell’istruttoria della pratica, sicchè la loro correttezza formale assumeva valore del tutto relativo, tenuto conto anche della competenza tecnica del destinatario, contraddittoriamente indicato dalla sentenza impugnata come responsabile nei confronti dell’ente pubblico ovvero come soggetto passivo del reato. Con l’appello si era peraltro richiamata espressamente la sentenza delle Sezioni Unite n. 16568 del 2007 al fine di far rilevare l’inidoneità della condotta ad indurre in errore e l’effettività dell’induzione in errore dell’ente incaricato dell’istruttoria investito espressamente dalla Circolare dell’onere di valutare con particolare rigore la possibilità dell’impresa e, ove ritenuto necessario, anche dei soci a far fronte agli impegni finanziari derivanti dalla realizzazione dell’iniziativa. Nè ricorre la evidenziata violazione del punto 3.7 della circolare esplicativa perchè l’obbligo di comunicazione riguardava soltanto il caso di altre iniziative assunte dalla stessa impresa richiedente e non anche di iniziative assunte dai singoli soci; – violazione dell’art. 157 c.p., art. 158 c.p., comma 1 e art. 640 bis c.p. perchè la data di consumazione doveva essere collocata in coincidenza della emissione dei decreti ministeriali di concessione "provvisoria" delle agevolazioni, cioè rispettivamente il 7.12.1999 per il capo A) e il 27.11.2000 per il capo B), perchè la documentazione prodotta è valutata esclusivamente ai fini della collocazione in graduatoria. Per l’erogazione delle singole tranche occorrono successivi adempimenti quali il versamento e/o l’accantonamento delle rispettive quote di 1/3 e di 2/3 del capitale proprio da investire nell’iniziativa. Istruttoria del tutto autonoma, tanto che il mutamento della compagine sociale è privo di rilievo;

– violazione degli artt. 99 e 133 c.p. per non avere la sentenza impugnata tenuto conto degli specifici motivi di appello finalizzati alla esclusione della contestata recidiva;

2) H.F., a mezzo dei difensori avv. Pellegrino Stefano e avv. Rallo Arianna: – erronea applicazione della legge penale nonchè mancanza, manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 640 bis c.p. di cui al capo B) perchè quanto alla relazione relativa alla possidenza immobiliare gli stessi giudici di merito hanno escluso la sua idoneità decettiva e quanto alle attestazioni della BNL esse erano corrispondenti al vero e non vi era alcuna idoneità decettiva posto che le somme ivi indicate erano effettivamente nella disponibilità di fratelli H. tanto che alla fine furono destinate a società a loro riconducibile e che la documentazione prodotta era corrispondente alle indicazioni fornite dal Banco di Sicilia, che, in maniera sostanzialmente contraddittoria, era indicato come persona offesa ovvero come soggetto coinvolto. Erroneamente la sentenza ha indicato anche la S.T.A. srl come società priva di bilanci nonostante (come meglio appresso si dirà) il suo buon grado di capitalizzazione risultante dai bilanci del 1997 e del 1998; – erronea applicazione degli artt. 640 bis e 316 ter c.p. del quale ultimo, tutt’ al più, sussistono gli elementi costitutivi perchè l’eventuale indebita concessione del contributo non è conseguita all’induzione in errore del sovventore che solo per sua negligenza non ha controllato l’attendibilità della documentazione prodotta; – erronea applicazione della legge penale, mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 157 c.p., art. 158 c.p., comma 1 e art. 640 bis c.p. perchè non si tratta di delitto a consumazione prolungata in quanto la documentazione prodotta era finalizzata esclusivamente alla collocazione in graduatoria. L’erogazione del contributo è conseguita infatti ad autonoma procedura. La consumazione del reato va quindi collocata alla data del 27.11.2000, cioè Con l’emissione del decreto ministeriale denominato "provvisorio"; – inosservanza della legge penale e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 62 bis e 69 c.p. perchè la sentenza impugnata, pur avendo riconosciuto l’effettiva realizzazione degli investimenti e l’incensuratezza dell’imputato, ha mantenuto fermo il giudizio di subvalenza delle riconosciute attenuati generiche.

Motivi della decisione

l. Ricorso nell’interesse di H.G..

