Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 17-06-2011) 01-07-2011, n. 25951

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 25 marzo 2010, la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha confermato la sentenza emessa il 4 dicembre 2007 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto, con la quale B.G. era stato condannato alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione ed Euro 2.000 di multa, quale imputato dei reati di furto, rapina, sequestro di persona e porto di taglierino, al medesimo ascritti.

Propone ricorso per cassazione il difensore il quale lamenta vizio di motivazione e travisamento delle prove. I giudici avrebbero infatti accreditato un sillogismo fallace, secondo il quale il presunto collegamento con il furto della vettura utilizzata per la rapina, rappresentata dalla impronta papillare dell’imputato rinvenuta all’interno di una valigetta che si trovava a bordo della vettura stessa, genererebbe una presunzione assoluta di identificazione del rapinatore, senza tener conto dell’intero compendio probatorio. In particolare, si sarebbe trascurato il fatto che nessun riscontro era stato fornito dalle riprese video che hanno documentato l’azione e dalle numerose impronte lasciate dal rapinatore e non si sarebbe valutata la circostanza che nessuna banconota riconducibile alla rapina era stata rinvenuta ad Ostuni.

Il ricorso è palesemente inammissibile, in quanto il ricorrente si limita a svolgere una critica inerente alle valutazioni svolte dai giudici a quibus circa la portata dimostrativa dei vari elementi di prova, alla stregua di deduzioni di fatto che non possono trovare ingressi in questa sede. I motivi rassegnati risultano, dunque, solo formalmente evocativi dei prospettati vizi di legittimità, ma in concreto sono articolati esclusivamente sulla base di rilievi di merito, tendenti ad una rivalutazione delle relative statuizioni adottate dalla Corte territoriale. Statuizioni, per di più, sviluppate sulla base di un esauriente corredo argomentativo, proprio sui punti in relazione ai quali il ricorrente ha svolto le proprie censure, evidentemente tese ad un improprio riesame del fatto, estraneo al perimetro entro il quale può svolgersi il sindacato riservato a questa Corte. La sentenza impugnata ha infatti esaurientemente e con motivazione del tutto logica, assegnato l’ineludibile risalto che ad esso doveva annettersi alla circostanza che l’impronta dell’imputato era stata rinvenuta su un oggetto che si trovava a bordo della vettura rubata e utilizzata per la rapina, poi abbandonata proprio ad Ostuni, luogo di residenza dell’imputato, con a bordo una banconota sicuramente riconducibile alla rapina, perchè macchiata di colore rosso e recante un numero di serie corrispondente a quello della mazzetta spia. Il tutto non senza sottolineare la palese inverosimiglianza delle dichiarazioni rese sulla vicenda dall’imputato stesso. Elementi, questi, che il ricorrente assertivamente svaluta secondo una logica di parcellizzazione degli indizi, erronea in linea di principio e comunque inconferente agli effetti dei vizi denunciati.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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