T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 05-07-2011, n. 5932 Indennità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 21 novembre 2000, depositato nei termini, il Maresciallo Ordinario M.M. ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva:

della nota 27 settembre 2000, n. 379/14TE, con la quale il Comando Regione Carabinieri Sardegna ha chiesto l’estinzione del debito pari a lire 9.687.425, somma che il sig. Mascia avrebbe percepito in eccedenza rispetto a quanto dovutogli a titolo di indennità di missione all’estero;

della nota 20/10/2000 n. 379/21 T.E. con la quale lo stesso Comando informa il ricorrente che si procederà al recupero della somma di lire 4.859.590 da lui percepita in eccedenza dal ricorrente medesimo rispetto a quanto dovutogli a titolo di indennità per la missione compiuta in Albania dal 1° gennaio 2000 al 28 febbraio 2000;

di ogni altro atto anteriore e conseguente, ivi compreso: il provvedimento di determinazione finale della diaria spettante al ricorrente per la partecipazione alla missione UEOMAPE in Albania per il periodo compreso dal 1° gennaio 2000 al 28 febbraio 2000;

del provvedimento, (assertivamente) di data e tenore sconosciuti, posto a base della nota 27/9/2000 del Comando Regione Carabinieri Sardegna.

Il ricorrente chiede, altresì, il conseguimento del corretto ed integrale trattamento economico di missione all’estero dovuto per la partecipazione alla suddetta missione nei due periodi continuativi, protrattisi rispettivamente dall’11/10/1998 al 25/4/1999 e dal 12/7/1999 al 28/2/2000.

A sostegno del gravame il ricorrente deduce le seguenti censure:

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 7, 8, 9 e 10 della legge n. 241/1990 – Eccesso di potere per sviamento, carenza assoluta di motivazione, errore sui presupposti e travisamento dei fatti:

1.1)L’interessato lamenta la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di cui all’art. 7 della legge n.241/90 e la assoluta carenza di motivazione del gravato provvedimento.

2)Violazione e falsa applicazione delle stesse norme indicate nel precedente motivo di ricorso. Eccesso di potere per errore sui presupposti e travisamento dei fatti:

2.1)il ricorrente contesta taluni errori effettuati dalla Sezione Missioni all’estero dell’UAS del Ministero della Difesa.

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 5, legge 3 agosto 1998, n. 270, dell’art. 1 R.D. 3 giugno 1926, n. 941 e degli artt. 1 e 3 legge 8 luglio 1961 n. 642. Eccesso di potere per errore sui presupposti e carenza di motivazione:

3.1)il Mascia sostiene che anche al personale dell’Arma dei Carabinieri partecipante alla missione MAPE andrebbe corrisposto il trattamento economico previsto dall’art. 4 della legge n. 300/98, da cui, il proprio diritto a percepire la differenza tra quanto corrispostogli a titolo di anticipazioni, e quanto a lui dovuto in applicazione del suddetto art. 4.

4) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 4, e 5 della legge n. 270/1998, e dell’art. 4, della legge n. 300/1998, nonché dell’art. 3 Cost.:

4.1)A suo dire, nel caso in cui l’art. 5, secondo comma, della legge n. 270/1998 venisse interpretato in modo tale da ritenere che esso preveda effettivamente il trattamento economico così come percepito dal ricorrente, la norma stessa risulterebbe inficiata di illegittimità costituzionale per ingiustificata disparità di trattamento in aperto contrasto dell’art. 3 Cost.

Con successivi motivi aggiunti, seguiti da seconda memoria del 26 giugno 2002 notificata a controparte e depositata il successivo 5 luglio, il ricorrente contesta l’affermazione dell’Amministrazione resistente circa un suo debito nei confronti della stessa per la missione in Bosnia del 1997, così come l’esistenza di una presunta situazione debitoria del ricorrente per le missioni svolte in Albania nei periodi considerati.

L’Amministrazione intimata si è formalmente costituita in giudizio a mezzo dell’Avvocatura Generale dello Stato.

Alla Camera di Consiglio del 26 febbraio 2001 l’istanza incidentale di sospensione è stata definitivamente accolta nei limiti del disposto recupero.

