Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-05-2011) 30-06-2011, n.Detenzione, spaccio, cessione, acquisto 25782

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Milano giudicava con il rito ordinario:

C.D.;

K.J. alias C.V.;

nonchè:

D.V.M.;

e, con sentenza del 29.01.2008, riteneva:

– il C. colpevole del reato ascrittogli al capo 1) ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 come "qualificato a norma degli artt. 110 e 81 c.p. – D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e, in esso assorbito il fatto di cui al capo 2 (relativo ad una singola contestazione ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 per fatto di spaccio del (OMISSIS)), esclusa l’aggravante ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, applicate le attenuanti generiche" e lo condannava alla pena di anni 6 di reclusione ed Euro 30.000 di multa;

-il K. colpevole del reato ascritto al capo 69) ex art. 110 c.p. – D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 e art. 80, comma 2 e lo condannava alla pena di anni 10 di reclusione ed Euro 50.000 di multa, con le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva e all’aggravante del cit. D.P.R., art. 80, comma 2;

(Del coimputato D.V.M. si omette in questa sede la trattazione atteso che la sua posizione è stata poi stralciata).

La corte di appello di Milano investita del gravame, con sentenza del 12.03.2009, in parziale accoglimento, riduceva la pena per C. e D.V. mentre respingeva l’appello di K.;

La Corte di cassazione, sez. 6 penale, con sentenza del 12.03.2010 annullava la sentenza di appello:

riguardo al C.: "per nuovo giudizio sulla sussistenza delle condotte concorsuali per fatti diversi dalla detenzione a fine di spaccio del (OMISSIS)";

riguardo al K.: "per nuovo giudizio sulla contestata aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2 perchè ritenuta sussistente sulla base del dato ponderale in relazione al numero dei tossicodipendenti eventualmente destinatari";

La Corte di appello di Milano, in diversa composizione, con sentenza del 21.10.2010, decidendo in sede di rinvio, in riforma parziale della sentenza di primo grado, riduceva la pena inflitta a C. D. in quella di anni 5 di reclusione ed Euro 25.000 di multa;

confermava nel resto;

Gli imputati C. e K. ricorrono per cassazione a mezzo dei difensori, deducendo:

C.:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) c) ed e).

1) – il ricorrente deduce la nullità della decisione impugnata per violazione dell’art. 521 c.p.p., comma 2 – art. 522 c.p.p., comma 1 – art. 604 c.p.p.; in particolare censura la sentenza di appello per violazione del principio di diritto formulato dalla Corte di cassazione nella sentenza di annullamento, avendo omesso di indicare in maniera chiara su quali sostanze, in quale quantitativo, in quale percentuale di purezza, sarebbero consistiti gli ulteriori episodi di concorso del C. nel reato ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73;

– il ricorrente rileva che gli episodi di concorso in spaccio a lui addebitati erano stati tratti dalla Corte di appello da alcune conversazioni telefoniche intercettate ma lamenta che tali episodi non erano mai stati oggetto di contestazione e che la stessa non poteva rintracciarsi nell’imputazione di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 mossa al capo 1), trattandosi di fattispecie delittuose diverse;

2)- al riguardo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 417 c.p.p. atteso che l’imputazione avrebbe dovuto essere mossa in forma chiara nella richiesta di rinvio a giudizio, con precisa enunciazione del fatto;

3) – la motivazione della sentenza impugnata sarebbe da censurare per avere ritenuto di applicare l’istituto della continuazione, ex art. 81 cpv. c.p., in relazione a vari episodi delittuosi diversi dallo spaccio del (OMISSIS), omettendo però di individuare gli episodi in tutti i loro elementi costituitivi e cadendo nell’errore di individuare la continuazione nella sorta di organizzazione emersa in atti, rilevante però solo ai fini del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 – escluso in sentenza -;

K.:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e).

