Cons. Stato Sez. V, Sent., 05-07-2011, n. 4028 Annullamento d’ufficio o revoca dell’atto amministrativo Legittimità o illegittimità dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in appello in esame la A. s.r.l. ha chiesto l’annullamento della sentenza del T.A.R. Puglia – Sez. Staccata di Lecce, Sezione III, n. 01392/2010, con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro gli atti e per l’accertamento del diritto in epigrafe indicati; inoltre ha chiesto l’accertamento del diritto a percepire le somme anticipate a titolo di oneri per gli interventi di manutenzione straordinaria e la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni.

A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:

1.- Con il primo motivo di appello è stato dedotto che le considerazioni del primo Giudice sono erronee ed infondate, oltre che palesemente contraddittorie ed inficiate da un evidentissimo vizio istruttorio.

Non condivisibile e contraddittoria è l’asserzione che il vizio da cui risultava affetto il regolamento negoziale comportava solo la inefficacia della singola clausola della convenzione e non il venir meno dell’intero rapporto; sussiste anche il vizio istruttorio costituito dalla errata ricostruzione della fattispecie e non convincente è la tesi del primo Giudice che la convenzione è stata sottoscritta da organo incompetente.

Inoltre il bando di gara ed il contratto di appalto non prevedono, come asserito dal T.A.R., l’accollo all’appaltatore/gestore delle spese di manutenzione straordinaria e, anche in assenza della deliberazione comunale e della legittimazione del Sindaco del Comune di Calimera a sottoscrivere la convenzione de qua, comunque doveva essere tutelato affidamento del privato contraente.

Non spiega il primo Giudice perché dalla ritenuta assenza di legittimazione a contrarre in capo al Sindaco in questione sia derivata l’inefficacia in parte qua del contratto e non l’illegittimità "in toto" dello stesso, peraltro non più rilevabile essendo decorso un lasso di tempo non ragionevole.

Nell’ipotesi che il Comune de quo non avesse inteso esercitare lo "jus poenitendi", ma avvalersi delle regole civilistiche in materia di difetto di rappresentanza, la questione esulerebbe dalla giurisdizione del G.A..

2.- Con il secondo motivo di gravame è stato asserito che la sentenza impugnata è, oltre che erronea, anche contraddittoria per ulteriori motivi.

Dalla rilevata mancanza della fase preliminare propedeutica alla formazione della volontà del Comune non sono stati fatti derivare, come dovuto, l’annullamento per violazione di legge dell’intera fattispecie provvedimentale o l’inefficacia del contratto; comunque unico organo legittimato ad agire al fine di eccepire il difetto di rappresentanza rilevato dal T.A.R. sarebbe stato il Sindaco.

La gravata sentenza accolla integralmente all’appellante le conseguenze pregiudizievoli della illegittima condotta di altri, in violazione dell’art. 1398 c.c..

Alla inefficacia della clausola negoziale disciplinante le spese di manutenzione non può conseguire l’accollo delle spesse da parte del gestore.

3.- Con il terzo motivo di appello è stato dedotto che non sussistevano né i presupposti di cui all’art. 21quinquies della legge n. 241/1990 per l’esercizio del potere di revoca, né quelli di cui alll’art. 21nonies di detta legge per l’esercizio del potere di annullamento.

Il provvedimento de quo non era infatti illegittimo per adozione da parte di organo incompetente, è insufficiente il richiamo alla incidenza sulla spesa e sui bilanci dell’Ente a configurare la sussistenza di un interesse pubblico alla eliminazione dell’atto, il provvedimento di ritiro non è stato adottato entro un termine ragionevole (erano decorsi tre anni dalla stipula della convenzione) e non sono state attentamente ponderate le posizioni giuridiche dei destinatari (essendo insufficiente il richiamo al perdurare della gestione).

Comunque il provvedimento impugnato è illegittimo per violazione del principio del legittimo affidamento, che limita il potere di autotutela e neppure è applicabile alla fattispecie il diritto di recesso di cui all’art. 11, comma 4, della legge n. 241/1990.

4.- Con il quarto motivo di gravame è stata ulteriormente dedotta la erroneità della impugnata sentenza per violazione della "lex specialis" e per contraddittorietà.

I provvedimenti impugnati violano l’art. 15 della legge n. 241/1990 e la deliberazione n. 19 del 10.3.1998 del Consiglio comunale di Calimera, nonché la "lex specialis", il capitolato speciale ed il contratto di appalto, che disciplinavano la modifica della convenzione di gestione subordinandola ad apposita richiesta da parte del concessionario.

Il comportamento dell’Amministrazione sarebbe contraddittorio e dimostrerebbe che ha inteso solo sottrarsi alle proprie obbligazioni, con sviamento di potere.

Erroneamente il T.A.R. ha escluso che fossero state sottoposte al suo giudizio anche ulteriori prescrizioni della convenzione e della sequenza procedimentale.

Con atto depositato il 27.7.2010 si è costituito in giudizio il Comune di Calimera, che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato improcedibile o inammissibile, ovvero che sia respinto perché infondato.

Con memorie depositate il 7.9.2010 ed il 26.11.2010 il Comune resistente ha dedotto la infondatezza dell’appello, concludendo per la reiezione.

Con memoria depositata il 22.12.2010 parte ricorrente ha ribadito tesi e richieste e con memoria depositata il 29.12.2010 ha replicato alle avverse argomentazioni difensive.

Alla pubblica udienza dell’11.1.2011 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

Motivi della decisione

1.- Con il ricorso in appello in esame la società in epigrafe indicata ha chiesto l’annullamento della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dalla società stessa per l’annullamento della determinazione prot. n. 337 del 15.10.2009 del Comune di Calimera, di annullamento e/o revoca della convenzione rep. 1986 dell’1.7.2006 (nella parte in cui poneva a carico del Comune gli oneri di manutenzione straordinaria dell’impianto natatorio sito nel Comune stesso) e della nota prot. n. 4603 del 21.7.2009, di avvio del procedimento di revoca della convenzione; inoltre per l’accertamento del diritto a continuare la gestione dell’impianto alle condizioni di cui a detta convenzione e per il risarcimento dei danni subiti.

Con l’atto di appello sono stati anche chiesti l’accertamento del diritto della A. s.r.l. a percepire le somme anticipate a titolo di oneri per gli interventi di manutenzione straordinaria e la condanna del Comune suddetto al risarcimento dei danni.

2.- Con il primo motivo di gravame è stato dedotto che le argomentazioni poste a base della sentenza impugnata sarebbero, oltre che erronee ed infondate, anche contraddittorie ed inficiate da un evidentissimo vizio istruttorio.

2.1.- E’ stato innanzi tutto dedotto che, secondo detta sentenza, il vizio da cui risultava affetto il regolamento negoziale (incompetenza del Sindaco del Comune di Calimera a sottoscrivere la convenzione de qua) comportava solo la inefficacia della singola clausola della convenzione attinente agli oneri di manutenzione straordinaria e non il venir meno dell’intero rapporto, con affermazione che, oltre che non condivisibile, sarebbe anche contraddittoria.

Non condivisibile sarebbe la tesi del primo Giudice che la convenzione è stata sottoscritta da organo incompetente (il Sindaco), invece che dal competente Dirigente, e comunque in violazione della volontà espressa dal Consiglio comunale, all’atto della adozione degli atti di indizione della gara e di stipula delle convenzioni.

Ente appaltante era infatti la Provincia di Lecce (come da convenzione con il Comune de quo n. 20801 del 1998) ed il Sindaco del Comune di Calimera ha agito non come organo del proprio Comune ma come rappresentante del Comune capofila del bacino di utenza interessato dall’opera e come organo delegato dalla Provincia a dare attuazione, con la convenzione di gestione, alle previsioni contenute in detta convenzione n. 20801 del 1998.

Comunque la convenzione di gestione è stata preceduta dalla deliberazione n. 19/1998 del Consiglio comunale, con cui è stato approvato lo schema della ridetta convenzione n. 20801 del 1998, che ha autorizzato il Sindaco a sottoscrivere la convenzione di gestione.

Non spiega il T.A.R. perché dalla ritenuta assenza di legittimazione a contrarre in capo al Sindaco in questione sia derivata l’inefficacia in parte qua del contratto e non l’illegittimità complessiva dello stesso, del quale, peraltro, essendo decorso un lasso di tempo (tre anni) superiore a quello ragionevole entro il quale può procedersi all’annullamento di ufficio ex legge n. 241/1990, non poteva più essere rilevata la illegittimità o procedere all’annullamento.

Se fosse vero quanto affermato nella impugnata sentenza, che il Sindaco aveva agito come "falsus procurator" e che il Comune de quo non aveva inteso esercitare lo "jus poenitendi", ma avvalersi delle regole civilistiche in materia di difetto di rappresentanza, la questione esulerebbe comunque dalla giurisdizione del G.A..

E’ infine affermato nel motivo in esame che, anche in assenza della deliberazione comunale e della legittimazione del Sindaco del Comune di Calimera a sottoscrivere la convenzione de qua, comunque sussisteva affidamento del privato contraente, che non aveva l’onere di accertare la effettiva sussistenza del potere di sottoscrizione del contratto in capo al sottoscrittore per la parte pubblica.

2.1.1.- Osserva in proposito la Sezione che, con la impugnata determinazione dirigenziale n.337 del 2009, dopo essere state rilevate alcune irregolarità nella convenzione 1968/2006 (tra le quali: la stessa risultava sottoscritta da organo incompetente e da persona giuridica diversa dall’aggiudicatario; i contenuti risultavano discostarsi da quelli previsti negli atti presupposti ed in particolare dallo schema di convenzione allegato agli atti dell’appalto di costruzione dell’impianto natatorio; indebito esborso di denaro pubblico con particolare riferimento agli oneri della manutenzione straordinaria dell’impianto che, in base alla convenzione 20801/98 regolante i rapporti tra Provincia e Comune di Calimera, nonché in base al contratto 21202/99 regolante i rapporti tra Amm.ne provinciale ed impresa M. aggiudicataria, risultavano a carico del gestore dell’impianto) è stato deciso di annullare e/o revocare la convenzione rep.1968, sottoscritta in data 1.7.2006 "nella parte in cui pone a carico del Comune gli oneri di manutenzione straordinaria dell’impianto natatorio sito nel Comune di Calimera, che pertanto rimangono a carico del gestore ai sensi di quanto statuito all’art.3 del contratto di appalto del 22.3.99 rep.21202 ed all’art.3 della convenzione del 27.3.1998 rep.20801".

Il vizio costituito dalla mancata sottoscrizione da parte di organo incompetente è stata quindi solo una delle molteplici ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a ritirare in parte qua la convenzione suddetta.

Le ulteriori argomentazioni poste a base del provvedimento, quali la circostanza che i contenuti della convenzione si discostavano dal relativo schema allegato agli atti dell’appalto di costruzione dell’impianto natatorio e che l’onere della manutenzione straordinaria a carico del Comune comportava indebito esborso di denaro pubblico, erano invero da sole idonee a sorreggerlo.

Costituisce principio pacifico in giurisprudenza che quando un provvedimento sia fondato su una pluralità di ragioni, tutte egualmente idonee a sorreggerne la parte dispositiva, l’eventuale illegittimità di uno dei motivi presi in considerazione dall’Amministrazione non è sufficiente ad inficiare il provvedimento stesso.

Ritiene pertanto la Sezione di poter prescindere dalla disamina del motivo di appello in esame volto a dimostrare la non condivisibilità della asserzione del T.A.R. circa la legittimità del provvedimento impugnato laddove ha affermato la incompetenza del Sindaco e la erroneità del non aver fatto derivare da detta circostanza la illegittimità dell’intera "fattispecie provvedimentale" e non di una singola clausola della stessa, nonché il difetto della giurisdizione del G.A. in materia.

Le ulteriori argomentazioni costituenti la motivazione del provvedimento impugnato ben si conciliano, infatti, con l’annullamento solo in parte qua della convenzione di cui trattasi.

2.2.- Secondo l’appellante sussisterebbe anche il vizio istruttorio costituito dalla errata ricostruzione della fattispecie, atteso che dai documenti versati in atti risulterebbe che il rapporto in questione non integrava una concessione di beni pubblici, ma una concessione di lavori pubblici (riguardo ai quali, ex art. 143 del d. lgs. n. 163/2006, tutte le variazioni delle condizioni originarie del rapporto obbligano la Amministrazione a rivedere l’equilibrio economico finanziario su cui è basato il rapporto stesso, pena il diritto del concessionario a recedere dal rapporto), essendo stato "addossato all’appaltatore/gestore" il rimborso della metà del mutuo contratto dalla Provincia per finanziare la costruzione dell’opera in questione.

2.2.1.- Rileva in proposito il Collegio che detto art. 143 del d. lgs. n. 163/2006, stabilisce, al comma 8, che "I presupposti e le condizioni di base che determinano l’equilibrio economicofinanziario degli investimenti e della connessa gestione, da richiamare nelle premesse del contratto, ne costituiscono parte integrante. Le variazioni apportate dalla stazione appaltante a detti presupposti o condizioni di base, nonché le norme legislative e regolamentari che stabiliscano nuovi meccanismi tariffari o nuove condizioni per l’esercizio delle attività previste nella concessione, quando determinano una modifica dell’equilibrio del piano, comportano la sua necessaria revisione, da attuare mediante rideterminazione delle nuove condizioni di equilibrio, anche tramite la proroga del termine di scadenza delle concessioni. In mancanza della predetta revisione il concessionario può recedere dal contratto."

