Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 28-06-2011) 30-06-2011, n. 25878 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I.R.F. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza 17 maggio 2011 della Corte di appello di Roma, deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1) la vicenda processuale e la decisione della Corte di appello impugnata.

Il cittadino rumeno I.R.F. è stato arrestato il 29 marzo 2011 poichè colpito da mandato di arresto europeo n. 28 emesso il 31.08.2010 dall’autorità giudiziaria di Timisoara (Romania), per la esecuzione della pena di due anni e sei mesi di reclusione, in forza di mandato di cattura n. 1360/2010, in data 05.07.2010 dal Tribunale di Timisoara in relazione alla sentenza – definitiva – emessa il 14.06.2010 per i delitti di falso documentale e frode fiscale.

L’arrestato, sentito in sede di convalida, non ha prestato consenso alla consegna e gli è stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere.

Risulta agli atti che l’autorità giudiziaria richiedente ha fatto pervenire il mandato di arresto, il provvedimento interno di esecuzione della condanna e la sentenza in questione, pronunciata in assenza dell’imputato, tuttavia assistito da un difensore.

Da tale documentazione emerge che i fatti per i quali il consegnando è stato condannato sono previsti come reato anche nel nostro ordinamento dagli artt. 477, 482 e 640 c.p. sì che ricorre – per la corte distrettuale – il presupposto della doppia incriminabilità.

La difesa ha sostenuto che l’ I. avrebbe espiato tutta la pena dal 15 maggio 2008 al 19 febbraio 2009 ed ha depositato un documento in lingua rumena dal quale tuttavia si evince che l’interessato venne scarcerato il 19 febbraio 2009.

La Corte di appello ha in proposito rilevato:

a) che la pena espiata sarebbe, comunque di circa un anno e nove mesi di reclusione e non "due anni e sei mesi";

b) che il mandato di arresto europeo è stato emesso il 31 agosto 2010, e, pertanto, in data successiva alla scarcerazione ed in un momento in cui era ben noto l’eventuale presofferto;

c) che è pertanto irrilevante in questa fase verificare se la pena ancora da espiare sia residua o meno, dovendosi comunque dare corso al mandato di arresto, non risultando alcuno dei motivi ostativi alla consegna di cui alla L. n. 69 del 2005, art.18. 2) i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione della Corte di legittimità.

Con un unico motivo di impugnazione si prospetta violazione della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18 in quanto, a fronte della esibizione e deposito in atti di un "certificato di liberazione", dal quale era agevole desumere l’espiazione dell’intera pena inflitta dalla autorità dello Stato richiedente, la Corte di appello era venuta meno all’obbligo di verifica, anche d’ufficio, della sussistenza del requisito di cui all’art. 19, lett. m) mandato di arresto europeo, fondando tale sua omissione su di una argomentazione tautologica, senza approfondire la circostanza determinante se la pena fosse già stata nella specie "eseguita".

Il motivo è infondato.

Nella specie invero risulta prodotta una certificazione dalla quale, come rilevato dalla corte distrettuale, non emerge alcuna rispondenza puntuale tra entità della pena, che si attesta come espiata e pari ad un anno e nove mesi di reclusione e quella invece in concreto indicata dal mandato di arresto europeo e pari ad anni 2 e mesi sei di reclusione.

Nel contrasto tra le due indicazioni va infatti dato rilievo alla sanzione formalmente precisata nel mandato di arresto europeo, fermo restando il diritto dell’interessato di fare valere avanti all’Autorità giudiziaria dello Stato richiedente l’eventuale pena espiata.

Il ricorso pertanto risulta infondato, valutata la conformità del provvedimento alle norme stabilite, nonchè apprezzata la tenuta logica e coerenza strutturale della giustificazione che è stata formulata.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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