1.1. Il primo motivo di ricorso:

1.1.1.- è manifestamente infondato per la parte in cui, al fine di criticare la sentenza impugnata (laddove ha affermato che "l’eventuale difetto di diligenza della parte offesa non vale ad escludere l’ipotesi della truffa nei casi in cui per effetto degli artifici o raggiri sia stata causata un’effettiva induzione in errore" afferma che nel reato di truffa il giudizio sull’insidiosità dell’artificio o raggiro deve anche rapportarsi alla possibilità di reazione del soggetto passivo. Va invero ribadito il consolidato principio di diritto secondo il quale "ai fini della sussistenza del reato di truffa, l’idoneità dell’artificio e del raggiro non è esclusa dalla mancanza di diligenza della persona offesa" (cfr. per tutte Cass. Sez. 2, 3.7-4.9.2009 n. 34059). Peraltro lo stesso ricorrente da atto che l’affidamento della vittima sulla credibilità dell’agente è giustificato. E’ nella normalità dei rapporti l’affidamento sulla correttezza della controparte, sicchè le successive considerazioni del ricorrente sulla possibilità di reazione e verifica dei funzionari dell’organo tecnico deputati al controllo della documentazione prodotta si pongono in termini di valutazioni di tipo fattuale, come tali estranee al vaglio di legittimità, e comunque attengono sempre al dato, irrilevante, di eventuale difetto di diligenza;

1.1.2- è ancora manifestamente infondato per la parte in cui denuncia illogicità della motivazione per non avere la sentenza impugnata chiarito se il Banco di Sicilia sia soggetto passivo del reato, perchè le considerazioni svolte dalla Corte territoriale sono approdate alla corretta conclusione (pag. 6) secondo la quale il Banco ha agito come soggetto terzo (eventualemente indirettamente responsabile verso i Ministeri – soggetti passivi, cioè persone offese), Peraltro va ribadito che "l’integrazione del reato di truffa non implica la necessaria identità fra la persona indotta in errore e la persona offesa, e cioè titolare dell’interesse patrimoniale leso, ben potendo la condotta fraudolenta essere indirizzata ad un soggetto diverso dal titolare del patrimonio, sempre che sussista il rapporto causale tra induzione in errore e gli elementi del profitto e del danno, (cfr. per tutte. Cass. Sez. 2, 21.2-5.3.2008 n. 10085);

1.1.3- ad analoghe conclusioni deve pervenirsi per la parte delle doglianze difensive che invocano a proprio favore il dictum di questa Suprema Corte (Sezioni Unite del 19.4.2007 n. 16568).

Ed invero l’approdo errmeneutico, cui è pervenuta la citata sentenza, ha privilegiato l’orientamento interpretativo di riduzione dell’ambito di applicabilità dell’art. 316 ter c.p. a situazioni del tutto marginali (come quelle del mero silenzio antidoveroso o di una condotta che non induce affettivamente in errore l’autore della disposizione patrimoniale). Si è invero conclusivamente ribadito che "l’effettivo realizzarsi di una falsa rappresentazione della realtà da parte dell’erogatore, con la conseguente integrazione degli estremi della truffa, può dipendere, oltre che dalla disciplina normativa del procedimento, anche dalle modalità effettive del suo svolgimento nel singolo caso concreto. E quindi l’accertamento dell’esistenza di un’induzione in errore, quale elemento costitutivo del delitto di truffa, ovvero la sua mancanzaè questione di fatto, che risulta riservata al giudice di merito". Sulla quaestio facti la Corte territoriale ha dato congrua risposta anche in ordine al rapporto di causalità tra la condotta recettiva e la valutazione positiva del Banco di Sicilia, perchè la capacità finanziaria dei singoli soci era elemento essenziale di valutazione, volta che (come rammenta la Corte territoriale) la Raphael srl non aveva ancora alcun bilancio depositato;

1.1.4- L’ulteriore motivo di ricorso, che addebita alla sentenza impugnata di avere sostanzialmente travisato il par. 3.7 della circolare ministeriale (in riferimento alla domanda di agevolazione finanziaria presentata dalla Raphael in data 15.6.199), è dedotto in maniera inammissibile, perchè generico attraverso il richiamo al contenuto degli atti ("modulo di richiesta" reso disponibile dal Ministero in "originale") senza l’indicazione specifica degli stessi.

Ed invero "è inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il vizio di manifesta illogicità della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione e non ne illustri adeguatamente il contenuto, così da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze (Cass. Sez. 5, 2.1-26.3.2010 n. 11910).