Poiché detta disposizione prevede la revisione e non l’annullamento dell’intero provvedimento di concessione e, in assenza di rideterminazione di nuove condizioni di equilibrio, la mera possibilità per il concessionario di recedere dal contratto e non la illegittimità della disposta rideterminazione, non può che ritenersi che la circostanza sia irrilevante ai fini, che l’appellante persegue, di dimostrare la illegittimità della disposta revoca parziale della convenzione di cui trattasi.

2.3.- Deduce ancora il motivo in esame che il bando di gara ed il contratto di appalto non prevedevano, come asserito dal T.A.R., l’accollo all’appaltatore/gestore delle spese di manutenzione straordinaria, atteso che, invece, in detti atti era previsto solo che doveva essere sottoscritto il contratto di concessione della gestione "comprensivo della manutenzione ordinaria e straordinaria"; ciò in quanto interesse della Provincia era solo quello di non contribuire essa stessa alle spese di gestione dell’impianto.

2.3.1.- Osserva la Sezione che il contratto stipulato tra la Provincia ed il Comune di Calimera (con deliberazione del Consiglio comunale n.19 del 1998) con atto rep. 20801 del 27.3.1998, per la realizzazione nel territorio del Comune di Calimera dell’impianto natatorio di cui trattasi (con oneri, per la metà dell’importo del mutuo contratto per l’importo indicato, a carico della Provincia e per l’altra metà a carico del Comune di Calimera, e con obbligo di quest’ultimo, in qualità di capofila del bacino di utenza comprendente i Comuni di Calimera, Caprarica, Castri, Martano, Martignano, Sternatia, Vernole e Zollino, di mettere a disposizione a titolo gratuito l’area necessaria alla realizzazione dell’impianto) prevedeva l’appalto, con un’unica procedura di gara, dei lavori inerenti la realizzazione e la gestione quindicennale, comprensiva dei connessi obblighi di manutenzione ordinaria e straordinaria dell’impianto sportivo (art.3).

La circostanza che la locuzione "…comprensiva dei connessi obblighi…" è indubitabilmente riferita alla "gestione" dimostra la infondatezza della sopra indicata tesi sostenuta dalla parte appellante.

3.- Con il secondo, complesso, motivo di appello la società appellante deduce la erroneità e la contraddittorietà della sentenza gravata in base ad ulteriori argomentazioni.

Dalla rilevata mancanza della fase preliminare propedeutica alla formazione della volontà del Comune, manifestata da organo incompetente, non sarebbe stata fatta derivare, come dovuto, l’annullamento per violazione di legge dell’intera fattispecie provvedimentale o l’inefficacia del contratto.

Comunque, unico organo legittimato ad agire al fine di eccepire il difetto di rappresentanza rilevato dal T.A.R. sarebbe stato il Sindaco, che per legge ha la rappresentanza dell’Ente, o un funzionario autorizzato dal Consiglio comunale, e non il Dirigente responsabile del Settore che ha adottato il provvedimento impugnato.

La gravata sentenza accolla integralmente all’appellante le conseguenze pregiudizievoli della illegittima condotta da altri, della quale era per essa impossibile avere contezza, così violando l’art. 1398 c.c., anche perché la volontà del contraente pubblico privo di legittimazione avrebbe potuto essere in seguito ratificata dall’organo titolare della legittimazione.

Alla inefficacia, per incompetenza del firmatario, della clausola negoziale disciplinante le spese di manutenzione non conseguirebbe automaticamente l’accollo delle stesse da parte del gestore, ma un vuoto di disciplina per colmare il quale deve essere applicata, in assenza di differenti indicazioni, la disciplina legale che prevede che le spese di manutenzione di un immobile siano di competenza del proprietario dell’immobile, cioè, nel caso di specie, della P.A..

3.1.- Tutte le anzidette argomentazioni sono ritenute dalla Sezione sostanzialmente basate sulla asserita, e non condivisibile (come in precedenza evidenziato), tesi che il provvedimento impugnato fosse basato sulla esclusiva ragione della illegittimità della convenzione per incompetenza del Sindaco che la aveva sottoscritta, mentre essa era fondata anche su altre motivazioni in grado di sorreggerla autonomamente.

