Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 10-06-2011) 01-07-2011, n. 25982

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1- con decreto del 10.6.10 il GIP presso il Tribunale di Cosenza, all’esito di udienza camerale fissata ex art. 409 c.p.p. a seguito dell’opposizione proposta dalla parte offesa N.A., ordinava archiviarsi il procedimento instaurato per effetto della denuncia proposta dal N. medesimo contro gli amministratori della Banca Commerciale Italiana, Intesa BC e Italfondario, per i reati di cui agli artt. 644 e 629 c.p..

Nella propria decisione il GIP escludeva il delitto di usura in forza della non applicabilità dei tassi soglia ai contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della L. n. 108 del 1996; escludeva, altresì, il delitto di estorsione per non essere stata denunciata violenza o minaccia alcuna.

Il N. ricorreva contro detto provvedimento, contestandone nel merito le conclusioni, la logicità della motivazione e la mancata assunzione di prove decisive.

2- Il ricorso è inammissibile, noto essendo che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 409 c.p.p., u.c. e art. 127 c.p.p., comma 5, i provvedimenti di archiviazione sono impugnabili per cassazione unicamente per violazione del contraddittorio conseguente alla mancata fissazione dell’udienza camerale in caso di opposizione della parte offesa alla richiesta di archiviazione del PM, non anche per questioni di merito o di legittimità attinenti alla configurabilità del reato oggetto della notitia criminis.

Nel caso in esame, al contrario, l’udienza camerale è stata regolarmente fissata ex art. 409 c.p.p. e, sentite le parti, all’esito il GIP ha ritenuto – con statuizione, giova ribadire, non ricorribile per cassazione – insussistenti i reati oggetto di denuncia. Ogni contraria considerazione svolta sul merito della decisione e sulla mancata prosecuzione delle indagini per assumere prove definite dal ricorrente come decisive non può fare da supporto al ricorso, che va quindi dichiarato inammissibile ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. b) per difetto di impugnabilità oggettiva, rilievo – questo – che assorbe la tardi vita dell’impugnazione medesima, depositata il 18.10.10, vale a dire ben oltre il termine di 15 giorni applicabile ex art. 585 c.p.p., comma 1, lett. a) per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio.

Ne consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente alle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Seconda Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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