Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-05-2011) 30-06-2011, n. 25785

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.R.:

Impugna per Cassazione la sentenza della Corte di appello di Napoli, del 18.10.2010 che aveva confermato la decisione emessa in primo grado dal Gup presso il Tribunale di Nola e lo aveva riconosciuto colpevole del delitto di rapina aggravata dal numero delle persone e dall’uso di un coltello in danno del minore I.A. cui, mediante la minaccia consistita nell’impugnare il coltello, sottraeva un telefono cellulare; fatti del (OMISSIS);

al termine del giudizio abbreviato, nel cui corso il Gup procedeva a ricognizione formale di persona, il M. veniva condannato alla pena di anni 2 mesi 6 di reclusione ed Euro 1.200 di multa, esclusa l’aggravante ex art. 61 c.p., n. 6, concessa l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, ed operata la riduzione per il rito;

nei motivi proposti si deduce:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

1) – Il ricorrente censura la decisione impugnata per avere utilizzato come prova la ricognizione di persona effettuata dal Gup durante il giudizio omettendo illogicamente di considerare che tale prova era inutilizzabile per inattendibilità della persona offesa che era restata certamente influenzata dalla circostanza che per la seconda volta era chiamata a riconoscere lo stesso M., così da poterlo facilmente individuare tra i soggetti presenti;

– a parere del ricorrente, l’unico atto istruttorio di cui si poteva tenere conto restava il primo verbale di ricognizione di persona che, però, non offriva una prova sicura perchè affetto da incertezze nell’indicazione della persona riconosciuta;

2) – la sentenza era da censurare anche per avere ritenuto l’aggravante del numero delle persone e quella dell’uso di un coltello, trascurando illogicamente di considerare che la pare offesa, nel primo verbale di ricognizione di persona, aveva riferito della presenza di un solo aggressore che gli aveva fatto credere di avere un coltello, senza però che l’arma fosse mai mostrata;

3) – la decisione era illogica anche per avere ritenuto la responsabilità per il reato di porto del coltello nonostante che la parte offesa avesse chiarito di non averla mai veduta ma solo creduto che l’aggressore la portasse, celata nel marsupio;

CHIEDE l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorrente deduce l’inutilizzabilità della prova della ricognizione di persona operata dal Gup senza tenere conto dell’intera motivazione della Corte di appello ove si osserva che la sicura identificazione dell’imputato rinveniva, oltre che dalla citata ricognizione, anche – dal dato oggettivo del rinvenimento del cellulare sottratto al minore proprio all’interno del marsupio indossato dall’imputato;

– dalla circostanza che il medesimo era stato controllato subito dopo il fatto mentre si trovava bordo di un ciclomotore corrispondente alle descrizioni della vittima;

– dalla circostanza che l’imputato era stato riconosciuto con certezza nel primo atto di ricognizione, ove le discrasie riguardanti la posizione della persona riconosciuta erano chiaramente frutto di un refuso materiale, essendo stato il M. indicato con chiarezza dallo I..

Si tratta di una motivazione del tutto congrua, perchè aderente ai fatti di causa e perchè immune da illogicità evidenti, soprattutto allorchè sottolinea che l’integrazione istruttoria disposta dal Gup non ha modificato il quadro probatorio ma ha comportato semmai una conferma di quanto già acquisito.

Per converso, le deduzioni difensive in ordine all’inattendibilità della ricognizione effettuata nel giudizio abbreviato, oltre a risultare irrilevanti per il chiari e convergenti dati probatori descritti dalla Corte territoriale, si risolvono in valutazioni – in fatto – fondate su interpretazioni alternative delle prove, inammissibili in questa sede, ove in tema di sindacato del vizio della motivazione, il giudice di legittimità non è chiamato a sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, essendo piuttosto suo compito stabilire – nell’ambito di un controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato – se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre. Cassazione penale, sez. 4, 29 gennaio 2007, n. 12255.

Tali principi evidenziano l’infondatezza dei rimanenti motivi relativi alle aggravanti dell’uso dell’arma e del numero delle persone, nonchè al reato di porto del coltello, per le quali la sentenza impugnata ha compiutamente motivato con il richiamo alle dichiarazioni rese in sede di denuncia dalla parte offesa, ritenute chiare ed univoche rispetto alle parziali modifiche apportate in un secondo momento, valorizzate dalla difesa nei motivi di ricorso, ma ritenute non attendibili dalla Corte di appello con l’argomento logico della maggiore affidabilità delle dichiarazioni rese nell’immediatezza del fatto; si tratta di una valutazione del fatto e delle prove conforme alle massime di comune esperienza così da risultare incensurabile in questa sede.

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende, della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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