A tanto consegue la inutilità della verifica della fondatezza del motivo in esame.

4.- Con il terzo motivo di gravame è stato dedotto che il Comune di Calimera ha inteso esercitare lo "jus poenitendi" pur non sussistendone i presupposti.

4.1.- E’ stato innanzi tutto dedotto dalla appellante che non sussistevano i presupposti di cui all’art. 21quinquies della legge n. 241/1990 per l’esercizio del potere di revoca, non essendo state giustificate le ragioni sulle quali si fondava esso potere, né essendo stato evidenziato alcun mutamento della situazione di fatto (l’atto impugnato ancorerebbe la revoca a ragioni coeve alla sottoscrizione della convenzione), né la sopravvenienza di motivi di pubblico interesse.

4.1.1.- Osserva la Sezione che l’innovata disciplina positiva data all’istituto della revoca del provvedimento amministrativo dal legislatore con la introduzione dell’articolo 21quinquies alla legge n. 241/1990, ne ha dilatato la preesistente nozione elaborata dall’insegnamento dottrinario e giurisprudenziale, ricomprendendo in essa sia il c.d."ius poenitendi" che consente alla P.A. di ritirare i provvedimenti ad efficacia durevole sulla base di sopravvenuti motivi di interesse pubblico ovvero di mutamenti della situazione di fatto, sia il potere di rivedere il proprio operato in corso di svolgimento e di modificarlo, perché evidentemente ritenuto affetto da inopportunità, in virtù di una rinnovata diversa valutazione dell’interesse pubblico originario (Consiglio Stato, sez. V, 21 aprile 2010, n. 2244).

Con la determinazione impugnata l’Amministrazione resistente ha inteso " annullare e/o revocare" la convenzione rep.1968, sottoscritta in data 1.7.2006, tra l’altro per indebito esborso di denaro pubblico, con particolare riferimento agli oneri della manutenzione straordinaria dell’impianto, che (in base alla convenzione 20801/98 regolante i rapporti tra la Provincia e il Comune di Calimera, nonché in base al contratto 21202/99 regolante i rapporti tra Amm.ne provinciale ed impresa M. aggiudicataria) risultavano a carico del gestore dell’impianto.

Nel caso di specie, il provvedimento di ritiro impugnato era assistito da idonea motivazione e, nell’ipotesi che possa definirsi "revoca", conteneva sufficienti elementi giustificativi, avendo sostanzialmente esplicitato anche l’intento di rivedere il proprio operato in corso di svolgimento, sicché non può ritenersi che sia stato adottato in violazione dell’art. 21quinquies della legge n. 241/1990.

4.2.- Deduce inoltre il motivo di appello in esame che sarebbe stato violato l’art. 21nonies della legge n. 241/1990, non sussistendo alcuno dei presupposti che giustificano l’annullamento.

La determinazione de qua non potrebbe essere considerata illegittima, oltre che per essere stata adottata da parte di organo incompetente, perché era insufficiente il richiamo alla incidenza sulla spesa e sui bilanci dell’Ente a configurare la sussistenza di un interesse pubblico alla eliminazione dell’atto, nonché perché il provvedimento di ritiro non era stato adottato entro un termine ragionevole (erano decorsi tre anni dalla stipula della convenzione) e non erano state attentamente ponderate le posizioni giuridiche dei destinatari (essendo insufficiente il richiamo al perdurare della gestione).

Aggiunge il motivo in esame che, comunque, il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo per violazione del principio del legittimo affidamento, che limita il potere di autotutela.

4.2.1.- Osserva la Sezione che la censura non può essere condivisa perché l’art. 21nonies della legge n. 241/1990, stabilisce, al comma, che "Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’ articolo 21octies può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge".

Oltre alla illegittimità dell’atto da annullare deve quindi essere valutata anche la sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione e la sua comparazione con gli interessi privati sacrificati, quando, per effetto del provvedimento reputato illegittimo, siano sorte posizioni giuridiche qualificate dall’apparenza di uno stato di diritto basato sull’atto da ritirare, rilevando l’affidamento ingenerato dall’atto nell’interessato in merito alla legittimità del provvedimento.

