Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 04-05-2011) 30-06-2011, n. 25771

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

1. Hanno proposto ricorso per cassazione D.L.F. e D. L.A., per mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Reggio Calabria del 20.4.2010, che in riforma della più severa sentenza di condanna pronunciata nei loro confronti dal Tribunale di Palmi il 9.7.2009, per il reato di rapina aggravata in concorso ai danni di G.W. e G. D., ridusse la pena agli stessi inflitta, confermando nel resto la decisione di primo grado.

Secondo l’accusa, i due imputati, agendo in concorso tra loro, si erano impossessati con violenza e minaccia della somma di Euro 25.000 sottraendola alle due persone offese all’interno dell’abitazione della madre degli stessi imputati in (OMISSIS), dove tutte le parti, titolari di interessi comuni nel settore del commercio di prodotti ortofrutticoli, avevano deciso di incontrarsi per discutere dell’acquisto di due furgoni.

I due D.L. avrebbero quindi sollecitato alle persone offese l’anticipata consegna del denaro occorrente, e alle rimostranze dei G. si sarebbero senz’altro direttamente appropriati del contante detenuto da questi ultimi, spintonandoli contro un muro e formulando nei loro confronti minacce di morte.

La difesa solleva anzitutto una questione processuale, rilevando che del rinvio dell’udienza del 2.2.2010, disposto per impedimento di D. L.A., non venne dato avviso nè all’interessato nè al coimputato D.F. nè a quello tra i due difensori di fiducia degli imputati assente alla stessa udienza; deduce quindi, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b), c) ed e), la violazione dell’art. 484 c.p.p., artt. 420 ter e quater c.p.p., in relazione all’art. 178 c.p.p., lett. c), e la nullità del giudizio di appello.

Con gli altri motivi, deduce anzitutto, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), il vizio di carenza, insufficienza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, per mancato esame e valutazione di emergenze probatorie rilevanti e fondamentali, travisamento della prova, motivazione apparente. La versione dei fatti fornita dai due imputati sarebbe stata ingiustificatamente disattesa dalla Corte territoriale. Le dichiarazioni delle pp.oo, portatrici di interessi conflittuali con quelli degli imputati, avrebbero dovuto indurre i giudici di appello ad una più prudente valutazione della loro attendibilità; le pp.oo non presentarono denuncia nell’immediatezza dei fatti ma ben oltre un’ora e mezza dopo; sarebbe del tutto incredibile che D. F. potesse avere commesso i fatti alla presenza della madre e della sorella; la registrazione di una telefonata tra D. F. e uno dei G. smentirebbe pp.oo; il D. F. avrebbe avuto tutto il "diritto" di trattenere i Euro 25.000 ricevuti per l’acquisto dei mezzi a fronte della denuncia calunniosa proposta nei suoi confronti, fino a che le pp.oo non l’avessero ritirata; incompatibile con l’accusa di rapina, sarebbe inoltre l’indicazione di G.D. secondo cui le pp.oo rimasero a casa dei congiunti degli imputati per due ore, in attesa dell’arrivo di D.F.; i chiarimenti forniti in dibattimento da G.D. escluderebbero comunque il concorso di A.; ma escluderebbero anche le pressioni estorsive, potendosi quindi ravvisare nei fatti, al più, il delitto di furto.

Ancora, sarebbe ingiustificata la mancata riduzione prevista per il rito abbreviato, in quanto altrettanto ingiustificato il rigetto della richiesta moderatamente condizionata avanzata dagli imputati;

soltanto apparente, infine, la motivazione del rigetto delle richieste difensive dirette alla concessione delle attenuanti generiche e comunque eccessivo il trattamento sanzionatorio, considerando la minima antigiuridicità della condotta, la lunga carcerazione preventiva, le condizioni individuali e familiari degli imputati "e simili altri elementi di specie" (così testualmente in ricorso), risultando quindi obliati, nella motivazione della sentenza, i fattori etico-giuridici rilevanti nelle valutazioni del caso.

Al ricorso sono allegati numerosi atti processuali.

Motivi della decisione

2. La preliminare questione processuale deve ritenersi nella migliore delle ipotesi il frutto di un ricordo alquanto impreciso del difensore.

Dal controllo degli atti del giudizio di appello consentito dalla natura della questione, risulta infatti che il verbale dell’udienza del 2.2.2010, rinviata al successivo 20 Aprile per il legittimo impedimento di D.L.A., fu regolarmente notificato all’interessato in data 25.2.2010, a cura della Tenenza cc di Rosarno, a mani della moglie A.A., debitamente identificata con l’annotazione degli estremi della sua carta di identità. Perfettamente regolare fu quindi anche la dichiarazione di contumacia dello stesso imputato all’udienza del 20.4.2010, in ordine alla quale, del resto, nulla osservò la difesa. Nessun avviso spettava invece al difensore assente e all’altro imputato, subito dichiarato contumace all’udienza del 2.2.2010 e rappresentato quindi ad ogni effetto dai suoi difensori di fiducia, uno dei quali peraltro presente.