Con memoria depositata il 13 ottobre 2010, il ricorrente illustra meglio le proprie argomentazioni difensive insistendo nelle conclusioni di cui alla memoria del 26 giugno 2002.

Alla pubblica udienza del 17 novembre 2010 la Sezione, con ordinanza n. 334/2011, ha chiesto all’intimata amministrazione una documentata relazione di chiarimento in ordine alle questioni di fatto e di diritto dedotte in ricorso, avuto riguardo al calcolo delle somme eventualmente dovute dal ricorrente.

L’incombente istruttorio è stato assolto.

Con memoria depositata il 9 marzo 2011, parte ricorrente contesta la circostanza che si trattasse di militare inviato in missione "non inquadrato".

Con memoria depositata il 21 marzo 2011, il sig. Mascia contesta l’adempimento tardivo dell’ordinanza collegiale istruttoria ed insiste per l’accoglimento del gravame.

All’udienza del 13 aprile la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

Il maresciallo Mascia impugna la nota 27 settembre 2000 con la quale l’amministrazione gli ha chiesto di estinguere un presunto debito di lire 9.687.425 nonché la nota 20 ottobre 2000 con la quale sempre l’intimata amministrazione lo informava che si sarebbe proceduto al recupero della somma di lire 4.859.590 assertivamente percepita in eccedenza dal militare nel periodo di missione in Albania dal 1/1/2000 al 28/2/2000.

Il ricorrente contesta i presupposti normativi applicati dall’amministrazione a base del calcolo delle indennità di missione e, quindi, i relativi conguagli siccome erronei.

L’amministrazione, nell’effettuare il calcolo delle indennità e dei relativi conguagli, ha considerato anche la missione in Bosnia per la quale essa vanterebbe un credito portato, appunto, a conguaglio del divisato calcolo.

In limine, il Collegio osserva che la controversia appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

La posizione azionata e posseduta dal ricorrente ha, invero, consistenza di diritto soggettivo. L’azione proposta in giudizio è, dunque, di accertamento; segnatamente: di tipo confessorio, laddove si rivendica un credito vantato nei confronti dell’amministrazione; di tipo negatorio, laddove si contestano i presupposti di diritto e di fatto sottesi alla pretesa restitutoria avanzata dall’amministrazione.

Nel merito, il ricorso è parzialmente fondato.

Come sopra chiarita la natura del presente giudizio, perdono, innanzitutto, di consistenza i dedotti vizi di difetto di motivazione e mancata comunicazione di avvio del procedimento siccome afferenti all’esercizio della funzione amministrativa, spendibili nell’ambito del giudizio impugnatorio ed a fronte di posizioni soggettive aventi consistenza di interesse legittimo.

In punto di fatto, il Collegio ritiene sufficientemente comprovato, alla stregua della documentazione versata in giudizio, che:

la missione assegnata al ricorrente era di tipo "ordinaria": tanto si evince dal foglio di viaggio n. 65/1998 in cui è annotata l’indicazione della "missione per servizio isolato da Roma a Tirana";

il ricorrente è stato, infatti, autorizzato ad anticipare le spese di vitto ed alloggio, facoltà da lui esercitata (e che ha dato origine ai problemi di calcolo per cui è causa), e che non è consentita, invece, come chiarito dall’amministrazione, al personale "contingentato che dispone di strutture all’uopo predisposte".

Ciò chiarito in punto di fatto, la questione centrale consiste nell’individuare la corretta fonte normativa che regola il rapporto controverso.

Ad avviso del Collegio, considerata la natura della missione per come documentata in atti, la fonte di riferimento (iura novit curia) è – ratione temporis – il regio decreto 3 giugno 1926, n. 941 recante "Indennità al personale dell’amministrazione dello Stato incaricato di missione all’estero" come interpretato in via autentica dall’art. 39, vicies semel, comma 39, del decreto legge 30 dicembre 2005 n. 273 convertito in legge 23 febbraio 2006, n. 51 (recante "Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti").

E’ bene riportare il testo degli articoli per quanto qui di interesse.

