T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 05-07-2011, n. 5919 Professori universitari associati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La ricorrente, professore associato presso l’intimata Università e collocata a riposo a decorrere dal 1° novembre 2007, nel maggio 2006 ha chiesto di poter usufruire per l’anno accademico dell’anno sabbatico, ai sensi dell’art.17 del DPR n.382/1980, il quale stabilisce che "Al fine di garantire e favorire una piena commutabilità tra insegnamento e ricerca, il rettore può, con proprio decreto, autorizzare il professore universitario che abbia conseguito la nomina ad ordinario, ovvero la conferma in ruolo di professore associato, su sua domanda e sentito il consiglio della facoltà interessata, a dedicarsi periodicamente ad esclusive attività di ricerca scientifica in istituzioni di ricerca italiane, estere e internazionali complessivamente per non più di due anni accademici in un decennio".

L’intimata Università, dopo aver acquisito il necessario nulla osta da parte dell’azienda ospedaliera, con DR n.774 del 27 ottobre 2006 ha accolto l’istanza de qua.

Nel corso del periodo di godimento dell’anno sabbatico l’indennità di cui all’art. 31 del DPR 761/1979 è stata prima corrisposta in misura ridotta (novembre 2006luglio 2007) e successivamente, a partire dall’agosto 2007, non più riconosciuta; tale modus operandi ha poi influito in senso sfavorevole alla odierna istante in sede di quantificazione della indennità di buonuscita e del trattamento pensionistico, i quali sono stati calcolati sulla base dello stipendio pagato nell’ultimo anno di servizio.

Successivamente non avendo le competenti amministrazioni adottato alcuna determinazione sull’istanza della prof.ssa Moreno tesa ad ottenere il ricalcolo dei citati emolumenti, quest’ultima ha proposto il presente gravame con cui ha chiesto:

a) l’accertamento del proprio diritto ad ottenere la corresponsione integrale dell’indennità De Maria durante il periodo in cui ha usufruito dell’anno sabbatico nonchè il conseguente ricalcolo della pensione e dell’indennità di buonuscita;

b) la condanna delle intimate Amministrazioni per le parti di rispettiva competenza alla corresponsione delle somme de quibus maggiorate dei danni da svalutazione monetaria e degli interessi legali fino al soddisfo.

Si è costituita l’intimata Azienda Policlinico Umberto I prospettando l’inammissibilità del proposto gravame e contestando nel merito la fondatezza delle prospettazioni ricorsuali.

Alla pubblica udienza del 15.6.2011 il ricorso è stato assunto in decisione.

Preliminarmente il Collegio è chiamato ad esaminare le eccezioni con cui il resistente Policlinico ha prospettato l’inammissibilità del proposto gravame:

a) per mancata rituale impugnativa da parte dell’odierna istante delle determinazioni con cui l’amministrazione aveva manifestato a quest’ultima la propria volontà di non erogare l’indennità De Maria durante l’anno sabbatico e di procedere al recupero delle somme già corrisposte a tale titolo;

b) poichè la situazione soggettiva attivata nel presente giudizio è di interesse legittimo pacificamente non tutelabile con un’azione di accertamento.

Al riguardo il Collegio osserva che l’ubi consistam della presente controversia ha ad oggetto la pretesa di un professore universitario che ha usufruito dell’anno sabbatico a vedersi riconosciuta nel suddetto periodo l’indennità De Maria.

Ciò precisato, deve essere sottolineato che la tesi della resistente amministrazione confonde tra la posizione soggettiva ad ottenere l’autorizzazione di cui all’art. 17, che è pacificamente di interesse legittimo vantando l’amministrazione un potere discrezionale, e la posizione soggettiva concernente il trattamento economico da riconoscere durante l’anno sabbatico, la quale ha palesemente natura di diritto soggettivo, essendo disciplinata integralmente dalla normativa, atteso che il comma 4 del citato art. 17 stabilisce che " I periodi di esclusiva attività scientifica, anche se trascorsi all’estero, sono validi agli effetti della carriera e del trattamento economico", per cui ne discende il principio che al docente che beneficia dell’anno sabbatico deve essere corrisposto lo stesso trattamento economico che avrebbe goduto se fosse rimasto in servizio.

