Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 04-05-2011) 30-06-2011, n. 25774

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ha proposto ricorso per cassazione M.A.A., per mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino del 9.6.2010, che in riforma della sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal locale Tribunale il 30.6.2006, per il reato di tentata estorsione della somma di L. 800.000.000, e per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, così diversamente qualificata l’estorsione consumata originariamente contestata al capo A) con riferimento alla consegna, all’imputato, da parte della persona offesa, della somma di L. 30.000, fatti entrambi contestati al capo A) della rubrica accusatoria, e per il reato di fabbricazione di prodotti esplodenti non riconosciuti (capo C), dichiarò la prescrizione di quest’ultimo reato e del reato di cui all’art. 393 c.p., e ridusse la pena inflittagli, confermando nel resto la decisione di primo grado.

Secondo l’accusa, l’imputato, titolare dell’impresa Nordrifiuti, avrebbe inutilmente tentato, ponendo in essere gravi condotte intimidatorie, di ottenere dai fratelli D.F.F. ed E., titolari della "Servizi Torino" s.r.l., il versamento della somma di L. 800.000.000 in dipendenza di prestazioni professionali collegate allo smaltimento di rifiuti con modalità illecite; sarebbe riuscito poi a farsi consegnare la somma di L. 30.000.000 ancora una volta con atti di intimidazione, quale acconto sulla restituzione del maggior prestito di L. 100.000.000 in precedenza effettuato a favore delle stesse persone offese (si tratta dell’episodio oggetto della riqualificazione ai sensi dell’art. 393 c.p. nella sentenza di primo grado). Con l’atto di appello, il M. aveva lamentato la mancata assoluzione dal delitto di tentata estorsione, e dal reato di uso di materiale esplodente.

I giudici di appello, quanto alla tentata estorsione, procedevano dalla considerazione della effettiva sussistenza di rapporti commerciali tra la soc. "Servizi Torino" s.r.l. gestita dai fratelli D.F., e l’impresa di autotrasporti "Nordrifuti" del M., nell’ambito dei quali l’imputato aveva eseguito per conto della "Servizi" trasporti di rifiuti speciali e pericolosi presso due discariche abusive site nel napoletano. In conseguenza di queste prestazioni il M. aveva maturato un credito non precisamente determinato nel suo ammontare ma comunque consistente, secondo l’imputato pari a circa L. 700-800 milioni. Il persistente indampimento della "Servizi" avrebbe quindi indotto l’imputato a ricorrere ad energici quanto illeciti mezzi di pressione sul proprio debitore, per costringerlo al pagamento, in particolare con l’utilizzazione di ordigni esplosivi, tre lanciati in un’occasione nel giardino dell’abitazione del D.F.E., uno verso l’abitazione della madre dei due fratelli D.F..

Una telefonata intercettata avrebbe inequivocabilmente ricondotto al M. come l’autore delle gravi intimidazioni. Il connotato estorsivo della condotta del M. veniva individuato dai giudici di appello sia nell’illiceità, comune ad entrambe le parti, del rapporto sottostante alle pretese creditorie, che nell’assoluta sproporzione dei mezzi intimidatori usati dall’imputato a sostegno delle sue rivendicazioni. La difesa eccepisce il vizio di mancanza e contraddittorietà "della sentenza" in relazione alla qualificazione giuridica del fatto alla luce delle indicazioni desumibili dal contenuto di alcune conversazioni intercettate o registrate, acquisite agli atti, e di cui si sollecita a questa Corte la rilettura. In sostanza, il contenuto delle interlocuzioni rivelerebbe che le uniche richieste di denaro avanzate dall’imputato nei confronti della persona offesa, riguardassero la restituzione di un mutuo di L. 100 milioni, e fossero state sostenute con modalità non estorsive. Su questa prospettazione difensiva, già dedotta con i motivi di appello, la Corte territoriale non avrebbe fornito alcuna risposta, la totale carenza di motivazione essendo assorbente rispetto ai profili di merito della questione. In ogni caso, l’imputato avrebbe agito sulla base di pretese creditorie azionabili in via esecutiva, in quanto fondate su assegni bancari; infine, la motivazione della sentenza impugnata sarebbe carente anche in ordine alla qualificazione come illeciti dei rapporti dell’imputato con la Servizi Torino e in ordine all’identificazione dell’imputato come autore delle condotte intimidatorie, considerando anche che il M. era stato assolto già con la sentenza di primo grado dal reato di porto abusivo di armi da fuoco.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

La difesa oppone al percorso argomentativi della sentenza impugnata, lineare e coerente, tanto in punto di fatto che di diritto, alternative valutazioni di merito, in larga parte nemmeno specifiche rispetto alle motivazioni della corte territoriale, e comunque vagamente fondate su confusi riferimenti alle risultanze istruttorie, dalle quali dovrebbero desumersi che tutte le pretese dell’imputato nei confronti delle persone offese sarebbero state invariabilmente riferibili alla restituzione del prestito di L. 100 milioni, deduzione accompagnata dal riferimento a singoli incisi delle conversazioni intercettate selezionati in funzione delle esigenze difensive.

Non è poi comprensibile il riferimento ai rapporti commerciali intrattenuti dalle parti, nè al regolamento dei pagamenti con assegni bancari, perchè l’esistenza di rapporti leciti non esclude rapporti di natura diversa, mentre l’astrattezza dei titoli di credito non ha nulla a che fare con le valutazioni del caso, tanto più che per l’importo di L. 80.000.000 riferibile allo smaltimento illecito di rifiuti speciali e pericolosi, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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