Recita l’art. 1 del R.D. n. 941/1926 che: Ai personali civili e militari dello Stato, destinati in missione all’estero, sono corrisposte le seguenti indennità giornaliere…"

Stabilisce il successivo art. 3, c. 1°, che "Ai componenti le delegazioni italiane presso commissioni, enti o comitati internazionali, che si rechino all’estero per partecipare alle relative riunioni, spetta sulle indennità ai termini del precedente art. 1 e per un periodo non superiore ai 30 giorni, l’aumento del 30 per cento. Eguale aumento e per lo stesso periodo di tempo spetta ai personali di tutte le amministrazioni, sia civili che militari, che si rechino all’estero in commissione, per rappresentanza del governo, oppure anche isolatamente per partecipare a commissioni di carattere internazionale".

Statuisce, infine, l’art. 39, vicies semel, comma 39, del decreto legge 30 dicembre 2005 n. 273 convertito in legge 23 febbraio 2006, n. 51 che "L’articolo 1 del regio decreto 3 giugno 1926, n. 941, gli articoli 1, primo comma, lettera b), e 3 della legge 8 luglio 1961, n. 642, e l’articolo 4, c.1.. lett. a) della legge 27 dicembre 1973, n. 838 si interpretano nel senso che i trattamenti economici ivi previsti hanno natura accessoria e sono erogati per compensare disagi e rischi collegati all’impiego, obblighi di reperibilità e disponibilità ad orari disagevoli, nonché in sostituzione dei compensi per il lavoro straordinario".

Il Legislatore, spazzando via ogni dubbio, ha chiarito definitivamente – con l’art. 39, vicies semel, comma 39, del citato d.l. 30 dicembre 2005 n. 273 – che il regio decreto n. 941/1926, laddove disciplina l’indennità di missione all’estero, anche soltanto per servizi isolati (come nella fattispecie), copre tutti i disagi, rischi e reperibilità ivi incluse le prestazioni di lavoro straordinario.

Ebbene, trattandosi di norma di interpretazione autentica essa trova applicazione a tutti i rapporti pendenti, ovvero non ancora esauriti, come quello hodie sottoposto all’esame del Collegio.

Si potrebbe obiettare che la disciplina di cui sopra regoli fattispecie ontologicamente diverse da quelle sottoposte a giudizio. La tesi, forse plausibile in passato, è smentita o superata dalla lettura coordinata degli artt. 1 e 3 del citato regio decreto con l’art. 39 della legge 23 febbraio 2006, n. 51 che del suddetto art. 1 ha fornito l’interpretazione autentica facendo confluire, nel suo testo originario, anche le prestazioni di lavoro straordinario svolte in missioni isolate all’estero per commissioni di carattere internazionale.

Analizzando meglio la portata precettiva della disposizione normativa quanto ad ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione, il Collegio è dell’avviso che il citato comma 39 concerne, peraltro, anche fattispecie relative al personale militare destinato isolatamente presso Delegazioni o Rappresentanze militari all’estero (artt. 1 e 3 della legge n. 642 del 1961) nonché al personale facente parte degli addetti della difesa (art. 4, L 838 del 1973).

Giova soggiungere, che l’art. 3 del regio decreto n. 941/1926 è stato abrogato dall’art. 28, c. II, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 recante "Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale") ma soltanto a far data dalla entrata in vigore (4 luglio 2006) di quest’ultimo. E’ evidente, pertanto, che, involgendo la presente controversia questioni di diritto relative al periodo anteriore, l’effetto abrogativo non tange.

Esposto il quadro normativo generale, deve ora annotarsi che è lo stesso legislatore, nell’esercizio della propria discrezionalità politica, ad individuare, di volta in volta, eventuali deroghe alla normativa di cui al menzionato R.D. 941 del 1926.

Nel caso specifico, per quanto riguarda il personale inviato in missione per esigenze MAPEUEO, la fonte normativa di riferimento è senza dubbio il R.D. n. 941/1926 per effetto dei rinvii operati dal combinato disposto degli artt. 4, c. 2 e 5 della L. n. 270/1998 e dell’art. 3 del D.L. 13/1/1998, n. 1, convertito in legge 13/3/1998, n, 42 all’art. 2 della L. n. 18/12/1997, n. 439 che a sua volta prescrive la corresponsione del trattamento economico di missione all’estero secondo modalità di cui al citato regio decreto n. 941/1926.