Nel caso che occupa, nell’ipotesi che il provvedimento impugnato configurasse un atto di "annullamento", tale affidamento, stante il contenuto del contratto stipulato tra la Provincia ed il Comune di Calimera con atto rep. 20801 del 27.3.1998, non era sorto e neppure può ritenersi che sia stata violata la ragionevolezza del termine entro il quale avrebbe potuto essere adottato, non apparendo eccessivamente lungo il termine di tre anni in relazione alla complessità della fattispecie

4.3.- Neppure, secondo l’appellante, sarebbe applicabile alla fattispecie il diritto di recesso di cui all’art. 11, comma 4, della legge n. 241/1990, non sussistendo i motivi di pubblico interesse che possono giustificarlo.

4.3.1.- La Sezione rileva che la censura appare ultronea, atteso che comunque detta disposizione è applicabile solo nell’ipotesi di accordi stipulati con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo, fattispecie non coincidente con quella di cui trattasi.

5.- Con il quarto motivo di appello è stata ulteriormente dedotta la erroneità della impugnata sentenza per violazione della "lex specialis" e per contraddittorietà.

5.1.- E’ stato asserito in primo luogo dalla appellante che i provvedimenti impugnati violano l’art. 15 della legge n. 241/1990 e l’art. 6 della deliberazione n. 19 del 10.3.1998 del Consiglio comunale di Calimera, che prevedevano la possibilità di revisione dell’accordo negoziale in comune accordo con la parte privata.

51.1.- La Sezione ritiene incondivisibile detta censura, sia perché l’art. 15 della legge n. 241/1990 riguarda la conclusione di accordi tra amministrazioni pubbliche (per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune) e sia perché l’art. 6 di detta deliberazione non contiene alcuna espressa clausola per la quale la ripartizione delle spese di manutenzione avrebbe costituito oggetto di una specifica regolazione tra il Comune ed il soggetto gestore, considerato che era ivi solo stabilito che il Comune si impegnava, attraverso il soggetto gestore, a sostenere i costi connessi alla gestione, compresi gli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria.

5.2.- Secondo la appellante la "lex specialis", il capitolato speciale ed il contratto di appalto disciplinavano ogni modifica della convenzione di gestione subordinandola ad apposita richiesta da parte del concessionario.

Il Collegio non può condividere tale generica censura, non essendo coincidente la modifica disposta dal Comune resistente con quelle subordinate a una mera e puntuale richiesta dell’interessato.

5.3.- Deduce inoltre il motivo in esame che il comportamento dell’Amministrazione sarebbe contraddittorio, a seguito di richieste di rimborso per l’esecuzione di manutenzione straordinaria effettuata dall’appellante e a nota n. 4507 del 2009 del Comune (in cui ha affermato che proprietaria della struttura de qua era la Provincia e ad essa competevano gli oneri relativi), cui è seguito il provvedimento impugnato, e dimostrerebbe che ha inteso solo sottrarsi alle proprie obbligazioni, con attività caratterizzata da motivazioni pretestuose che denoterebbero sviamento di potere.

La censura non è suscettibile di positiva valutazione da parte del Collegio, essendo insufficiente detta circostanza a denotare contraddittorietà nel comportamento dell’Amministrazione, in quanto relativa a diverso procedimento attinente a richieste di rimborso, e non apparendo le motivazioni addotte dall’Amministrazione a supporto del provvedimento impugnato, per le considerazioni in precedenza espresse, pretestuose.

5.4.- Non può neppure apprezzare in senso positivo, per quanto prima diffusamente esposto, il Collegio la ulteriore e ripetuta censura che i provvedimenti impugnati sarebbero viziati da contraddittorietà anche perché il Comune ha prima affermato che la convenzione n. 1968/2006 è illegittima e poi ha inteso salvaguardarne la totale eliminazione, eliminando solo le clausole non gradite.

5.5.- Non può infine condividere il Collegio la censura che erroneamente il T.A.R. ha escluso che fossero state sottoposte al suo giudizio anche le ulteriori prescrizioni della convenzione e della sequenza procedimentale, risultando la stessa generica e non supportata da idonea prova, sicché non risulta smentita la affermazione del Giudice di prime cure, con riferimento alla tesi della ricorrente che la regolazione degli obblighi connessi alla manutenzione straordinaria dell’impianto in questione non troverebbe apposita regolazione in un atto contrattuale, che "l’ampiezza e l’esaustività della convenzione intercorsa fra il Comune di Calimera e la società a r.l. A. non è una questione sottoposta al Collegio"

6.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.

7.- La complessità delle questioni trattate, visto l’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009 e sussistendo le ragioni di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., è ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, respinge l’appello.

Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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