1) – il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione del principio formulato nella sentenza di annullamento, avendo eluso l’obbligo di motivare riguardo alla ricorrenza dell’aggravante ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2; – in particolare lamenta che la Corte di appello, in sede di rinvio, avrebbe omesso di considerare che l’aggravante in questione si riferisce ad una quantità "ingente" ed avrebbe fatto ricorso ad un generico giudizio di "esperienza maturata nei casi analoghi nel distretto di competenza" , il tutto in contrasto con la diversa valutazione effettuata nel giudizio a carico di R.K. (imputato in procedimento connesso e del quale si produce la sentenza del 01.10.2004) e per il quale l’aggravante era stata esclusa nonostante l’identità del quantitativo di cocaina sequestrata; – deduce che l’esclusione dell’aggravante avrebbe comportato un trattamento sanzionatorio più mite e maggiormente adeguato alla reale posizione del ricorrente.

CHIEDONO l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

I ricorsi sono infondati e vanno rigettati.

I motivi di censura proposti dal C. partono dal presupposto che gli ulteriori episodi di concorso nell’attività di spaccio non sono stati mai oggetto di contestazione; si tratta di motivi inammissibili atteso che, in sede di rinvio, il giudizio è delimitato dal principio affermato nella sentenza di annullamento ed è agevole osservare che di tale nullità non vi è cenno nella decisione di questa Corte che, invece, ha ristretto il campo al vizio di motivazione relativo alla sussistenza delle condotte concorsuali per fatti diversi dalla detenzione a fine di spaccio del (OMISSIS);

al riguardo, questa Corte ha puntualizzato che l’annullamento verteva sulla circostanza che il giudice di merito non aveva individuato in maniera chiara le singole condotte di spaccio alle quali il prevenuto avrebbe dato il suo contributo causale, oltre all’episodio del (OMISSIS).

Delimitato in tal modo il campo di indagine, è agevole osservare come la sentenza impugnata abbia pienamente adempiuto a correggere l’iniziale errore motivazionale, provvedendo ad indicare: – i tempi – le modalità e – le circostanze fattuali delle condotte concorsuali relative agli ulteriori fatti-reato da legare con il vincolo della continuazione;

al riguardo la motivazione impugnata segnala, riportandole integralmente, le varie conversazioni intercettate dalle quali emerge in maniera chiara il contributo fornito dal C. al R. con l’effettuazione di analisi chimiche sui campioni di cocaina che questi gli aveva fornito, e segnala come nelle conversazioni in data:

– 11.11 – 12.11 – 15.11 – 17.11 – 20.12 – 21.12 – 22.12 – 24.12 – 30.12 – del 2003; e 2.01 – 4.01 – 5.01 – 13.1 14.01 – del 2004; si faccia costantemente riferimento alle "analisi" che il C. effettuava nel "laboratorio" cui aveva accesso ed alla "qualità" della sostanza esaminata (nella conversazione del 22.12.2003 n. 722 la motivazione evidenzia come si parli di "diagramma" di "limpidezza" ed altri riferimenti alla qualità della sostanza);

– sulla scorta di tali dati fattuali la Corte di appello individua quattro occasioni (compresa quella del (OMISSIS)) nelle quali il C. aveva effettuato delle analisi sui campioni di stupefacenti (pag. 4 motivaz.), conformemente a quanto dallo stesso parzialmente ammesso nelle sue difese (pag. 5 motivaz.).

Si tratta di una motivazione del tutto congrua, perchè aderente ai fatti di causa ed immune da illogicità evidenti, con la quale il giudice del rinvio ha individuato gli ulteriori episodi di concorso del C. nell’attività di spaccio dei correi, prestando il suo apporto in veste di consulente per analisi chimiche della qualità dei campioni ricevuti, osservando che i campioni erano riferibili a quantitativi di droga detenuti illecitamente perchè destinati, in tutta evidenza, allo spaccio.

Il ricorrente obietta che, in ogni caso, la sentenza non specificherebbe i quantitativi, il grado di purezza ed il tipo di stupefacente per ciascun episodio, ma il motivo non coglie nel segno perchè non considera che nella specie l’esame diretto della droga non era possibile, perchè non sequestrata, sicchè restava possibile pervenire all’accertamento della natura e della quantità di una sostanza stupefacente sulla base di altri elementi, facendo riferimento – come nella specie – alla vicenda processuale concreta.