E’ evidente, pertanto, ad avviso del Collegio, che detta indennità, nella misura applicata dall’amministrazione, copre ed esaurisce, ai sensi del combinato disposto di cui al R.D. n. 941/1926 e L. n. 439/1997, art. 2, tutte le altre indennità e costituisce la pertinente fonte normativa per il calcolo del trattamento economico di missione all’estero.

Correttamente, pertanto, l’intimata amministrazione si è determinata al trattamento economico di missione facendo applicazione del R.D. n. 941/1996.

Giusta la fonte, ne consegue che anche il calcolo delle indennità – effettuato secondo le modalità colà indicate e tenuto conto del complessivo impiego fuori area del ricorrente nei territori della ex Iugoslavia e dell’Albania nell’ambito della "Missione bilaterale interforze" – s’appalesa corretto, avendo l’amministrazione dato ampia ed esaustiva dimostrazione dei conteggi effettuati mediante allegazione di pertinenti documenti e pezze di appoggio non altrimenti confutati dall’interessato.

Fondato s’appalesa, invece, il ricorso, nella parte in cui il ricorrente nega l’esistenza del credito per la missione in Bosnia del 1997.

La stessa amministrazione ha affermato, nella relazione del 4 marzo 2011, che il "ricorrente aveva già rimborsato (…) sino al 14 maggio 1999 il proprio debito derivante dal conguaglio dei conteggi relativi alla missione in BosniaErzegovina del 1997"; da cui, l’infondatezza della pretesa, non comprovata nei fatti.

Il ricorrente si è lamentato, nell’ultima memoria, del tardivo adempimento istruttorio da parte del Ministero resistente e chiede che tale comportamento sia valutato ai fini del regolamento delle spese.

La doglianza è infondata.

Con ordinanza collegiale n. 20178/2000, il Collegio aveva chiesto "una documentata relazione da parte dell’Amministrazione resistente" assegnando, per l’esecuzione dell’adempimento, "il termine di 30 (trenta) giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente ordinanza ovvero dalla sua notificazione, se anteriore" La documentazione è stata depositata in giudizio il 9 marzo 2011, trentacinque giorni prima dell’udienza fissata per il 13 aprile successivo.

Il Collegio osserva che il deposito documentale di che trattasi si pone in stretta e diretta correlazione, nella particolarità della fattispecie, con l’obbligo che incombe sull’amministrazione, ai sensi dell’art. 46, c. 2°, D.Lvo n. 104/2010, di depositare in giudizio "gli atti e i documenti in base ai quali l’atto è stato emanato, quelli in essi citati e quelli che l’amministrazione ritiene utili al giudizio". Il Collegio, infatti, ha chiesto la "documentata relazione da parte dell’Amministrazione resistente" per conoscere i presupposti di fatto ("questioni di diritto e di calcolo delle somme eventualmente dovute dal ricorrente, evidenziate nel ricorso introduttivo e nei successivi motivi aggiunti") in base ai quali l’amministrazione si è determinata nei divisati sensi.

Trattandosi di adempiere ad un incombente funzionale all’acquisizione "degli atti e dei documenti in base ai quali l’atto è stato emanato", il termine colà assegnato non ha natura perentoria, neppure essendo stato così qualificato dal giudice.

Si tratta di appurare se il deposito della documentazione effettuato oltre il termine di trenta giorni indicato nell’ordinanza collegiale può avere inciso limitandolo, sul diritto di difesa del ricorrente.

Il Collegio esclude, nel caso specifico, una siffatta evenienza.

La documentazione è stata depositata il 9 marzo 2011. Il ricorrente ha potuto avvalersi del proprio diritto a presentare sia memorie che note di replica, essendo stati garantiti i rispettivi termini a difesa.

Il Collegio ritiene, dunque, che non siano stati alterati, nella particolarità del caso, i principi del contraddittorio.

In conclusione, per quanto sopra esposto, il ricorso è parzialmente fondato nei limiti di cui sopra.

Per l’effetto, l’intimata amministrazione dovrà provvedere al conteggio del conguaglio escludendo dalla base del calcolo quanto già rimborsato dal ricorrente sino al 14 maggio 1999 per la missione in BosniaErzegovina del 1997.

La reciproca soccombenza è giusta causa per disporre la compensazione delle spese processuali e di giustizia.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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