Nè può addebitarsi alla sentenza di aver omesso di rispondere all’appello laddove con lo stesso si erano rappresentati i risultati dell’istruttoria dibattimentale, perchè le valutazioni interpretative degli impiegati di banca, sentiti come testimoni, sono state disattese in ragione del contenuto del rammentato punto 3.7 della circolare. Si vuoi cioè dire che la sentenza impugnata ha risposto, avendo affermato che il dato testuale della circolare è chiaro, tale da vanificare qualsiasi dubbio interpretativo (in assonanza con quanto spiegato diffusamente sul punto dal Tribunale a pagg. 29 e 30 della sentenza di primo grado). Unico strumento per consentire in questa sede la verifica del "travisamento" del dato probatorio costituito dalla citata circolare non poteva che essere la trascrizione-allegazione del suo testo ovvero l’indicazione specifica dell’atto del processo che la contiene.

1.2. Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

Il delitto di truffa è reato di danno, che si perfezione con il verificarsi dell’evento, costituito dal conseguimento del bene economico da parte del soggetto agente e con la definitiva perdita di esso da parte del soggetto passivo (cfr. per tutte e da ultimo Cass. Sez. 2, 18.11-3.12.2010 n. 42910). Ne consegue che il momento consumativo è stato individuato nell’erogazione della secondo quota di contributo (16.1.2003), sicchè la recidiva specifica nel quinquennio è stata contestata e ritenuta correttamente.

2. Ricorso nell’interesse di H.F..

2.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per le ragioni già illustrate per il ricorrente H.G. ai par.. 1.1.1.e 1.1.2, che qui debbono intendersi integralmente riprodotte. Va aggiunto che l’assunto, secondo il quale sarebbe da escludere qualsiasi fraudolenza nella rappresentazione della situazione patrimoniale attraverso l’utilizzazione delle attestazioni bancarie rilasciate dalla BNL, è formulato in maniera generica ed in alternativa all’opposta valutazione articolatamente argomentata dai giudici del merito. La Corte territoriale non si è espressa in maniera contraddittoria: ha valutato quanto accertato sul piano probatorio per dedurne la natura artificiosa della costituzione della provvista alla base dei libretti al portatore. L’assunto difensivo, secondo il quale la "capacità patrimoniale" del ricorrente sarebbe rimasta immutata, non risolve il dato processualmente -accertato e rappresentato dalla Corte territoriale- della sua insussistenza nella misura artificiosamente rappresentata.

Quanto all’addebito di omessa motivazione in relazione alla posizione specifica della STA, la doglianza è manifestamente infondata, perchè già con l’appello il ricorrente aveva dato atto di quanto risultante dalle relazioni finali del Banco di Sicilia. A differenza della Raphael (società appena costituita), la STA aveva offerto in visione i bilanci 1997 e 1998, il cui grado di capitalizzazione era stato tuttavia valutato come "non sufficiente a garantire l’equilibrio strutturale". Di qui la necessità di tener conto della situazione patrimoniale dei soci: lo stesso appello ha riportato tale consuntivo della relazione finale del Banco di Sicilia ed è stato ripetuto nel ricorso ("…..Per quanto concerne l’aspetto finanziario relativo all’apporto di mezzi propri i soci provvederanno con le disponibilità di risorse finanziarie dichiarate….").

2.2. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile, per le ragioni già illustrate al par. 1.1.3, con l’ulteriore specificazione che proprio la relazione finale del Banco di Sicilia da conto del rilievo assunto dalle (artificiosamente) rappresentate disponibilità finanziarie.

2.3. Anche il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

Ciò che rende evidente la pretestuosità delle pur raffinate argomentazioni addotte e che al contrario persuade della correttezza della diversa opzione operata dai giudici di merito è la sussistenza del nesso di causalità fra la condotta e l’evento: l’utile collocazione in graduatoria (ottenuta attraverso la condotta ingannatoria) è stata la condizione imprescindibile per conseguire l’ingiusto profitto.

2.4. L’ultimo motivo di ricorso, che denuncia formalmente inosservanza della legge penale e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 62 bis e 69 c.p., in realtà sollecita in questa sede un ulteriore e non consentita valutazione di merito che si sovrapponga a quella della Corte territoriale, attraverso la rappresentazione di dati di natura fattuale, come tali non rilevanti in sede di legittimità.

L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostenere il suo convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.

Esula infatti dai poteri della Corte di cassazione quello della "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice del merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Cass. S.U. 30.4/2.7.97 n. 6402, ric. Dessimone e altri; Cass. S.U. 24.9-10.12.2003 n. 47289, ric. Petrella).

3. I ricorrenti devono essere in conseguenza condannati al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento di somma, che in ragione dei profili di colpa rinvenibili nei rilevati motivi di inammissibilità, si quantifica in Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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