Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-06-2011) 01-07-2011, n. 25987

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1- con decreto del 24.9.10 il GIP del Tribunale di Bari disponeva de plano l’archiviazione del procedimento instaurato a seguito di denuncia-querela proposta da D.M.L., S.A. e M.A. nei confronti di persona da identificare quale funzionario della Banca Meridiana per il reato p. e p. ex art. 644 c.p., nel contempo dichiarando inammissibile l’opposizione presentata dalle suddette persone offese.

Queste ultime ricorrevano contro detto decreto lamentandone la nullità per violazione dell’art. 410 c.p.p., comma 3 per omessa fissazione dell’udienza camerale.

2- Il ricorso è inammissibile.

Alla stregua di diffuso orientamento giurisprudenziale di questa S.C., in presenza di opposizione della persona offesa il GIP può disporre l’archiviazione con provvedimento de plano solo ricorrendo due condizioni e cioè l’infondatezza della notizia di reato e l’inammissibilità dell’opposizione medesima dovuta o alla mancata indicazione dell’oggetto dell’investigazione suppletiva e dei relativi elementi di prova (cfr., ad es., Cass. n. 11524 dell’8.2.2007, dep. 16.3.2007; Cass. n. 16505 del 21.4.2006, dep. 15.5.2006; Cass. n. 47980 del 1.10.2004, dep. 10.12.2004; Cass. n. 23624 del 1.4.04, dep. 20.5.04; Cass. n. 10682 del 5.2.2003, dep. 7.3.2003; Cass. S.U. n. 2 del 14.2.96, dep. il 15.3.96) o al fatto che i nuovi atti di indagine, pur sollecitati, tuttavia non hanno pertinenza e specificità ai fini dell’accertamento penale.

Altro è – invece – la ritenuta superfluità delle ulteriori indagini, di per sè inidonea a negare il contraddittorio mediante fissazione dell’udienza camerale (cfr., da ultimo, Cass. Sez. 3 n. 9184 del 14.1.09, dep. 2.3.09).

In altre parole, il giudizio di inammissibilità dell’opposizione della parte offesa alla richiesta di archiviazione può riguardare, oltre agli aspetti strettamente formali, come la tempestività e la ritualità dell’opposizione, soltanto la pertinenza e specificità degli atti di indagine richiesti, con riferimento sia al tema, sia alla fonte di prova, restando – invece – preclusa una valutazione prognostica (effettuata de plano, come nel caso di specie) della loro rilevanza ai fini della fondatezza della notizia di reato, che va invece effettuata in sede di udienza camerale (cfr., ancora, Cass. Sez. 4, n. 34676 del 22.6.2010, dep. 24.9.2010). Nel caso di specie il GIP, nel provvedere de plano, ha ritenuto in punto di diritto (e non già in punto di fatto) infondata la notitia criminis non potendosi calcolare ai fini del tasso soglia la commissione massimo scoperto.

Si ricordi che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 409 c.p.p., u.c., e art. 127 c.p.p., comma 5, i provvedimenti di archiviazione sono impugnabili per cassazione solo per violazione del contraddittorio conseguente alla mancata fissazione dell’udienza camerale in caso di opposizione della parte offesa alla richiesta di archiviazione del PM, non anche per questioni di merito o di legittimità attinenti alla configurabilità – in punto di fatto e/o di diritto – del reato oggetto della notitia criminis.

Trattandosi, dunque, di affermazione di diritto e prescindendosi dalla sua esattezza o meno (non valutabile in questa sede, giova rimarcare), resta il rilievo che le nuove indagini chieste dalle persone offese e le obiezioni svolte in ricorso non sono pertinenti perchè intese a dimostrare un fatto che, sebbene pacifico, è stato ritenuto giuridicamente ininfluente.

Lo stesso dicasi per le indagini destinate ad accertare il novero dei soggetti potenzialmente responsabili, mentre la perizia intesa a verificare il costo del denaro è priva del requisito della specificità.

Quanto all’esame dell’indagato ai sensi dell’art. 350 c.p.p., basti rammentare che non si tratta di investigazione suppletiva suscettibile di essere sollecitata ex art. 410 c.p.p., comma 1, ma di strumento di garanzia e di difesa (cfr. Cass. Sez. 3, n. 23930 del 27.5.10, dep. 22.6.10; Cass. Sez. 6, n. 1783 del 19.12.05, dep. 17.1.06).

4- Ex art. 616 c.p.p. consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di ciascuno di essi al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Seconda Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *