Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-03-2011) 30-06-2011, n. 25844 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 9.1.2010, il Tribunale di Firenze, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’opposizione proposta da C. P. e G.B. avverso il provvedimento con cui il medesimo Tribunale aveva respinto l’istanza da essi proposta, intesa ad ottenere l’estinzione della pena pecuniaria ad essi irrogata dalla Corte d’appello di Torino il 22.2.1993, irrevocabile il 19.1.1994, concernente la loro condanna per i reati di contrabbando, bancarotta fraudolenta e violazione dei sigilli.

2. Il Tribunale, dopo avere rilevato la propria competenza funzionale, ha ritenuto che, ai sensi dell’art. 101 c.p., dovevano ritenersi come reati della stessa indole non solo quelli che violavano la stessa disposizione di legge, ma anche i reati che, sebbene previsti da diverse disposizioni di legge, presentavano affinità tali da conferire ai casi concreti caratteri psicologici fondamentalmente comuni, si che il reato di truffa, commesso dai richiedenti, doveva ritenersi della medesima specie rispetto ai reati di bancarotta e di contrabbando; e rispetto a tali ultimi reati, la cui condanna era divenuta esecutiva in data 19.1.1994, la condanna per truffa, intercorsa durante il tempo necessario per l’estinzione della pena, impediva, ai sensi dell’art. 172 c.p.p., comma 7, la declaratoria di estinzione della pena nei confronti dei richiedenti per decorso del tempo.

3. Avverso detto provvedimento del Tribunale di Firenze hanno proposto ricorso per cassazione C.P. e G.B. per il tramite del loro comune difensore, che ha dedotto tre motivi di ricorso.

Col primo motivo lamenta errata applicazione dell’art. 665 c.p.p., comma 4, in quanto la richiesta di estinzione della pena, da essi ricorrenti fatta ex art. 172 c.p.p., riguardava solo ed univocamente la sentenza emessa il 22.2.1993 dalla Corte d’Appello di Torino, senza alcun collegamento con la sentenza emessa il 24.9.01 dal Tribunale di Firenze, si che competente a decidere era solo ed unicamente la Corte d’Appello di Torino.

Col secondo motivo lamenta erronea applicazione dell’art. 101 c.p., concernente la definizione dei reati della stessa indole, in quanto il delitto di truffa non poteva ritenersi della stessa indole rispetto ai reati di contrabbando e bancarotta fraudolenta, atteso che il reato di truffa era un reato contro il patrimonio, mentre invece il contrabbando era un reato inteso a tutelare un interesse pubblicistico connesso alle entrate finanziarie dello Stato ed il reato di bancarotta fraudolenta tutelava l’economia pubblica ed i correlati interessi privatistici; e non era rilevante ai fini della valutazione della medesima indole dei reati in questione la circostanza che si trattasse di reati eseguiti a scopo di lucro nell’esercizio di attività imprenditoriale.

Col terzo motivo lamenta errata interpretazione ed applicazione degli artt. 172 ed 81 cpv. c.p., in quanto non era stata dichiarata estinta per intervenuta prescrizione nemmeno la pena pecuniaria pari ad Euro 15.493,71, di cui alla sentenza della Corte d’Appello di Firenze del 13.3,1988, definitiva il 29.1.90, assorbita per il vincolo della continuazione dalla sentenza emessa dal Tribunale di Torino, il cui autonomo termine prescrizionale era scaduto il 30.1.2000. Invero la disciplina del reato continuato doveva far ritenere quest’ultimo come unico reato solo ai fini della determinazione della pena, mentre per ogni altro effetto giuridico doveva farsi riferimento ai singoli reati riuniti con l’anzidetto vincolo.

Motivi della decisione

1. E’ infondato il primo motivo di ricorso proposto da G. B. e C.P..

Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, la competenza a trattare la loro istanza spetta al Tribunale di Firenze, quale giudice dell’esecuzione, atteso che, ai sensi dell’art. 665 c.p.p., comma 4, nella specie la sentenza passata in giudicato per ultima nei confronti dei ricorrenti è stata appunto quella emessa dal Tribunale di Firenze, a nulla rilevando che l’estinzione della pena sia stata da essi chiesta con riferimento ad una precedente sentenza e cioè a quella emessa nei loro confronti dalla Corte d’appello di Torino il 22.2.1993, valendo l’anzidetto criterio d’individuazione del giudice dell’esecuzione sempre ed in ogni caso, purchè sussistano, come nel caso in esame, una pluralità di sentenze emesse nei confronti dei soggetti richiedenti.

2. E’ altresì infondato il secondo motivo di ricorso proposto da G.B. e C.P..

Si osserva invero che per reati della stessa indole di cui all’art. 101 cod. pen. devono intendersi non solo quelli che violano una medesima disposizione di legge, ma anche quelli che, pur essendo previsti da testi normativi diversi, per la natura dei fatti ovvero dei motivi che li hanno determinati, presentano, nel caso concreto, caratteri fondamentali comuni, rilevabili anche a prescindere dall’identità del bene protetto, e cioè facendo riferimento alle modalità di esecuzione, ovvero ai comuni moventi economici che hanno indotto il soggetto a commettere i reati in esame (cfr. Cass. 2A, 21.10.2010 n. 40105, rv. 248774).

Applicando tale orientamento giurisprudenziale alla specie in esame, va ritenuto che, nella specie, fra il delitto di truffa da un lato e quelli di contrabbando e di bancarotta fraudolenta da un altro è certamente ravvisabile la medesimezza dell’indole, in quanto trattasi di reati comunque commessi dai ricorrenti sotto la spinta di un medesimo movente economico, rappresentato dall’intento di assicurare per sè un ingiusto arricchimento, si che trattasi di reati attinenti alla medesima sfera economica, caratterizzati inoltre da un comune intento fraudolento.

3. E’ infondato infine il terzo motivo di ricorso proposto da G.B. e C.P..

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, cui si è uniformato il giudice a quo, in ipotesi di applicazione della continuazione fra un reato da giudicare ed uno già giudicato con precedente pronuncia divenuta irrevocabile, il termine di prescrizione della pena è da ritenere decorrente dal passaggio in giudicato della seconda sentenza, a prescindere dal fatto che, con la seconda sentenza, venga determinata la sanzione per il reato ritenuto più grave, ovvero venga ritenuta come pena base quella inflitta con la precedente pronuncia; le due pene invero diventano uniche in base al nuovo titolo, che, nell’ambito di una qualificazione parzialmente nuova dei vari reati, a seguito del loro inquadramento in un contesto criminoso unitario, ridetermina globalmente l’entità della pena e cioè sia di quella base, sia quella relativa ai ed. reati satelliti (cfr. Cass. 1A, 22.12.2006 n. 5854, rv. 235901).

E’ bensì vero che, secondo altro indirizzo giurisprudenziale, cui han fatto riferimento i ricorrenti, la continuazione od il concorso formale fra più reati non inciderebbero sulla decorrenza delle prescrizione delle singole pene, la quale, ai sensi dell’art. 172 cod. pen., andrebbe computata dal giorno dell’irrevocabilità di ogni condanna, riferita alle singole imputazioni contestate (cfr. Cass. 1A, 16.4.2002 n. 30707, rv. 222237).

4. Nella specie tuttavia non è decisiva la soluzione del contrasto sopra delineato; è infatti assorbente il rilievo che il decorso del termine di prescrizione della pena, inflitta dalla Corte d’appello di Firenze con la sentenza del 15 marzo 1988, irrevocabile il 29 gennaio 1990, è stato interrotto dalla successiva condanna per delitto della stessa indole.

5. Il ricorso proposto da G.B. e C.P. va pertanto rigettato, con loro condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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