(Cassazione penale, sez. 6, 27/05/1991).

Va ricordato, infatti, che in tema di stupefacenti, il giudizio sulla qualità e quantità della sostanza che sia oggetto di un reato può essere basata anche su elementi diversi da valutazioni di ordine peritale, a condizione che il giudice – come nel caso di specie – dia del suo convincimento giustificazione congrua e logicamente argomentata. Tali elementi possono essere costituiti anche da regole di esperienza, utilizzabili anche in concorso con altri per pervenire a conclusioni incensurabili in sede di legittimità. (Cassazione penale, sez. 6, 30/01/1991).

Deve ritenersi pertanto pienamente adempiuto l’obbligo motivazionale relativo al principio formulato nella sentenza di annullamento.

Ad uguale giudizio deve pervenirsi riguardo al ricorso proposto dal K., avendo la sentenza impugnata congruamente motivato in ordine alla ricorrenza dell’aggravante ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2;

– al riguardo la Corte di appello ha sottolineato come: – il dato ponderale – (Kg.4,986) della cocaina sequestrata, unitamente: – al dato qualitativo – (percentuale di purezza del 93,74%) siano indicativi – in via generale – del requisito dell’ingente quantitativo e – in via specifica – nell’ambito dell’esperienza maturata dalla stessa Corte all’interno del distretto di Milano, assumano al rango di straordinaria quantità, tale da integrare l’ipotesi aggravata ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2; il ricorrente lamenta la genericità di tale giudizio ma la censura non tiene conto della precisa motivazione della sentenza laddove fonda la propria valutazione sulla circostanza che l’elevatissimo grado di purezza" della sostanza stupefacente era tale da consentire la preparazione "di innumerevoli dosi e quindi tale da creare le condizioni di agevolazione del consumo nei riguardi di un rilevante numero di tossicodipendenti con conseguente grave pericolo per la salute pubblica".

Si tratta di una motivazione congrua perchè rispondente all’obbligo motivazionale imposto dalla Corte di cassazione nella sentenza di annullamento, che aveva espressamente censurato la decisione impugnata per avere omesso di motivare riguardo alla "qualità delle sostanze negoziate, con riferimento alla qualità del principio attivo di stupefacente".

La motivazione risulta, inoltre, conforme ai principi generalmente affermati in sede di legittimità ove, ai fini del riconoscimento della circostanza aggravante dell’ingente quantità di sostanza stupefacente, prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2, di regola, possono definirsi ingenti i quantitativi di droghe pesanti (ad esempio, eroina e cocaina) o leggere (ad esempio, hashish e marijuana) che, sulla base di una percentuale media di principio attivo per il tipo di sostanza, siano rispettivamente al di sopra dei limiti di chilogrammi 2,5 e di chilogrammi 50; (Cassazione penale, sez. 6, 02/07/2010, n. 28126).

Invero, ai fini del riconoscimento dell’aggravante dell’ingente quantità di stupefacenti illecitamente detenuti, occorre tenere conto non solo dell’elemento ponderale, ma anche del principio attivo della sostanza, della qualità dello stupefacente e degli effetti negativi causati agli assuntori, (Cassazione penale, sez. 3, 11/05/2010, n. 23915) come opportunamente rilevato in sede di decisione di annullamento e come puntualmente motivato nella decisione qui impugnata.

Del tutto infondato è poi il motivo con il quale si intenderebbe dimostrare l’inadeguatezza di tale giudizio rispetto alla diversa valutazione effettuata nel giudizio a carico di R.K. (coimputato in reato connesso, definito con giudizio separato), risultando all’uopo del tutto congrua la motivazione impugnata laddove osserva che il trattamento più benevolo riservato al coimputato non poteva risultare vincolante nel presente giudizio nè idoneo ad indirizzare l’interpretazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2.

Il motivo relativo al trattamento sanzionatorio resta assorbito dalla presente decisione.

Segue il rigetto del ricorso atteso che i motivi proposti, pur se non manifestamente inammissibili, risultano infondati per le ragioni sin qui esposte;

Ai sensi dell’art. 592 c.p.p., comma 1, e art. 616 c.p.p. il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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