3. Per il resto, la motivazione della sentenza impugnata non si presta a censura alcuna. Tutte le deduzioni proposte dalla difesa in questa sede di legittimità, sono state già esaminate ed adeguatamente confutate dalla Corte territoriale, e appaiono comunque decisamente inconsistenti. E così, non appare affatto illogico che i due imputati potessero contare, se non sulla connivenza, quanto meno sulla "discrezione" dei propri stretti congiunti (la madre e la sorella), presenti nell’abitazione di (OMISSIS) al momento dei fatti;

palesemente incongrue sono le deduzioni difensive sulla presunta "intempestività" della querela, presentata non "ben" un’ora e mezzo dopo, ma "appena" un’ora e mezza dopo, e, quindi, in tempi che rivelano un’immediatezza di reazione delle persone offese alle prevaricazioni subite, tendenzialmente incompatibile con la previa concertazione di iniziative calunniose; le più attenuate dichiarazioni dibattimentali delle persone offese, non solo non indicano un mutamento radicale dell’originario atteggiamento accusatorio, ma nemmeno "sostituiscono" le dichiarazioni precedenti, acquisite agli atti, come ricordano i giudici di appello, ex art. 500 c.p.p., comma 4, cioè in una situazione che consente di attribuire a pressioni illecite il timido atteggiamento dibattimentale delle persone offese; correttamente i giudici territoriali hanno rilevato il concorso di D.L.A., presente all’azione di violenta sottrazione della refurtiva alle persone offese, in circostanze in effetti rivelatrici della sua piena solidarietà di interessi e di intenti con il fratello, e apportatore di un dato numerico di rafforzamento della minaccia; e mai dissociatosi, peraltro, dalla condotta criminale del congiunto. Vanamente, poi, la difesa ritorna sul contenuto della conversazione registrata su iniziativa di D. L.F. con una delle persone offese, di cui giustamente i giudici territoriali rivelano l’insuperabile ambiguità rispetto al suo presunto rilievo scagionante, tra l’altro in considerazione dell’atteggiamento di scusa del D.L.. In definitiva, resta del tutto condivisibile la valutazione dell’attendibilità delle persone offese da parte dei giudici territoriali, a partire dal dato pacifico del "trasferimento" della somma di Euro 25.000 dalle persone offese a D.L.F. in assenza di qualunque attuale contropartita, ed essendo in effetti inverosimile l’ipotesi dell’anticipazione spontanea di una somma così cospicua in vista di un affare di ancora incerta conclusione. E appare francamente più che discutibile, sul piano dei principi, l’affermazione difensiva che il D.L. avesse il "diritto" di trattenere la somma fino al ritiro della denuncia, essendo al contrario evidenti le virtuali connotazioni di illiceità penale di una simile pretesa.

4. Quanto alle questioni subordinate, va osservato, per quel che riguarda la mancata applicazione della diminuente di cui all’art. 442 c.p.p., che l’integrazione probatoria nel rito abbreviato presuppone non solo la compatibilità della richiesta condizionata con le esigenze di speditezza proprie del procedimento speciale, ma anche l’incompletezza di un’informazione probatoria in atti e una prognosi di positivo completamento del materiale a disposizione per il tramite dell’attività integrativa, essendo ovvio che tali ultimi requisiti difettino, di norma, nella richiesta di rinnovazione di prove già acquisite (cfr. Corte di Cassazione SENT. 05229 14/01/2009 – 05/02/2009 SEZ. 2 Massaroni Gabrieli, dove la precisazione che il rito speciale non deve comunque essere illegittimamente piegato per attivare in maniera surrettizia il meccanismo del contraddittorio, in contrasto con la natura del giudizio abbreviato che prevede una decisione allo stato degli atti). Nella specie, basta quindi considerare che la richiesta di integrazione probatoria riguardava il nuovo esame delle persone offese, già sentite nel corso delle indagini preliminari.

I motivi sul trattamento sanzionatorio, infine, appaiono del tutto vaghi o fondati su deduzioni incontrollabili, come risulta dalla loro pressochè letterale trascrizione, tanto più a fronte delle corrette valutazioni della Corte territoriale sulla gravità dei fatti e sui pesanti precedenti penali di entrambi gli imputati.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1500,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa degli stessi ricorrenti nella determinazione della causa di inammissibilità, avuto riguardo soprattutto all’avventatezza della questione processuale.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1500,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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