Alla luce di tali precisazioni, quindi le dedotte eccezioni devono essere rigettate in quanto:

a) essendo la situazione vantata dalla odierna ricorrente di diritto soggettivo ben poteva essere tutelata mediante un’azione di accertamento;

b) nessuna preclusione si è verificata in relazione alla mancata e rituale impugnativa delle determinazioni con cui l’amministrazione aveva fatto presente di non voler più corrispondere l’indennità de qua durante l’anno sabbatico.

Nel merito la pretesa ricorsuale è fondata.

A tal fine è sufficiente richiamare il principio stabilito dal citato comma 4 il quale prevede che al docente che beneficia dell’anno sabbatico debba essere corrisposto lo stesso trattamento economico che gli sarebbe stato riconosciuto se fosse rimasto in servizio.

Nè ad inficiare la fondatezza di tale tesi risultano conferenti le argomentazioni di parte resistente secondo le quali:

a) durante l’anno sabbatico la ricorrente non avrebbe svolto attività assistenziale;

b) che il legislatore ha inteso superare l’originario automatismo che caratterizzava la corresponsione dell’indennità perequativa di cui all’art.31 stabilendo che l’attività assistenziale dei docenti venga remunerata " in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico ed in relazione ai risultati ottenuti nell’attività assistenziale e gestionale valutati secondo parametri di efficacia. appropriatezza ed efficienza, nonchè all’efficacia nella realizzazione della integrazione tra attività assistenziale, didattica e di ricerca.

Premesso che all’epoca dei fatti di cui alla controversia in esame il nuovo regime relativo alla quantificazione dell’indennità de qua non era entrato in vigore, come già affermato da questa Sezione con sentenza n.13250/2009, la tesi dell’amministrazione resistente, la quale in sostanza si fonda sul circostanza che l’indennità di cui all’art.31 abbia un contenuto corrispettivo dell’attività assistenziale prestata dal docente universitario, è in palese contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia.

In merito è sufficiente richiamare la citata sentenza della Sezione n.13250/2009 la quale ha affermato che: " l’indennità ex art. 31 DPR 761/79 è stata istituita in favore del personale universitario, che presta servizio presso le strutture sanitarie "nella misura occorrente per equiparare il relativo trattamento economico complessivo a quello del personale delle unità sanitarie locali di pari funzioni, mansioni ed anzianità".

Di tale indennità si è peraltro ripetutamente occupata la Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 126/1981, ha affermato che va garantita l’esigenza di perequazione, ove per qualunque ragione lo stipendio del docente universitario venga ad essere inferiore a quello del medico ospedaliero di pari funzioni ed anzianità.

Con la successiva sentenza n. 136/1997, il giudice delle leggi ha poi sottolineato che la suddetta indennità non ha un contenuto corrispettivo dell’attività assistenziale prestata oltre a quella didattica e di ricerca, ma esprime un semplice carattere perequativo, essendo soltanto finalizzata ad equiparare il trattamento economico del personale sanitario docente a quello del personale medico ospedaliero di pari funzioni ed anzianità. L’attività assistenziale, infatti, secondo il consolidato insegnamento della Corte Costituzionale, lungi dal rappresentare l’espressione di un duplice rapporto d’impiego, né di un lavoro supplementare o aggiuntivo, è piuttosto uno degli aspetti, tra loro integrati ed inscindibili, con i quali si esprime la professionalità del docente universitario di materie cliniche, che appunto vede l’assistenza come momento integrato ed inscindibile con l’insegnamento e la ricerca".

Alla luce di tali argomentazioni, pertanto la pretesa ricorsuale è manifestamente fondata per quanto concerne l’integrale corresponsione dell’indennità de qua nel periodo in cui è stato fruito l’anno sabbatico e il conteggio della stessa nel trattamento di fine servizio.

Relativamente, invece, alla problematica attinente il ricalcolo della pensione ordinaria la controversia esula dalla giurisdizione dell’adito Tribunale.

A tal fine è sufficiente richiamare la sentenza n.12337/2010 delle SS.UU della Corte di Cassazione la quale ha affermato che ai fini del riparto di giurisdizione nelle controversie relative alla computabilità dell’indennità di amministrazione nel trattamento pensionistico, occorre distinguere tra domanda proposta nel corso del rapporto di lavoro e diretta all’accertamento della computabilità dell’emolumento nella base contributiva – che attiene agli obblighi, pur con connotazione previdenziale, nascenti dal rapporto d’impiego e alla base di calcolo dei contributi sulla retribuzione che l’Amministrazione è tenuta a versare – e domanda, proposta dal dipendente già in quiescenza, diretta al conteggio di detta indennità nella pensione o nella base pensionistica ai fini della quantificazione del trattamento pensionistico – che attiene al rapporto previdenziale e riguarda l’ammontare della pensione erogata o da erogare – dovendosi ritenere che mentre nel primo caso la controversia è devoluta al giudice del rapporto di lavoro – e, quindi, al giudice amministrativo per le vicende anteriori al 30 giugno 1998 e al giudice ordinario per quelle successive – nel secondo caso la domanda appartiene alla giurisdizione della Corte dei conti.

Per quanto concerne le richieste maggiorazioni deve essere osservato che:

a) non avendo l’indennità di cui all’art.31 carattere retributivo le somme corrisposte tardivamente a tale titolo vanno incrementate dei soli interessi legali dalla maturazione del diritto sino al soddisfo, con esclusione della rivalutazione monetaria;

b) sulle somme dovute a titolo di trattamento di fine rapporto, a seguito del computo nel medesimo anche dell’indennità De Maria, va riconosciuto il diritto agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria, non cumulabili, e da computarsi secondo i criteri enucleati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 15 giugno 1998 n. 3.

In ordine al riconoscimento degli emolumenti accessori de quibus sulle somme tardivamente erogate a titolo pensionistico la relativa controversia spetta in via esclusiva alla giurisdizione della Corte dei conti, atteso che a norma degli artt. 13 e 62, r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, sono devolute a quest’ultima tutte le controversie concernenti la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti, comprese quelle nelle quali si alleghi, a fondamento della pretesa, l’inadempimento o l’inesatto adempimento della prestazione pensionistica da parte dell’Ente obbligato, senza che da tale giurisdizione possano risultare escluse le controversie volte ad ottenere, anche in via autonoma, il pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi sui ratei del trattamento pensionistico tardivamente corrisposti (Tar Lazio, sez.I, n.1820/2010).

Per quanto concerne, infine, l’ente tenuto alla corresponsione delle richieste somme, va ribadito, in linea con la giurisprudenza in materia (Cons. Stato, Sez. VI, n. 753 del 3.6.1999; Cons. Stato, Sez. VI, n. 2046 del 1.12.1999; Cons. Stato, Sez. VI, n. 2457 del 22.8.2001; TAR Lazio, Sez. III Bis, n. 6643/04) che resta l’Università il soggetto direttamente responsabile del pagamento dell’indennità in questione, indipendentemente dal sottostante rapporto di provvista finanziaria.

Ciò premesso, il proposto gravame va accolto integralmente ad eccezione della pretesa ricorsuale tesa ad ottenere il ricalcolo del rateo di pensione comprensivo della citata indennità e la corresponsione degli emolumenti accessori sulle somme a tale titolo tardivamente corrisposte relativamente alla quale va dichiarato il difetto di giurisdizione.

Alla dichiarazione di difetto di giurisdizione segue – alla luce degli arresti della Corte Costituzionale (sentenza n. 77/2007) e della Corte di Cassazione (Sezioni Unite n. 4109/2007) in tema di traslatio iudicii – il rinvio della causa alla Corte dei Conti, con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta davanti al giudice privo di giurisdizione (sent. Corte Cost. n.77/2007).

Vanno pertanto dichiarati salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda e si fissa il termine di sei mesi dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione, per la riassunzione davanti al giudice dichiarato competente.

Le spese del presente giudizio liquidate in dispositivo seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 3509 del 2010, come in epigrafe proposto, in parte lo accoglie ed in parte lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione dell’adito Tribunale, come in motivazione specificato, fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda, come in motivazione indicato.

Condanne le intimata amministrazioni, in parti uguali ed in solido al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 4.000,00.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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